Manca poco alla festa del papà, ma una cosa è certa: la nostra società non avrebbe molti motivi di festeggiarla. Non mi riferisco alla surreale cancellazione di tale festa – disposta in qualche scuola dell’infanzia -, ma alla più generale scomparsa della figura paterna nella vita di tanti giovani. Nei soli Stati Uniti, ci sono oltre 18 milioni di bambini che vivono in casa senza il padre. Anche in Europa le famiglie monoparentali guidate da una donna sono ormai numerose e, in proporzione, risultano tre volte tante rispetto a quelle che vedono un bambino solo con il loro papà.

Se nel 2003 uno studioso come Claudio Risé dava alle stampe il suo Il padre. L’assente inaccettabile, 20 anni dopo non solo le cose non sono migliorate, ma i riscontri sulle gravi conseguenze dell’assenza paterna sono aumentati. Oggi infatti sappiamo che i bambini nelle famiglie in cui il padre è assente hanno molte più probabilità di essere poveri, di andare male a scuola, di fare uso di droghe e di alcol, di manifestare problemi comportamentali. Crescere con un padre presente abbassa di molto il rischio, per un giovane, di commettere crimini e di avere guai con la giustizia.

I papà svolgono un ruolo decisivo, inoltre, nell’adolescente, fase dello sviluppo spesso critica nella quale la presenza paterna favorisce l’apprendimento della logica della resilienza, e del saper trasformare “l’esperienza del fallimento” in qualcosa di prezioso, senza cedere alla rassegnazione. In tutto ciò, l’uomo ricopre un ruolo diverso da quello materno. Infatti, se una madre il figlio lo mette al mondo, il padre lo introduce al mondo; che mentre la mamma al neonato dona anzitutto il latte il padre procura il pane, e che se lei insegna ad amare a lui, come scrive lo psicanalista Massimo Recalcati in Cosa resta del padre? (2017), spetta l’enorme compito di«offrire testimonianza di come sia possibile […] esistere senza voler morire e senza impazzire».

Ma per quanto questo sia vero, una domanda resta: c’è ancora spazio per il padre in un mondo che prima che, prima ancora che quello nella famiglia, rifiuta l’idea di un Padre nel Cielo? Si può ancora valorizzare la figura paterna in una cultura che non perde occasione per associare l’uomo al patriarcato? In che modo la figura paterna può riscattarsi, in un contesto in cui la massima scelta, per lui, è quella di un bivio deprimente: genitore 1 o genitore 2? Purtroppo, come da un lato sono indubitabili le conseguenze dell’assenza del padre, dall’altro non si può negare come manchino purtroppo le premesse, almeno in questa fase storica, per una riscoperta paterna. (Foto: Pexels.com)

Giuliano Guzzo

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