La sfuriata di Fedez sul Concordato, Luxuria che parla di «attacco pericoloso», Zan che corre a precisare che la sua legge «non limita in alcun modo la libertà di espressione» (e allora perché l’inserimento, in corsa, del pasticciatissimo articolo 4? Ccà nisciuno è fesso!) sono reazioni pavloviane, cagnara di contorno, schiuma d’odio. Ringhiate da ignorare, dato che non rendono l’idea del peso – giuridico, politico, istituzionale – che caratterizza la nota diplomatica che la Santa Sede, la settimana scorsa, ha fatto recapitare al Governo sul ddl Zan sollevando, Concordato alla mano, un problema di libertà religiosa legato a quel testo di legge. Si tratta infatti di un atto senza precedenti – non un post su Instagram, signori, bensì una richiesta da Stato a Stato – che merita un esame puntuale.

Tanto per cominciare, com’è nata questa nota con la quale, attenzione, non si chiede di cestinare il ddl Zan (né lo si sarebbe potuto chiedere, sulla base delle norme concordatarie), ma si solleva una gran riserva sulle sue conseguenze? Nessuno lo sa esattamente. Chi scrive ci tiene però a precisare un elemento: papa Francesco ha dato il suo assenso a questo passaggio; non forse, ma con assoluta certezza. Anche il più improvvisato dei vaticanisti può infatti confermare che ci troviamo davanti a un atto di rilievo enorme, che non può non essere passato da Casa Santa Marta. Poi può succedere che già domani il pontefice argentino in persona smorzi i toni, minimizzi, faccia un’uscita ulteriormente spiazzante. Tutto è possibile.

Ma il tentativo – da alcuni già posto in essere – di presentare l’ingresso in campo del Vaticano contro il ddl Zan come affare ad insaputa di papa Francesco, ecco, umilia anzitutto la loro stessa intelligenza. È invece ragionevole ipotizzare che la faccenda non sia nata a Casa Santa Marta, ma da lì sia transitata per il doveroso placet. Ciò però nulla toglie al peso della notizia del giorno. A proposito di notizia: chi l’ha fatta avere al Corriere della Sera? Di certo la spifferata non è arrivata da Oltretevere. Più plausibile è che sia stato qualcuno (uomini del Pd o dei Cinque Stelle?) interessato a sabotare il tentativo della diplomazia vaticana di stoppare la legge arcobaleno con una nota che, in realtà, sarebbe potuta anche non uscire mai. Sta di fatto che però, adesso che la cosa è pubblica, non può più essere negata.

Significa che possiamo dire che il Concordato non piace, considerarlo antistorico, inveire contro il Vaticano, tutto quello che ci pare. Quello che però non possiamo fare è negare un fatto oggettivo: la Chiesa guarda con fortissima preoccupazione alla legge Zan, quanto meno per motivi legati alla libertà religiosa. Paure infondate, quelle che agitano i sacri palazzi? Purtroppo no: le cronache anglofone pullulano di pastori multati perché leggevano il Nuovo Testamento, di cristiani denunciati o querelati per aver affermato il primato della famiglia naturale o per aver disapprovato l’agenda Lgbt. Tutte cose che ai massimi vertici della Chiesa cattolica, visto che il ddl Zan – riproduzione italica di norme che all’estero hanno già menomato la libertà religiosa – era ed è a rischio approvazione, hanno generato timore. Forte e comprensibile timore. Ecco perché no, stavolta il Vaticano non l’ha toccata affatto piano.

Giuliano Guzzo

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