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La notizia del giorno è «lo scambio di opinioni» tra il primo ministro Justin Trudeau e il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, avvenuto nel corso del bilaterale tenutosi a Hiroshima, prima dell’avvio dei lavori del G7. «Scambio di opinioni» sull’alluvione che nel nostro Paese ha già fatto 14 vittime e 15.000 sfollati? Sull’inverno demografico? Sulla guerra in Ucraina? Macché: «lo scambio di opinioni» è stato centrato sui «diritti Lgbt», dato che quel bontempone di Trudeau è «preoccupato da alcune» delle posizioni «che l’Italia sta assumendo» al riguardo.

Quali posizioni preoccupano tanto il premier canadese? Forse la recente Giornata internazionale contro l’omofobia – per celebrare la quale in Italia hanno speso parole, oltre alla stessa Meloni, il ministro dell’Istruzione Valditara nonché il capo dello Stato Mattarella? O forse Trudeau, vai a capirlo, è allarmato dal fatto che in Italia, nel 2021, su 361 segnalazioni di reati di matrice discriminatoria comunicati dalla Polizia di Stato, appena 77 abbiano riguardato l’orientamento sessuale o l’identità di genere, peraltro in netto calo rispetto agli 82 casi del 2020 e addirittura 105 del 2019? Chi lo sa.

Ancora, forse in Canada sono impensieriti dal fatto che qui gli alberghi siano sempre più gay friendly (300 e passa lo sono nella sola città di Venezia)? Mah. In ogni caso, alla luce di questi riscontri di fatto – ma se ne potrebbero citare anche molti altri – non si direbbe che il nostro Paese abbia particolari problemi con i diritti Lgbt né con l’omosessualità stessa che, non sappiamo a casa Trudeau, ma qui fu depenalizzata nel lontano 1889, ben prima per capirci che in Svizzera (1942), Inghilterra (1967), Austria (1971), Norvegia (1972), Spagna (1978), Francia (1982), Israele (1988) e Germania (1994).

Viceversa, a proposito di «diritti» è il Canada ad avere qualche forse problemino. Anzitutto proprio coi temi Lgbt, dove là si è passati dal rispetto verso tutti a derive opposte alla discriminazione e non gravi, come per esempio quelle del finanziamento di “campi Lgbt” – foraggiati con fondi pubblici – per bambini dai 7 anni in su per addestrarli a «diventare drag performer». Chi non applaude queste iniziative, va da sé, rischia. Ancora nel 2019, per esempio, un padre era stato condannato per violenza familiare (sì, avete letto bene) per aver rifiutato di riferirsi a sua figlia come “lui” in privato e per aver messo in discussione la sua “identità di genere” percepita.

Sempre a casa Trudeau e sempre a proposito di «diritti», si segnala il problema dell’eutanasia che, da “presunto diritto”, sta diventando ormai quasi un obbligo, con disabili ai quali vien consigliato di morire. A Christine Gauthier, una veterana ex paralimpica del Canada, in risposta alla richiesta dell’installazione di un montascale a casa, le è stata offerta l’eutanasia. Sempre nel Paese «preoccupato da alcune» delle posizioni «che l’Italia sta assumendo» sui diritti succede che le persone più indigenti stiano sempre più prendendo in considerazione la morte medicalmente assistita «perché non possono più vivere in condizioni di estrema povertà». Il Canada è anche quel bellissimo Paese dove quella barbarie che si chiama utero in affitto è legale ed è cresciuta del 400% in appena 10 anni.

Ancora, quello di Trudeau è una nazione che somiglia sempre più ad un laboratorio del pensiero unico, con tanto di messa al bando dei libri, talvolta perfino di rogo. Questo per esempio era il caso, riportato dalle cronache nel settembre 2021, di Redonnons à la terre, «Restituire alla terra», che ha visto più di 4.700 libri rimossi dagli scaffali delle biblioteche in trenta scuole del consiglio scolastico dell’Ontario; alcuni di essi sono stati perfino dati alle fiamme e – come confermato al National Post da Lyne Cossette, portavoce del consiglio – «simbolicamente usati come fertilizzante». Sempre da quelle parti gli editori oggi ritirano i testi sgraditi al movimento Lgbt. E noi dovremmo prendere lezioni da voi sui diritti, caro Trudeau? Anche no, grazie. (Fonte foto)

Giuliano Guzzo

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