La grande tentazione, il grande errore, il grande equivoco sarebbe ritenere che quanto commesso da Brahim Aoussaoui – il ventunenne tunisino che stamane, nella cattedrale Notre Dame di Nizza, in Avenue Jean-Médecin, ha ucciso tre persone, una delle quali decapitata -, sia solo una risposta all’ultima vignetta offensiva di Charlie Hebdo, raffigurante il presidente islamico della Turchia Erdogan che, in mutande, scoprendo il fondoschiena di una donna esclama: «Oh, il Profeta!». Certo, esiste una prossimità temporale evidente. E che si rafforza alla luce del fatto che è trascorsa poco più da una settimana dalla decapitazione di Samuel Paty, l’insegnante francese a sua volta ucciso con decapitazione per aver mostrato in classe delle vignette di Hebdo.

Sarebbe tuttavia fuorviante immaginare quello in corso come uno scontro tra la libertà di espressione e il fanatismo religioso. È molto di più. Si tratta di un duello tra terrorismo islamista e civiltà cristiana. Attenzione, questa non è una interpretazione à la Fallaci o alla Huntington; questa è un’evidenza suffragata da numeri del Ministère de l’Intérieur, secondo i quali lo scorso anno, in Francia, gli atti anticristiani sono stati 1.052, parecchi di più di quelli antisemiti (657) e «islamofobi» (154) messi insieme. Dunque tutto quello che ruota attorno a Charlie Hebdo – le cui vignette hanno molto più a che vedere con la presunta libertà di offendere che con la libertà di espressione – è solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso che era già colmo di odio verso la civiltà cristiana, o quel che ne reste.

D’altra parte, come non collegare la strage odierna con l’attentato alla chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray quando, nel luglio 2016, due fondamentalisti islamisti sgozzarono l’anziano sacerdote cattolico Jacques Hamel, di 85 anni? Anche allora una chiesa, anche allora cristiani sgozzati, anche allora coltelli. Non c’è insomma più nulla da minimizzare, ma tutto da riconoscere. Anche perché sarebbe ora e tempo di capire che, se il fanatismo islamista dalle Torri Gemelle e dai teatri e dai mercatini natalizi si sta spingendo sempre più nelle chiese, è perché nei nostri trascurati luoghi di culto sopravvive la nostra anima di europei. Una bandiere europea con le stelle della Madonna avrebbe dovuto già farcelo capire, ma a quanto pare siamo duri di comprendonio.

Ecco che allora alla strage di oggi si delinea l’urgenza di rispondere come cristiani prima che come europei o come francesi. In che modo? Evitando fiaccolate, appelli, gessetti colorati, la minestrina riscaldata del Je Suis e via buonizzando. No, a Brahim Aoussaoui e a Abdouallakh Anzorov, l’omicida del professor Paty, e a quelli che sposano il loro fanatismo islamista, si può rispondere solo in un modo: andando in chiesa. Mi dispiace per il sindaco di Nizza, Christian Estrosi, che ha chiesto che «tutte le chiese siano messe sotto sorveglianza o chiuse, così come tutti gli altri luoghi di culto della città». Bisogna infatti fare l’esatto contrario, tornando ad abitare con devozione cattedrali, basiliche cappelle. Per un motivo semplice: se ci lasciamo scippare pure il diritto di pregare, allora abbiamo perso.

Intendiamoci: una civiltà non si regge sull’economia, sull’ideologia politica, sulle mode o sullo shopping. Una civiltà – ogni civiltà, non solo quella francese – si regge o implode se ha qualcosa in cui credere, per cui dare la vita. Per questo, stasera ho stazionato alcuni minuti, in preghiera, nella cattedrale della mia città, il Duomo di Trento. C’erano poche persone, com’era già da prima dell’epidemia. Eppure c’erano tutta la potenza, la bellezza e l’Amore per la Vita che i sicari islamisti da una parte, e il Nulla materialista dall’altra, stanno facendo il possibile per toglierci. Lasciamo allora le risposte politicamente corrette ai pigri. E torniamo ad inginocchiarci dinanzi al vero Onnipotente così che, la prossima volta che qualcuno proverà ad urlare minaccioso che la sua divinità «è grande», noi si possa essere pronti, con virilità e senza tentennamenti, a dar la vita per Chi è grande davvero.

Giuliano Guzzo