Doveva morire. All’ospedale di Liverpool non avevano dubbi, e pure i tanti in ansia per la sua sopravvivenza, ieri sera, a ventilazione meccanica sospesa, di speranze ne nutrivano poche: il pensiero che al piccolino rimanesse poco era insomma comune. Eppure Alfie Evans – pur costretto a respirare faticosamente da solo, pur con una previsione di autonomia vitale all’Alder Hey avevano pronosticato per lui in 15 minuti al massimo, pur in una stanza piantonata da una torma di poliziotti, dunque asfittica a prescindere – non era d’accordo. E, come il calabrone che inspiegabilmente vola, miracolosamente ha iniziato a respirare. A stupire. A far sapere al giudice Hayden e ai becchini tutti che sulle loro previsioni, ecco, lui ci fa la pupù, e a Michela Marzano che quel «bimbo tenuto in vita solo dalle macchine», di cui la filosofa scriveva stamane su Repubblica, fa meglio a rimangiarselo.
Col solo respiro il piccolo Alfie ha così preso per il collo il crudele destino che altri avevano immaginato per lui, iniziando a scriverlo in proprio. Un colpo di scena che ha reso necessaria una nuova udienza. Sotto il giudizio Hayden, sempre lui. Ebbene nel corso dell’udienza, terminata da poco, gli avvocati dall’Alder Hey, nel tentativo di rimediare alla figuraccia colossale dei suoi dottori, hanno sottolineato che in realtà, nel pomeriggio di ieri, i medici avrebbero avvisato che il bimbo, senza ventilatore, avrebbe potuto vivere minuti, come ore o giorni. Udite pure voi i rumori di graffi, di sfacciata arrampicata sugli specchi? Bene, andiamo avanti. Per non smentirsi, anche il giudice Hayden, nell’udienza, ha voluto dire la sua prendendosela con quanti starebbero dando alla famiglia false speranze: «Nel migliore dei casi è gravemente deprimente. Uno di loro è un giovane maniacale e un illuso».
Morale della favola, nonostante i tentativi dell’avvocato Diamond di far ragionare l’Aula, Anthony Hayden ha escluso la possibilità che Alfie possa trasportato a Roma o a Monaco – cosa molto grave se si pensa alla presenza, sopra l’ospedale di Liverpool, di un’aeroambulanza pronta a levarsi in volto -, ma ha chiesto all’Alder Hey la possibilità di mandarlo a casa. Una richiesta alla quale un clinico del personale curante (curante per modo dire) ha risposto sottolineando l’impossibilità di una simile operazione prima di 3-5 giorni. Subito dopo un altro medico è intervenuto affermando che tutto ciò che lui e colleghi desiderano «fare è il migliore interesse della famiglia di Alfie». Peccato che, ad oggi, non solo abbiano sottostimato le condizioni del piccolo – dimostrando di non conoscerle -, ma abbiano pure pensato bene di fargli provare l’ebbrezza di restare ore ed ora senza ventilazione meccanica.
Più «migliore interesse» di così, in effetti, si muore: nel vero senso della parola, purtroppo. Tornando all’udienza e ai pareri scientifici – anche se sorge il dubbio che quelli ascoltati non fossero, tanto per cambiare, imparziali -, un altro medico dell’Alder Hey ha preso la parola spiegando che sì, è possibile trasferire dei pazienti a domicilio, ma non è cosa che si possa fare «fare su due piedi», ma solo dopo un attento esame e discussione: e ti pareva. Il verdetto del giudice, nel momento in cui stiamo scrivendo, non è ancora arrivato, ma una cosa è purtroppo chiara: la perfida Albione non molla. Però Alfie vive. Ed è questa, su tutte, la notizia del giorno. Sì, il «piccolo guerriero che vuole vivere», come l’ha definito monsignor Cavina, vescovo di Carpi e delegato apostolico per la vicenda Alfie, lotta come un leone.
Altro che «bimbo tenuto in vita solo dalle macchine». Altro che accanimento terapeutico. Altro che storie. La sola, ormai evidente certezza è che qui abbiamo a che fare con un piccolo grande eroe, e se un “best interest” in tutta questa storia davvero c’è, non è affatto suo bensì il nostro a poterlo aiutare tenendo a mente gli insegnamenti di cui, ora dopo ora, l’Alfiade – come viene omericamente da chiamarla – si arricchisce. Infatti, comunque andrà a finire – e sollevati dalla civiltà di cui la Italia «bigotta» e «in ritardo sui diritti» si sta dimostrando maestra dinnanzi ad una mai così Perfida Albione -, possiamo senza timore di smentita affermare che Alfie Evans e i suoi genitori hanno già impartito al mondo una lezione enorme: quella per cui, davanti alla fallibilità della scienza e del diritto, conviene sempre fidarsi dell’infallibilità dell’amore.
Chi è la famiglia più nobile sul suolo inglese oggi? Io non ho dubbi
Questo tipo di amore mi spiace ma lo trovo egoistico. Se mio figlio lo vedessi fare una vita del genere io sceglierei di farlo diventare universo e non un mio possesso. Ma questo amore lo so è difficile da capire, e lo dice una che “ha scelto la vita”.
Con i “se” si fa presto a parlare…
E’ poi comprensibile che se non si da altro senso alla vita se non lo “star bene” ci si consoli con il divenire “universo” (qualunque cosa questo significhi).
Pensiero assolutamente in linea con chi ha deciso – arbitrariamente – qual è il “miglior interesse” per la vita di Alfie.
Io sono una che ha “dato la vita” e non ho bisogno di dire altro.
Non so Amleta cosa tu intenda per “dare la vita”… Ma la tua vita ti è stata donata e se hai generato anche la vita che hai generato è un dono.
Se ha dato la tua vita per altri – metaforicamente o non saresti qui a commentare – ciò non significa che puoi decidere per la vita altrui.
A Dio appartiene la nostra vita e in Cristo ogni giorno la nostra vita è redenta.
Io ho rispetto per la tua fede ma io non credo nel tuo Dio. Io credo solo nell’energia. Ricordati, da religioso quale sei, che Gesù stesso disse che i figli non appartengono ai genitori ma a Dio. Se il tuo Dio permette che un giudice dica di sì o di no alla vita di un bambino questa è una realtà.
La mia vita mi è stata imposta e non l’ho chiesta io e se ho generato non l’ho deciso io.
Comunque non voglio parlare del mio caso, che è molto diverso da quello che tratto nel post.
Ma comunque volevo intendere che chi fa un figlio a volte non sa cosa questo comporta e non vuole solo il meglio per un figlio ma vuole solo qualcosa per se stesso.
Invece l’amore di un papà e di una mamma che lottano per la vita del proprio figlio lo capiscono quasi tutti. Grazie a Dio.
Ringrazia anche Dio per aver ridotto questo bambino in queste condizioni. Sì questo amore” egoistico” è comprensibile da tutti ma io non sono tutti. Inoltre ho fatto appunto una precisazione sul tipo di amore e anche sul tipo di futuro che può avere questo bambino. E te lo dice una che “ha scelto la vita” e spero che sia chiaro.
“Ringrazia anche Dio per aver ridotto questo bambino in queste condizioni.”
È evidente che tu non conosci per nulla il Nostro Dio, il Dio di Gesù Cristo, né del senso della vita, né della Storia della Salvezza.
Però ti affrettò a giudicarlo e dopo averlo giudicato e condannato ti affidi ad un improbabile “universo” per dare risposta alle domande per cui non hai risposta
@Amleta “io credo solo nell’energia…la mia vita mi è stata imposta…se ho generato…ecc…ecc…”
Osservazione: ma che vuol significare? Parla DELL’ENEL o di che?
Io non credo in Dio. Io ho scelto di mettere al mondo un figlio invece che abortire. Ma nonostante io so cosa vuol dire dare la vita, se mio figlio avesse avuto dei problemi io lo avrei lasciato andare. Perchè i figli non appartengono ai genitori ed una persona che ha fede dovrebbe conoscere bene la parola di Dio. Io credo nell’energia della natura, in quello che vedo e che tocco. Ti è più chiaro adesso?
Si, mi era chiaro sin dalle prime battute che avesse le idee alquanto confuse; ho scherzato un po’.
Saluti.
Amleta. “Farlo diventare universo” …ma chi sei tu per decidere di togliere la vita???
“Farlo diventare universo”…parole precise precise di chi si innalza a fare il padre eterno!
Per prima cosa, leggere di una persona atea che ringrazia Dio per qualcosa (qualsiasi) mi fa sorridere. Forse non tutti i paletti sono al posto giusto.
Per seconda cosa, penso che l’affermazione ” farlo diventare universo” che significa?
Spargere le ceneri dopo la cremazione forse? parte dell’universo lo si è metaforicamente già alla nascita. Ma questo a me non basterebbe, io vorrei essere parte dell’eternità beata, che non a tutti viene concessa.
“Ringrazia anche Dio per aver ridotto questo bambino in queste condizioni”
Attenzione: Alfie non è solo un bambino “ridotto in queste condizioni”.
Lui (insieme ai suoi genitori) è un angelo mandato espressamente dal cielo per aprire gli occhi a questa generazione. Grazie a Dio.
PS: tornando alla mia prima domanda… Senza offesa, non vedo un briciolo di nobiltà a Buckingham Palace. Ma c’è una piccola famiglia reale all’Alder Hey…