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Di Antonio Conte, il nuovo ct della nazionale, io mi fiderei. Per una ragione semplice: lui si fida di Dio. E non solo per quanto riguarda il calcio (dettaglio non da poco, dato che occorre un miracolo per rigenerare l’Italia calcistica), ma in generale. «Parlo molto con Dio. Prima di dormire, prego sempre. Mi faccio il segno della croce prima di mangiare. Io mi faccio sempre il segno della croce, mi affido a Dio e affido a Lui i miei ragazzi», ha dichiarato. Insomma, la nazionale è in buone mani e il mister, a sua volta, è in quelle migliori del mondo. Bingo. Per la verità anche l’altro papabile per la panchina azzurra, Roberto Mancini, è assai devoto. Era dunque destino che fosse chiamato un cattolico a risollevare le sorti della nazionale. Un destino che, a ben vedere, ha radici remote. Pochi infatti sanno che gli Azzurri sono così in omaggio…alla Madonna. Proprio così: l’azzurro delle maglie della nazionale italiana, esibito per la prima volta il 6 gennaio 1911 in una partita (vinta) contro l’Ungheria, venne scelto in onore dei Savoia, della cui casata era colore ufficiale; Savoia i quali a loro volta, in segno di devozione, lo scelsero identico a quello del manto che la tradizione vuole della Madonna.

Ma torniamo a lui, Antonio Conte, il commissario tecnico che non ha fatto neppure tempo a sedersi sulla panchina che si è trovato bersaglio di una polemica, peraltro senza fondamento. Infatti non solo il suo compenso – com’è stato ricordato da tanti – verrà in larga parte dalle tasche di uno sponsor e non da quello dei contribuenti, ma all’ex allenatore della Juventus, a differenza di quanto fu chiesto a mister Prandelli, è stato affidato anche il Settore Tecnico come coordinatore delle squadre giovanili. La sete di scandali ha però prevalso ed in molti ancora penseranno i contribuenti costretti, da soli, a sborsare gli oltre 4 milioni annui per i quali Conte ha firmato. Senza sapere che la vera forza di questo allenatore, oltre ad una indiscutibile capacità comunicativa e a un comprovato appetito per le vittorie, sta – dicevamo – nella sua fede religiosa. Della quale non ha mai fatto mistero arrivando, da un lato, a connettere le proprie aspettative ad interventi celesti – «Io sono un cristiano quindi dico che Dio vede e provvede» (Tuttosport, 26/4/2009) -, e, d’altro lato, ad affidare platealmente al Signore la custodia dei propri giocatori più talentuosi, come fece per Andrea Pirlo: «Pirlo è un nostro giocatore. Che Dio ce lo conservi sempre» (Tuttosport, 22/11/2013).

E’ persino giunto, il Nostro, ad immedesimarsi nel rituale tipicamente trapattoniano dell’acqua benedetta a bordo campo. Era il 16 ottobre 2011 e Conte, al suo anno d’esordio come allenatore della Juventus, all’inizio del secondo tempo ha estratto dalla tasca dell’acqua benedetta esibendosi in un gesto culminato nel bacio della boccetta e con la squadra protetta da un angelo terreno, l’immortale capitan Del Piero, che ha fermato sulla linea il goal che avrebbe segnato il successo avversario. Amato ed odiato, sposato senza matrimoni precedenti salvo un non semplice divorzio (quello, professionale, con la Juve), riuscirà quest’uomo a riportare in alto gli Azzurri? E’ indubbiamente una bella domanda. Di certo Conte ci proverà con tutto se stesso, senza risparmiarsi in ingegno e passione. Dopotutto, ama le sfide e vive proiettato verso il futuro, anche se non solo non rinnega ma rivendica le proprie origini familiari e devote («Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia religiosa»). Potrebbe essere la sua consacrazione professionale, la sua definitiva ascesa fra i grandi del nostro calcio. Anche se, ne siamo certi, in caso di trionfo non mancherà di riconoscere a Qualcuno più in alto di lui, e di tutti noi, la vera paternità della vittoria.