La famiglia come teatro di inenarrabili e frequentissime violenze, il focolare come camera della tortura, i bambini come innocenti da salvare dai propri genitori, a loro volta figure del tutto accessorie: questo è il punto. Se riduciamo gli scandali di questi giorni a vergogna di partito o a malefatte di psicoterapeuti svitati, perdiamo di vista il cuore del problema – che appunto è l’odio feroce verso la «cellula fondamentale della società» che una certa, sinistra cultura da decenni diffonde senza sosta; con la conseguenza che togliere i figli a padri e madri – in questa logica – è perfino qualcosa di positivo e di liberatorio, perché scardina l’odiata famiglia.

Non è un caso che decenni or sono fosse lo psichiatra comunista David Cooper (1931-1986) a scrivere: «Non abbiamo più bisogno di padri o di madri. Abbiamo solo bisogno di “maternage” e “paternage”» (La morte della famiglia, Einaudi, Torino 1972, p.31). Chiaro? Di padri e madri «non abbiamo più bisogno», basta chi ne vesta i panni. E’ bene riflettere su questo perché dietro Bibbiano oggi – come dietro il Forteto ieri – c’è proprio la convinzione che per costruire, a volte, bisogna prima distruggere: anche, anzi soprattutto, se di mezzo c’è la famiglia. Meglio dirlo chiaro, perché se non si guarda in faccia quest’odio – che, come spiego nel mio ultimo libro, i media alimentano – se non lo si smaschera chiamandolo per nome, a breve, esaurite le riserve personali di indignazione, saremo al punto di prima.

Giuliano Guzzo

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