
Nasciamo tutti quanti da un maschio e da una femmina, il matrimonio è un istituto naturale fondato dall’unione tra un uomo e da una donna, esseri umani eguali in dignità ma differenti, si può disapprovare la condotta omosessuale come moralmente inaccettabile senza con ciò odiare, l’utero in affitto è un crimine che nessuna sdolcinatura e nessun testimonial – che si tratti di Cristiano Ronaldo o Elton John poco cambia – possono rendere digeribile. Queste le verità per la diffusione delle quali, se passasse il ddl Zan contro l’omotransfobia, si potrebbe essere perseguibili in quanto responsabili di «propaganda di idee» discriminatorie basate «sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere» (art. 1).
Di qui la mia scelta, stamane, di scendere in piazza insieme ad altre 300 persone proprio a casa di Zan, nella città di Padova. Scelta non isolata dato che sempre oggi, sempre per gli stessi motivi, ci sono stati altri 600 manifestanti a Milano, 400 Verona, 250 a Napoli, 200 a Udine, 150 a Trento e così via. Tutte proteste pacifiche a cui i grandi media, quei volponi, daranno il minimo spazio possibile, mandando in onda se va bene un video di due o tre secondi controbilanciati da un’inquadratura di due o tre secondi di un gazebo di Arcigay, così che non si noti la differenza. Peccato che la differenza ci sia e sia abissale, perché la legge contro l’omotransfobia altro non è che uno sfizio di club, quello arcobaleno, a scapo di verità di tutti.
Che le cose stiano così è provato dalle tante personalità omosessuali che in questi giorni si son dette scettiche o contrarie al ddl Zan, dallo scrittore Giorgio Ponte a Mario Ravetto Flugy, da Mauro Coruzzi (Platinette) a Umberto La Morgia; e l’elenco potrebbe continuare ancora. Tutti affetti da «omofobia interiorizzata»? Non diciamo sciocchezze. Il fatto, repetita iuvant, è che il ddl Zan è uno sfizio di club che rischia di costarci carissimo. Paradossalmente, rischia di costare carissimo pure ai suoi stessi sostenitori dato che le verità sul matrimonio, sulla sessualità e sulla filiazione sono tali pure per i militanti Lgbt. Non c’è il copyright cattolico o della Cei: parliamo di pilastri di civiltà. Perciò tanti in piazza questo sabato: perché se oggi non difendi la libertà di dire la verità sull’uomo, domani, semplicemente, non avrai più nulla da difendere.
Ma ormai il dado è (quasi) tratto: il Rubicone sta per essere varcato. È sconsolante che si debba scendere in piazza per ricordare l’ingegneria bisessuata della natura con tutto ciò che ne consegue e rivendicare il diritto di poter dire la verità senza odiare.
Anche se per legge ci dicono che l’omosessualità non è un uso inordinato della capacità sessuale contro la destinazione naturale ma un esercizio di libertà sessuale per realizzare la pienezza della propria identità, l’uomo della strada, anche se non ricorda Sodoma e Gomorra o l’abominio e la pena di morte sanciti dal Levitico, comprende che l’intolleranza verso l’omosessualità non è culturale ma bensì biologica: se può essere giusto reprimere per legge atteggiamenti di intolleranza e di derisione del “diverso”, non lo è impedire di dire come stanno le cose secondo Dio ma anche per chi non crede, secondo natura!
L’ha ripubblicato su Organone ha commentato:
Grandissimo come sempre Giuliano Guzzo
Pingback: Le cose minime
Una libertà meravigliosamente rappresentata da quel bavaglio sulla bocca!!!
L’ha ripubblicato su Pastor Aeternus proteggi l'Italia.
Guarda che il matrimonio non é assolutamente una cosa “naturale” tanto é vero che non mi risulta
esserci nessun essere vivente al di fuori dell’essere umano che si “associa” formando una famiglia. Il matrimonio é importante? Moltissimo. Due uomini e due donne possono sposarsi? Certamente, é l’amore che conta, il matrimonio é un istituzione umana quindi non c’è (quasi) limite. Che poi non capisco davvero cosa ve ne freghi di qualcosa che non vi lede minimamente.