Appartengo ai tanti critici di questo governo, che personalmente considero – per il suo programma, il suo operato e soprattutto la sua arroganza, contrabbandata per operosità – qualcosa di non molto diverso da una sciagura. Ciò detto, fatico a comprendere le polemiche sorte in seguito alla notizia del Fertility Day, la nuova campagna del Ministero della Salute che partirà il 22 settembre a favore della natalità, subito presentata da alcuni come una sorta di istigazione a fare figli (che brutta cosa, i figli, vero?) quando invece altro non è che un semplice richiamo, per quanto mi riguarda pure di dubbia efficacia, ad un problema che anticipa per cronologia e gravità quello economico.
Non citerò, per non tediare il lettore, tutti gli economisti che negli anni hanno denunciato come sia quello demografico il nostro primo guaio («Se l’Italia facesse più figli, le sue prospettive economiche sarebbero migliori. Invece un Paese con una popolazione in declino alla fine non potrà ripagare i suoi debiti», ha per esempio dichiarato il professor Tyler Cowen, accademico ed editorialista del New York Times: Corriere della Sera, 8/5/2012, p. 31), né penso – dopo che le straniere sono finite sotto il tasso di sostituzione di 2.1 figli per donna da un paio d’anni e procreano sempre meno – di dover smontare per l’ennesima volta la bufala colossale degli stranieri o dei migranti (in larga parte maschi) come salvezza per la natalità italiana.
A dirla tutta non ci sarebbe neppure – benché il buon Roberto Saviano, apprendista demografo, vi abbia confezionato un post «acchiappalike» su Facebook – da mettere in relazione la denatalità con precariato lavorativo e crisi economica, che pure sono problemi seri. Infatti come i lettori più affezionati di questo blog sapranno, se da un lato è fuori discussione come la situazione attuale, anche fiscalmente parlando, tutto sia fuorché un incentivo a fare figli, dall’altro esistono numerosi indizi che lasciano supporre che il problema, in questo caso, non sia materiale ma antropologico; basti dire che la tendenza del figlio unico, in Italia, ha conosciuto un boom negli anni ’80, stagione economicamente parlando d’oro rispetto all’odierna.
Mi limiterò quindi soltanto, dato che dei poc’anzi citati argomenti non è il caso di parlare, ad una telegrafica osservazione: la curva demografica italiana è in caduta da decenni. D-e-c-e-n-n-i. Significa che non basterà il Fertility Day – che peraltro ricorda campagne sulle quali i Paesi nordeuropei, quei retrogradi medievali brutti e cattivi, Danimarca in testa, investono da anni – né il bonus bebé; tuttavia iniziative simili costituiscono almeno un pallido punto di partenza. Non vi piacciono? D’accordo: allora fuori le alternative però. Perché la storia insegna che raddrizzare la curva demografica è difficilissimo (l’imperatore Augusto, per dire, non ci riuscì neppure varando leggi ad hoc) ed insegna pure che senza nuovi nati una comunità, una società, un Paese sono spacciati.
Inoltre, se avete letto quanto diffuso dall’Istat a giugno di quest’anno saprete che gli italiani non solo non crescono, ma cominciano a sparire: «Nel corso del 2015 il numero dei residenti ha registrato una diminuzione consistente per la prima volta negli ultimi novanta anni: il saldo complessivo è negativo per 130.061 unità. Il calo – veniva poi precisato – riguarda esclusivamente la popolazione di cittadinanza italiana – 141.777 residenti in meno – mentre la popolazione straniera aumenta di 11.716 unità». Capito? Iniziamo ad estinguerci e qui c’è ancora gente che rompe le palle (scusate il francesismo, ma quando ci vuole ci vuole) per una campagna che, banalmente, sussurra verità inconfutabili, tipo che a 45 anni non hai le stesse possibilità di diventare madre che a 25? Ma sì che ce lo meritiamo, di sparire.
Sparissero solo gli insulsi idioti criticatuttosenzalcuncostrutto, ci potrei anche stare… 😉
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Fertility-Day-22-settembre-polemica-social-network-cartoline-Ministero-della-salute-replica-3fea3c6d-984e-40df-8489-3f107afd2873.html?refresh_ce
Qui c’è una raccolta di “fini critiche costruttive”…
Farei un passo indietro: molte, moltissime persone di quelle che hanno avuto crisi isteriche a vedere la campagna in questione sostengono che i confini sono solo nella testa, che le nazionalità sono roba cattiva perché siccome siamo tutti persone, fare categorie è negativo e razzista.
Quindi per loro non è un problema se l’italiano di origine italiana sparisce. La nazionalità per loro serve solo per fare il tipo alle olimpiadi, per intenderci…
Poi ci sono tutti gli altri aspetti… ma avremmo bisogno di un mese per parlarne! 🙂
Visto da una mamma, però è diverso…
http://www.prolife.it/2016/09/01/quale-fertility-day-roma-e-una-citta-vietata-alle-mamme/
@Tony, ah parte il fatto che può essere un probelma anche per diversi papà e fermo restando che tutti vorremmo città più a misura d’uomo (di donna, di mamma, di bimbi… per non parlare dei disabili), ma secondo questa logica, visti i pazzeschi problemi dei pendolari… rinunciamo al lavoro!
Ma il lavoro “ce dà da magnà”, i figli pare ci tolgano solo “il pane dalla bocca”…
(ma anche molto, molto, molto, meno).
Anche io sono mamma e anche a Milano ho incontrato tante difficoltà a muovermi coi mezzi (non guido e in città comunque non userei la macchina), ma questo cosa c’entra con il necessario risolvere il calo democrafico italiano e l’ignoranza di alcuni sulla salute riproduttiva maschile e femminile?
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Non è questione di dati ma di come vengono posti i messaggi e perché. La fertilità è un bene comune? Non capisco questo concetto, non ha proprio senso. Se decido di fare un figlio è solo una mia scelta.
Cioè Charlie non arrivi a capire la valenza sociale della scelta?
Facciamo così, da domani per i prossimi 20 anni nessuno fa più figli per libera scelta… afferri le conseguenze o hai bisogno di un disegno?
Poi per carità, la scelta di farlo o non farlo resta tua, con la piccola discriminante che non è così automatico che si scelga di farlo e poi il figlio arrivi…
@Charlie
partiamo dalle cose semplici, chi le paga le pensioni?
Ed è probabilmente la meno importante delle utilità sociali di fare un figlio.
La polemica non è rivolta alla manifestazione in sé, bensì alla maniera con cui è stata proposta.
Il fertility day potrebbe avere anche risposte e risvolti positivi (rendere consapevoli le persone del problema della denatalità, delle malattie che impediscono di avere figli e delle cure che sono state approntate per ovviare a questi problemi);come intento di base non è malvagio e può permettere di rendere le persone più consapevoli e responsabili (sempre che si faccia seriamente).
Ciò che mi lascia maggiormente perplessa, invece, è il modo in cui è stata pubblicizzata e diffusa: le famose e discusse “cartoline” travisano il significato di una simile giornata; da ciò che esse riportano sembra che il fertility day si riduca davvero ad un mero invito a procreare di più.
Molte donne (e non solo) si sono sentite prese in giro dai messaggi riportati dalle cartoline, proprio perché paiono dire : “datti una mossa a sfornare figli che poi non avrai più tempo” e, sinceramente, in una situazione in cui avere un figlio, ormai, è diventato un lusso, appare davvero una presa in giro: un figlio richiede tempo e denaro che spesse volte non si hanno (vuoi per la crisi economica, vuoi per i salari bassi, vuoi per l’alto costo della vita e tutto il resto) e i genitori non mi sembrano agevolati in alcun modo.
Qualcuno dovrebbe ricordare alla ministra, che pare non saperlo come troppe altre persone, che i figli si devono fare in due e che fare un figlio attraverso l’inganno sostanzia fino a 3 reati gravissimi dove la truffa genitoriale è il minore. Di questo infimo particolare nella campagna non vi è traccia!