Per tutti i brutti e cattivi che ritengono che l’immigrazione, per quanto sempiterna, sia un fenomeno da governare e non già da subire, cambia poco; ma per le anime belle dei «ponti» dovrebbe cambiare – e parecchio – il fatto che sia la Spagna guidata da Pedro Sánchez quella che, per contrastare gli approdi dei clandestini in terra ispanica attraverso le enclavi africane di Ceuta e Melilla, ha deciso la costruzione del muro metallico di contenimento che costerà oltre 15 milioni di euro e che, con i suoi 10 metri, rischia di essere il più alto del mondo (quello di Trump arriva a 9,1 metri).

Sì, perché in Spagna al potere non ci sono i sovranisti, i Salvini o le Meloni, bensì un esecutivo notoriamente socialista, quello di Sánchez appunto. Dunque, come la mettiamo? Come definire questa decisione non proprio marginale? Sarebbe interessante saperlo. Storicamente già sapevamo che, dal Muro di Berlino a quello messicano – che né Clinton né Obama seppero smantellare, anzi – i compagni progressisti hanno, come dire, un certo feeling con le barriere. Oggi Sánchez ce lo conferma ma le grida di sdegno dei nostri guru dell’accoglienza, chissà come mai, tardano ad arrivare. Misteri agostani.

Giuliano Guzzo