islam

 

 

 

 

 

Una settimana fa proponevo l’associazione, a livello europeo, fra laicismo e fondamentalismo islamico, ossia fra il vuoto dei valori chi non può fare altro che blaterare di libertà e l’adesione ad un messaggio forte, radicale, esplosivo – in tutti i sensi, purtroppo – quale è quello jihadista. L’articolo è stato letto da diverse migliaia di persone e le reazioni a questa tesi, formulata basandomi su considerazioni analoghe svolte in precedenza da altri ma soprattutto sui dati che individuano in Paesi fortemente secolarizzati quali Belgio, Danimarca, Svezia e Francia quelli da cui più giovani si convertono sulla via del Califfato, sono state di tre tipi: c’è chi si è messo a cavillare sui dati, giudicati incompleti, da me proposti – l’eterna preferenza verso il dito rispetto alla Luna -, chi ha legittimamente ritenuto la tesi debole e chi, invece, ha rispolverato la soporifera filastrocca (basta, pietà!) dei «valori», dell’«integrazione» e della «cultura» quali medicine per l’estremismo.

Bene, io però insisto e rilancio: la prima debolezza europea, pure rispetto al terrorismo di matrice islamista, è il suo quadro valoriale ormai putrescente perché secolarizzato. E non mi si chieda di definire meglio il vuoto che attacco, ma si definisca invece – se ci si riesce – quei bei principi che ignorerei e dei quali pullulerebbe oggi l’Europa: su, avanti. Sono curioso. Nel frattempo aggiungo agli elementi del precedente intervento un altro a mio avviso molto significativo: in Francia gli atei sono il ventinove percento (cfr. Win-Gallup International, 2012), ma quando Dounia Bouzar, antropologa fondatrice del Centre de Prévention contre les dérives sectaires liées, ha effettuato uno studio su più di centosessanta famiglie di altrettanti aspiranti jihadisti francesi, oltre a rilevare la giovanissima età di questi – che hanno fra i quindici ed i ventuno anni , ha riscontrato come addirittura l’ottanta percento dei loro nuclei familiari fosse ateo (cfr. Métamorphose du jeune opérée par les nouveaux discours terroristes, 2014, p.7).

Attenzione: non sto affatto insinuando che il terrorismo islamico esista solo in Europa – sarei paurosamente ignorante, oltre che ingenuo -, né intendo escludere che altri fattori, per esempio economici (anche se le famiglie studiate dalla Bouzar sono in prevalenza di ceto medio), concorrano a orientare i giovani all’ISIS né, tanto meno, la mia volontà è quella di sollevare le comunità mussulmane dalle loro responsabilità, delle quali non possono certo liberarsi solo con ovvie dissociazioni dagli attentati. Allo stesso modo però non vivo con le bende negli occhi e non avendo alcuna speciale reputazione da difendere, sottolineo quello che a molti sembra sfuggire e cioè il ruolo detonante che il nichilismo esercita, almeno a livello europeo, nel fondamentalismo islamico. Capisco anche io che lo stereotipo del terrorista che giunge da terre remote con armi ed esplosivo nella valigia è più rassicurante ma, anche se non è altrettanto rassicurante, la verità viene prima. Costi quel che costi.

D’altra parte, molto più autorevolmente di chi scrive era stato il filosofo André Glucksmann (1937–2015) a collegare il vuoto di valori nichilista col terrorismo: «Credo sia questa la filosofia del terrorismo: il nichilismo. Che cos’ è il nichilismo? Sintetizzando al massimo, si può dire che con il nichilismo tutto è permesso. Abbiamo il diritto, ci prendiamo il diritto di uccidere dei civili, di uccidere dei bambini, di uccidere dei passanti, di uccidere chiunque. Tutto è permesso. È questo il motto, il leitmotiv del nichilismo. Questo ci insegna molto. Dire che l’essenza del terrorismo è il nichilismo significa che non si può ricondurre il terrorismo a un fanatismo religioso. Equivale a dire che è qualcosa che va al di là, che travalica una guerra di religione» (Corriere della Sera, 15.12.2004, p.35). Perché quello che oltre dieci anni fa affermava Glucksmann oggi suona come eretico? Semplice: perché lo è.

Perché mettere in discussione il laicismo significa criticare molto di questa Europa. Significa profanare la Trinità laica – «valori», «integrazione», «cultura». Significa ricordare che l’attuale laicità è doppiamente problematica: sia perché propizia una sostanziale assenza di valori “forti”, sia perché irrita a priori i mussulmani. Molto interessanti, a questo proposito, le parole dello scrittore algerino Boualem Sansal, uno prima linea contro il fondamentalismo islamico: «Per i musulmani praticanti, la questione è ancora più acuta, la laicità è intellegibile e anche scioccante. Quando la parola è pronunciata, in molti di loro scatta un’allerta, percepiscono la parola come un’aggressione, un’ingiunzione di abbandonare la propria religione. Appena gli viene spiegato che si tratta di una salvaguardia della libertà, di un metodo di vivre-ensemble, un altro cassetto si apre subito:”Inganno! Complotto! Complotto neocoloniale!”» (Le Figaro Magazine, 13.11.2015). L’autore di 2084, libro sul totalitarismo religioso, afferma cose pesanti, ma probabilmente vere.

Anche perché nelle sue parole riecheggiano in parte quelle di Domenico Quirico, giornalista inviato de La Stampa sequestrato, mentre era in Siria, e rimasto rapito per mesi: «È vero: se ti sequestrano in un Paese musulmano, l’unica cosa da non fare è dire di essere una persona indifferente al problema religioso. Ti ammazzano immediatamente» (LaSicilia.it, 11.11.2014). Tuttavia, conviene non farsi tante illusioni: questo Occidente, in particolare questa Europa non ammetterà mai che i “valori laici”, qualunque cosa questa espressione significhi, sono – rispetto all’attecchire continentale del virus terroristico di matrice islamista – il suo problema. Continueranno a proporci la storiella dell’integrazione, della cultura, dell’educazione alla libertà. Ci parleranno di ghetti da superare, di pregiudizi da eliminare, di muri da abbattere. Tutto ci diranno sul vestito nuovo che l’Europa dovrà cucirsi addosso pur di negare l’evaporazione della sua anima profonda perché fiera delle sue radici e, soprattutto, perché cristiana.

giulianoguzzo.com