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E adesso? A poche ore dalla quasi certa approvazione di un maxiemendamento che riscriverà completamente il disegno di legge Cirinnà determinando comunque l’introduzione delle unioni civili, è comprensibilmente forte l’amarezza che serpeggia fra il popolo del Family Day e quanti speravano di un esito diverso di questa vicenda parlamentare, comunque la si pensi, costellata di compromessi, sfumature poco chiare ed inaudite forzature istituzionali. Da questo punto di vista riesce francamente difficile considerare il patto fra Renzi ed Alfano – alla base di quelle che si possono considerare unioni civili all’italiana – come un trionfo politico del mondo LGBT che, con manifestazioni di piazza e appelli di firme illustri, chiedevano l’approvazione integrale del disegno di legge Cirinnà completo di stepchild adoption e comunque già ritenuto il minimo sindacale sui diritti civili.

Tuttavia sarebbe anche ipocrita negare come le unioni civili, così come con ogni probabilità saranno approvate, rappresentino una ferita per quanti, affollando a centinaia di migliaia il Circo Massimo, hanno opposto una contrarietà pubblica, totale e distante anni luce da qualsivoglia accordo: la sconfitta – salvo miracoli – ci sarà e sarà amarissima come tutte quelle che arrivano dopo tempo, battaglie e sacrifici. Di qui l’opportunità, in particolar modo fra cattolici, di pensare a come riorganizzarsi. Per quanto importante – e lo è a livelli decisivi – sarebbe infatti terribilmente ingenuo collegare la battaglia per la difesa della famiglia naturale alle sole unioni civili o al solo matrimonio omosessuale che da queste, ben presto, ufficialmente emergerà: di qui l’esigenza, specie fra i cattolici appunto, di scegliere in che modo continuare a portare avanti le istanze così tenacemente difese fino ad oggi.

Se infatti l’approvazione delle unioni civili rammenta amaramente di che pasta siano fatti, oggi, i politici cattolici, da domani sarà il tempo di testare (ancora) quella dei cattolici non politici. Cattolici non politici ai quali, a ben vedere, è già ora chiesto di ribellarsi a tutti quei mali – divorzio, aborto volontario, fecondazione extracorporea – velenosamente penetrati prima nell’ordinamento giuridico e poi fattisi mentalità comune, in una continua e reciproca contaminazione. Nulla insomma muore oggi, benché la giornata sia destinata ad essere contrassegnata dalla tristezza. E nulla muore oggi, purtroppo, neppure per quanti operano per la “distruzione dolce” della famiglia che, già minata dal virus del precariato affettivo istituzionalizzato col divorzio – da poco anche in versione express -, verrà da domani sostanzialmente ed iniquamente equiparata ad altre forme di unioni.

Non sarà sfuggita la volontà, sempre che non ci pensi prima la magistratura, di confezionare subito un nuovo disegno di legge sulla stepchild adoption se non addirittura sulle adozioni vere e proprie, né vi è chi non veda alle porte l’ombra dell’utero in affitto che dall’adozione del figliastro verrebbe subito legittimata. Dunque la battaglia per la famiglia – che eroicamente combatteva già san Tommaso Moro (1478–1535) – continua: come prima e più di prima. E toccherà combatterla integralmente come integralmente va combattuta la menzogna e tutti assieme, perché se oggi i cattolici Renzi ed Alfano scendono a compromessi è perché sanno di poterlo fare, perché c’è un popolo cattolico – addolora dirlo – disorientato e troppo spesso guidato da pastori confusi o timorosi, che dimenticano che gli agnelli non si salvano stipulando accordi di convivenza – ma senza obbligo di fedeltà – coi lupi, bensì combattendo questi ultimi: altrimenti non solo mancheranno agnelli, ma rimarranno solo conigli.

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