
Il caso del crocifisso sopravvissuto all’incendio del grattacielo di Milano – il solo ad essere scampato alle fiamme nella casa del professor Lorenzo Spaggiari, che non se lo spiega («lo conservavo in una bustina di plastica: come nuova anche quella. Incredibile: mia moglie si è messa quella croce al collo e non vuole toglierla più») – ha suscitato, in tanti, comprensibile sorpresa. Personalmente, sono invece stato più che altro riportato col pensiero all’aprile 2019. Mi riferisco all’incendio di Notre Dame, per domare il quale furono necessarie ore di lavoro per 400 vigili del fuoco attrezzati con 18 autobotti.
Quando le fiamme furono spente, i primi pompieri a fare ingresso nella chiesa devastata trovarono infatti davanti agli occhi un prodigio simile: altare e croce intatti. E furono increduli anche loro, c’è da immaginare, come il professor Spaggiari. Naturalmente, lo scetticismo che alberga in ciascuno di noi può indurci a pensare che si tratti di coincidenze, di null’altro che coincidenze. Ma basta un pizzico di fede per cogliere il limpido messaggio che, dalla penombra della cronaca, quei crocifissi incredibilmente scampati ai roghi lanciano al cuore d’ognuno: «Quando tutto sembra perduto, o quando lo è davvero, Io ci sono ancora».
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Stat Crux dum volvitur orbis
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Caro Giuliano, un amico mi ha inviato questa sua composizione scritta in occasione dell’incendio di Notre Dame.
Sembrava che ci fosse solo brace
nel luogo deputato alla prece,
ma c’è una cosa intatta, e ben s’addice:
là sull’altar la maestosa croce
che nel gran buio, sola si riluce.