Oggi, domenica 31 gennaio, è il giorno di un santo di grande attualità, don Giovanni Bosco, il fondatore dei Salesiani il quale, colpito dai ragazzini malvestiti, male educati ed abbandonati a loro stessi che incontrava per le vie di Torino, decise di dedicare tutto sé stesso alla loro formazione, divenendo meritatamente il patrono di educatori e giovani, «padre e maestro della gioventù», per dirla con le parole impiegate il 31 gennaio 1988 da papa Giovanni Paolo II.

In effetti, è senza dubbio la pedagogia basata su tre pilastri – religione, ragione e amorevolezza – la più grande eredità di questo infaticabile «santo sociale», persuaso che «in ogni giovane, anche il più disgraziato» ci sia «un punto accessibile al bene». Sarebbe tuttavia sbagliato, alla luce di questo certo mirabile impegno educativo, farsi un’idea sdolcinata di don Bosco che, al contrario, prese posizioni che oggi sono anche da alcuni cattolici bollate come fondamentaliste.

Basta leggere i suoi scritti, infatti, per scoprire come costui fosse senza esitazioni a favore del potere temporale del Papa («è nell’interesse di tutta la Cristianità»), contro le società segrete («mirano a rovesciare la società»), critico con la Rivoluzione francese («si commisero barbarie inaudite»). Non solo. Il fondatore dei Salesiani fu pure protagonista di lunghi scontri con il Diavolo, vinti mediante svariati esorcismi. Né sono mancati, nella vita di questo sacerdote, scontri con le autorità del suo tempo.

Si pensi a quando, mentre era in discussione la legge contro i conventi, don Bosco ammonì nientemeno che Vittorio Emanuele con parole durissime: «La famiglia di chi ruba a Dio non giunge alla quarta generazione! Se il re segna quel decreto segnerà la fine dei reali di Savoia». Oggi un sacerdote che inveisse così contro i nostri vertici governativi per qualche legge avversa alla dottrina cristiana o alla Chiesa (e ce ne sono state, in questi anni) passerebbe come un invasato, un poveretto da guardare con compassione e da riportare sulla via della ragione.

Peccato che il santo piemontese abbia fatto una previsione corretta: i Savoia re d’Italia non sono arrivati alla quarta generazione. Tutto questo per dire che si fa non bene, ma benissimo a celebrare la memoria di don Bosco – e l’opera, incredibile, che ancora oggi assicurano alla società i Salesiani; ma guai ad immaginare che il grande educatore sia stato una sorta di mammoletta, di pastore impaziente di assecondare le tendenze del suo tempo. Al contrario, fu un leone nella lotta all’anticlericalismo massonico. Anche questo, oggi, andrebbe ricordato.

Giuliano Guzzo

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