
A 20 anni dall’11 settembre 2001, la drammatica verità è che non ci siamo ancora ripresi. Insieme alle 3.000 vittime di quegli attentati, che oggi doverosamente ricordiamo, se n’è andata molto di più dell’idea dell’invulnerabilità degli Stati Uniti (che dopo Pearl Harbor si credeva ripristinata): se n’è andata ogni illusione di serenità collettiva. In effetti, dopo l’emergenza terroristica è esplosa quella economica, poi quella pandemica, che dura tutt’ora sommata, di fatto, alle altre due.
Il crollo delle Torri Gemelle è stato dunque, di fatto, l’inizio di un ciclo di paura e di incertezza, di debolezza e di instabilità: in mezzo, alternati ai brividi, solo temporanei sprazzi di spensieratezza. Non abbiamo superato perciò superato quel trauma perché, di fatto, ci siamo ancora dentro. Del resto, lo stesso terrorismo ha continuato a mietere vittime sia nel cuore dell’Occidente – si pensi agli attentati di Londra, Madrid, Parigi, Nizza, Strasburgo, Vienna – sia altrove nel mondo, rafforzandosi molto anche in Africa.
Ma se 20 anni dopo l’11 settembre non ci siamo ancora ripresi, dobbiamo dircelo, è in buona parte responsabilità nostra. Non solo perché l’Afghanistan, Paese il cui rovesciamento fu il simbolo della risposta militare occidentale proprio all’11 settembre, ora è nuovamente in mano talebana; ma anche e soprattutto perché non abbiamo mai saputo del tutto elaborare il lutto di vent’anni fa. Il risultato è che la ferita psicologica e spirituale aperta dalla devastazione del World Trade Center sanguina ancora.
Sanguina perché, se una parte, quella più neocon, dell’Occidente si è illusa di sistemare le cose invadendo l’Afghanistan (poi l’Iraq, quindi bombardando Libia, infine sognando la Siria) – all’insegna di uno scontro di civiltà 2.0 -, l’altra, quella più liberal, ha preferito rimuovere del tutto il problema. Come? Illudendosi che il fanatismo islamista non esista, liquidando tutto, banalmente, come follia agita da gente ignorante, mentre già gli attentatori dell’11 settembre, che hanno operato con estrema lucidità, avevano titoli di studio di tutto rispetto.
Un’altra ragione per cui, dopo 20 anni, non ci siamo ancora ripresi, è che l’11 settembre 2001 la vulnerabilità occidentale è stata sì messa brutalmente a nudo, con sangue e terrore: ma esisteva già. Negli Usa come in Europa, l’identità ma soprattutto l’anima dell’Occidente era già parzialmente smarrita. L’illusione di poter vivere nella continua prosperità, senza un comune patrimonio religioso e civile – anzi, rigettando la nostra storia come galleria di errori ed orrori -, ci aveva cioè già condotti sul precipizio. Il terrore islamista non ha fatto che spingerci dentro.
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L’ha ripubblicato su Organon.
A parte i vari aerei dirottati (Pentagono, ecc.), a New York le torri crollate sono 3 (tre): le Torri Gemelle più un altro edificio (7WTC) crollato nel pomeriggio.
Comunque, ricordiamo il giorno 11 settembre anche per la battaglia di Vienna nel 1683.
Forse viviamo come in uno stato di trance: succedono cose talmente terribili che ci sembra di averle solo sognate…
D’altronde, viviamo nella società dello spettacolo, e in questa realtà, la tragedia dell’11 settembre ha l’effetto di un reality show assoluto, affascinante e drammatico nella sua ricercata, precisa, tecnologica mostruosità.
Ci ha destabilizzato non più del tempo necessario a scegliere il prossimo film horror, in attesa dell'”opera d’arte totale”, annichilente, sogno degradato delle accademie un tempo laboratori di bellezza, e ora, nell’era post-pisciatoio di Ducamp, ridotte a fabbriche di cianfrusaglie e vomitatoi di incubi.