Dopo la Giornata della Memoria, dedicata alle vittime dell’Olocausto, è lecito chiedersi come mai sia stata istituita, de facto, quella dell’Oblio per le vittime del comunismo. Una disparità di trattamento che non rende giustizia non solo alle milioni di vittime della Russia sovietica, ma neppure alle incredibili somiglianze tra il regime di Hitler e quello di Stalin. Entrambi, infatti, furono totalitarismi atei – «Fermate questa atea macchina da guerra», supplicavano con i loro volantini i ragazzi della Rosa Bianca, mentre in Russia, tra il 1917 e il 1967 furono chiuse oltre 45.000 chiese –; entrambi furono regimi statalistici col cittadino ridotto a suddito e il culto della personalità del Capo; entrambi ricorsero ai campi di concentramento (anche se furono i tedeschi a copiare i russi, che nel 1929 contavano già su una quarantina di gulag); entrambi vessarono la famiglia facilitando legislativamente divorzio e aborto (la Russia nel 1917 e nel 1920, la Germania nel 1938 e nel 1933, riservando l’aborto alle donne «non ariane»); entrambi mieterono, come si diceva, milioni di vittime, con il regime rosso che però ne fece assai di più. Addirittura, secondo il politologo Rudolph Rummel, cattedratico a Yale, sotto Stalin le vittime furono più del doppio dei 20,9 milioni di morti ascrivibili ad Hitler. Eppure, in memoria delle vittime nazionalsocialiste abbiamo – doverosamente – fior di appuntamenti, mentre solo a ricordare quelle comuniste si passa per provocatori, fissati, polemici. Ecco, questa è probabilmente la più grande differenza tra i due totalitarismi.

Giuliano Guzzo

>> Iscriviti al mio Canale Telegram >>