Se l’espressione non fosse inflazionata, si potrebbe parlare di caccia alle streghe. Del resto, le streghe non ci sono ma la caccia, invece, c’è tutta. Eccome. Per maggiori informazioni rivolgersi ad Arcilesbica, da tempo bersaglio di una contestazione intestina del mondo Lgbt, cui pure appartiene, che si fa anno dopo anno più aspra e che, ultimamente, sconfina nella vera e propria violenza. Il motivo? La storica sigla arcobaleno – che vanta un quarto di secolo di attività, e che di tutto può esser tacciata fuorché di simpatie conservatrici – non condivide le battaglie gaie pro utero in affitto, anzi è critica pure verso pornografia e transfemminismo, cui preferisce un femminismo della differenza tale per cui si è maschi o femmine.
Maschi e femmine? Scetticismo verso l’utero in affitto? Perplessità sulla pornografia? Apriti cielo: per l’ortodossia Lgbt, simili dubbi sono imperdonabili. Così sono venuti da una parte, nel 2018, lo sfratto dal Cassero di Bologna, storica sede dell’associazione, e, dall’altra, pesanti critiche ad Arcilesbica la cui presenza ai pride, da qualche anno, rappresenta l’eccezione più che la regola. Ultimamente, osserva Monica Ricci Sargentini del Corriere della Sera, si è arrivati perfino alle minacce di stupro ai danni delle militanti della sigla lesbica. Minacce che in un mondo normale farebbero non solo notizia, ma addirittura scandalo. Giustamente. E invece così non è, con simili episodi derubricati a scaramucce. Il che è a dir poco inaccettabile.
Per questo, pur con immutate distanze etiche, è difficile non simpatizzare con la storica associazione lesbica, che sta provando sulla sua pelle l’ipocrisia di un mondo che i media presentano come quello del «love is love», mentre invece è attraversato da lotte interne che non di rado, i fatti sono fatti, sconfinano nell’odio. Certo, sarebbe bello che anche quella compagine politica e giornalistica che, a parole, ama condannare la violenza contro le donne prendesse le difese di Arcilesbica. Lo impone un elementare principio di coerenza, prima che umano. Ma il fatto che così non sia dimostra che non tutti i «diversi» – così si diceva (male) una volta – sono uguali: ce n’è una parte più uguale dell’altra. E a me, che ci posso fare, d’istinto piace la più bistrattata.