Si parla tanto di fragilità, insicurezza, vulnerabilità come effetti sociali del coronavirus, che, giorno dopo giorno, sta mettendo a nudo quanto la nostra società sia scricchiolante e stretta nella morsa del panico. Vero. Ma l’epidemia venuta dalla Cina sta facendo emergere anche un altro lato – ben più oscuro e incivile – di ciò che siamo. Alludo al «tanto muoiono i vecchi», a questo mediatico martellare sull’età non più azzurra delle vittime del virus. Si tratta di un’insistenza giornalistica in teoria volta a tranquillizzare, e invece avvilente.

Intendiamoci: che il Covid-19 contagi raramente e in forma lieve i bambini è un’ottima notizia; che la sua letalità tra i giovani sia ridottissima, pure. Ma il «tanto muoiono i vecchi» resta un pensiero imbecille ed eutanasico, stupidamente darwiniano, che non tiene conto diversi aspetti. Tanto per cominciare, ci si dimentica che il nostro Paese ha proprio nei vituperati «vecchi» dei riferimenti: a meno che il Presidente Mattarella (78 anni), la senatrice Segre (89 anni) o papa Francesco (83 anni) non siano annoverabili tra gli adolescenti, ma lo escluderei.

Un secondo aspetto trascurato dal mantra anti-senile è tutti abbiamo genitori, nonni e zii. Lo abbiamo per caso scordato? Lo si chiede con l’impressione che il «tanto muoiono i vecchi», dopotutto, sia un ritornello rassicurante solo in una precisa circostanza: quando ad essere eliminati dal coronavirus sono i «vecchi» degli altri. In quel caso, tutto bene. Ma vorrei vedere se ad essere infettati fossero i parenti più stretti del club eutanasico; scommetto che molti di costoro rinsavirebbero di colpo, chiedendo scusa per le idiozie dette e pensate.

La terza dimenticanza del «tanto muoiono i vecchi» concerne la variabile tempo. Chi oggi rimarca l’età avanzata delle vittime del virus mica resta giovane in eterno: invecchierà a sua volta. Motivo per cui vale la pena chiedersi che razza di società andiamo costruendo se, pur di ridimensionare la gravità di un’epidemia, arriviamo ad auto-infettarci di disumanità. Il Paese dove anche gli anziani e gli ammalati sono curati al meglio è quello che abbiamo ereditato: quel che rischiamo di lasciare è una giungla dove, quando ne avremo bisogno, verremo liquidati con quattro parole: «Tanto muoiono i vecchi».

Giuliano Guzzo

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