Il mio articolo di ieri ha sollevato, come del resto mi aspettavo, un gran polverone. Alle pur notevoli ed appassionate condivisioni si sono affiancate numerose critiche anche se – devo riconoscerlo, dato che non è affatto cosa scontata – quasi tutte molto garbate. Ragion per cui, data l’importanza del tema, e poiché da sociologo lo approfondisco da alcuni anni, trovo corretto rispondere alle principali obiezioni rivolte al mio pensiero che non era e non è, voglio ribadirlo, di sfrenato entusiasmo nei confronti del Fertility Day né, figurarsi, di difesa d’ufficio del Ministro Lorenzin, ma solo di meraviglia verso un’indignazione collettiva degna di miglior causa.
Una prima, diffusa critica è stata quella secondo cui quest’iniziativa – dalla quale il buon Renzi ha subito preso le distanze, facendomi così propendere per la sua sostanziale positività – offenderebbe le donne. Dal mio osservatorio, per quel che vale, non ho però francamente registrato solo reazioni in questo senso, anzi. Inoltre trovo abbastanza curioso che molti che, quando non le hanno perfino appoggiate, hanno sempre taciuto su realtà quali fecondazione extracorporea, traffico di gameti, congelamento di ovuli e, dulcis in fundo, utero in affitto – queste sì davvero umilianti per la donna, mercificata se non schiavizzata – ora siano schiumanti di rabbia per una campagna di sensibilizzazione brutta finché si vuole, ma non letale.
Una campagna di sensibilizzazione che, fra l’altro, per quanto sgraziata e di dubbia sensibilità, colpisce nel segno nel momento in cui, per esempio, ricorda che la fertilità non è illimitata: chi conosce la letteratura su questi argomenti sa infatti che è tutt’altro che infrequente la tendenza femminile a sovrastimare la propria fertilità futura. Questo non significa, per prevenire facili obiezioni, apostrofare le donne come ignoranti ma solo sottolineare un dato di fatto che – antipatico finché si vuole – corrisponde al vero, e cioè che tra età e fertilità esiste un legame inscindibile ma spesso sottovalutato, per la gioia del già milionario mercato della provetta, cosa che però è politicamente scorretto ricordare.
Seconda critica. Il precariato lavorativo femminile; assurdo – si protesta – promuovere natalità senza prima garantire adeguatamente stabilità lavorativa. Ora, nessuno nega l’accresciuta incertezza che l’occupazione instabile e l’economia stagnante determinano per le coppie desiderose di diventare genitori, ma come ebbi già modo di scrivere criticando un editoriale di Alesina e Giavazzi nel 2013 – quando gli attuali demografi da tastiera, di questi temi, se ne infischiavano bellamente – se pensiamo che la denatalità sia un problema di occupazione femminile e di asili nido, come ha ben spiegato Roberto Volpi, siamo fuori strada. E la denatalità di Paesi economicamente più dinamici del nostro e con welfare da sogno è lì a provarlo.
Già che ci sono, sollevo poi un quesito: dove siete, care anime belle, quando i partiti fanno i congressi e i politici i comizi? Perché nessuno ha mai preso di petto la questione, chiedendo più garanzie occupazionali per donne e madri? Anziché quote rosa, doppia preferenza di genere, “sindaca”, “ministra” e altre scempiaggini, si pretenda questo da chi governa o da chi si candida a governare e si sostengano – dove possibile – candidati che accettino di farsi carico di queste priorità; poi ne riparliamo. Lo scrivo perché ho la sensazione che fra gli indignados molti e molte, fino a ieri, non avessero mai aperto bocca su questo versante e lo facciano solo ora, per sbranare la Lorenzin e un Governo a cui va rimproverato ben altro.
Terza critica. La campagna offende chi non ha figli. Scusate, chi lo dice? Esiste un club dei senza figli democraticamente eletto che stia protestando? No? Allora siamo nell’ambito del soggettivo. L’impressione è invece che il Fertility Day dia fastidio a tanti perché, male quanto volete, tocca nel vivo le contraddizioni di una società che ha conosciuto un certo benessere (senza che questo significasse più figli) e dove ora, per procreare, si esigono garanzie che, talvolta, son scuse. «Quando intorno a un figlio si fanno dei ragionamenti – ha evidenziato Camillo Langone – è molto probabile che quel figlio non nascerà: non ci sono mai abbastanza soldi, abbastanza metri quadrati, abbastanza asili» (Manifesto della destra divina, Vallecchi 2009).
Quarta critica. Dire che la fertilità è bene comune significa violare la libertà della donna. Questa è davvero fantastica: qualcuno ha avvistato funzionari ministeriali intenti ad assalire donne a caso? Risulta indetta una caccia a giovani feconde? Dato che suppongo le risposte a simili interrogativi siano tutte negative, direi che di ritornelli moraleggianti sull’autodeterminazione della donna – da parte di quanti, oltretutto, mai si sono battuti per garanzie occupazionali femminili – si possa anche fare a meno. La verità è che in molti Paesi Europa, ormai, vi sono campagne per la natalità; o sono tutti rimbecilliti, oppure il contestato bene comune c’è davvero.
Secondo una quinta ed ultima critica, la natalità non sarebbe una nostra priorità. Sbagliatissimo. Quello della denatalità, è vero, non è un problema solo italiano ma anche europeo (in Spagna, nel 2015, i morti hanno superato i nati: non succedeva dal 1941), anzi neanche solo europeo (negli Usa, per esempio, il numero di nuovi nati non era così basso dal 1907); non è insomma un problema italiano ma resta un problema soprattutto nostro (e della Germania). Quindi va affrontato. Non va bene il Fertility Day? Benissimo – lo scrivevo anche ieri – cestiniamolo pure, ma prima si propongano delle alternative. Perché il problema esiste ed è macroscopico. Quindi da qualche parte, opinionisti da strapazzo permettendo, bisogna cominciare.
caro Giuliano hai beccato nel segno quando scrivi “’impressione è invece che il Fertility Day dia fastidio a tanti perché, male quanto volete, tocca nel vivo le contraddizioni di una società che ha conosciuto un certo benessere (senza che questo significasse più figli) e dove ora, per procreare, si esigono garanzie che, talvolta, son scuse. ”
In questi spot viene proposto un messaggio in cui si cerca di andare ai ripari dal dramma della denatalità, ma cercando di salvaguardare allo stesso tempo l’ideologia post 68, ovvero che la procreazione è solo una questione privata soggettiva e femminile, anzi femminista. Insomma questa società che non vuole sconfessare l’ideologia che l’ha formata, ideologia contraria alla realtà, ma che proprio di fronte alla realtà della denatalità escogita delle modalità di informazione che la destabilizzano. Una specie di corto circuito ideologico. E una campagna che anche se non in modo volontario da parte di chi la ideata mette una spina nel fianco al pensiero comune della nostra società.Forse queste polemiche porteranno qualche persona a rivedere il proprio paradigma di giudizio sulla realtà. In questi casi si vede bene che al di fuori di una visione cristiana del mondo e della vita si creano contraddizioni e errori proprio nel momento in cui la realtà viene fatta oggetto di giudizio.
A costo di risultare ossessivo, ripetitivo, chiodo fisso e fesso, puntina inceppata sul disco, ripeto. E’ tutto giusto e sacrosanto quanto scritto, ma il problema ha una sola causa: la perdita della Fede cristiana. L’abbandono e l’apostasia della Fede in Cristo. Tagliata la radice, la pianta della ragione impazzisce, e dà frutti mortali tanto da negare l’evidenza, da contestare l’incontestabile, da render soggettivo quanto oggettivo e sotto gli occhi di tutti. Cristo o non Cristo: la scelta non attiene alla sfera privata, individuale della propria coscienza. E’ invece il cuore consapevole o inconscio dell’agire umano, o si è con Lui o si è contro di Lui. Con quanto ne consegue. A livello personale, familiare, sociale, politico e economico, con effetti a cascata, reali, deflagranti, in un senso o nell’altro. Nel breve o nel lungo periodo.
Perfetto Giuliano, perfetto!
Argomentazione illuminata ed ineccepibile. Bene benissimo avanti così.
Te stai male
Tutte le stron… pardon polemiche, sulle immagini utilizzate per la campagna e l’offesa che recherebbero alle donne che problemi oggettivi di fertilità hanno (fermo restando che bisognerebbe valutare da dove derivino… vedi uso prolungato e “allegro” della pillola), sono pretestuose e puerili.
Su immagini e messaggi forti contro il fumo e la sua possibilità di generare il cancro, qualcuno dei malati di cancro si è offeso perché lui si aveva concretamente a combatterci?
O sugli spot forti riguardanti gli incidenti stradali c’è stata forse la stessa gazzarra?
E dove sono gli uomini inca…ati come bisce per quest’immagine che li riguarda?:

Ma si sa, gli uomini se ne fregano, e poi hanno il solito unico neurone impegnato altrove, tranne quelli che si accodano allo starnazzamento molto al femminile.
Come questa mattina su Radio24… tutte la femminile, conduttrice e intervenute a dire cose mooolto originali già sentite da ogni parte.
E l’unico uomo intervenuto per telefono che dice: “A me e la mia compagna questa campagna fatta anni addietro, avrebbe aiutato molto…”
Poi vero, non vero, campagna che è funzionale o meno, dove e come… discutiamone, ma il resto sa proprio di farisaico stracciamento di vesti con alte grida annesse e connesse.
Giuliano ti segnalo questo articolo. Anche la ricca Germania ha (o perlomeno aveva nel 2005) problemi seri di denatalità. http://www.thestar.com.my/news/world/2006/04/26/feature–germany-headed-for-demographic-disaster/
Campagne per la fertilità? In un Paese strutturalmente non più cristiano, dove la gente non prega più e non va più a Messa, dove gli unici idoli sono il sesso e il denaro, mi pare che dette campagne assomiglino all’aspirina somministrata ad un malato terminale. Ben venga l’aspirina, per carità, ma il malato non guarisce di sicuro.
Bravo Giuliano ti stimo, perché sai argomentare!
Quando ci si sposa tardi o non ci si sposa affatto, significa che si sono persi il senso della stabilità affettiva e dei legami familiari.
Questo “precariato” – non quello di cui si parla spesso a sproposito – è stato abbondantemente promosso dal ricorso precoce e di massa alla contraccezione chimica, dalla legalizzazione del divorzio e dell’aborto.
Il danno l’hanno fatto i governi (tutti a guida democristiana), sollecitati da potenti campagne libertarie sostenute dagli operatori della comunicazione, dell’informazione e dell’educazione.
E con incosciente ottimismo si continua a ignorare l’immenso danno procurato alla società, e si procede speditamente a dare le ultime picconate a quel che rimane della stabilità familiare.
In tale contesto questa campagna appare una presa per i fondelli.
Certo, la campagna non può avere la pretesa di essere risolutiva. Penso comunque che possa essere un sasso gettato nello stagno; intanto ha “smosso” qualcosa e ciò è dimostratro da tutte le critiche che si sono avute. Poteva sicuramente essere architettato prima e organizzato poi in maniera più efficace. Però è comunque stato un qualcosa. C’è poi da dire, come ha già detto qualcun altro, che uno dei problemi fondamentali (per me il primo) sta nel fatto che l’occidente si è dereligionato in generale e decristianizzato in particolare. Vedete, dove c’è ancora un credo, qualunque esso sia, non vi è problema di natalità, anzi, semmai ci potrà essere il problema opposto.