Il pensiero dominante, che pure ama dichiararsi razionale, vive di miti. Di leggende metropolitane che prima o poi, inevitabilmente, vanno a schiantarsi con una realtà ben diversa. Una di queste favole contemporanee è quella secondo cui, legalizzando le cosiddette «droghe leggere» – un ossimoro, ovviamente –, il mercato nero e la criminalità organizzata arretrano o si danno ad altri affari. Balle, diceva già decenni or sono un certo Paolo Borsellino, che di crimine se ne intendeva. E balle, è costretto oggi a dire nientemeno che il Corriere della Sera che, in un articolo a firma di Massimo Gaggi, a partire dall’esperienza di ben 11 Stati americani del Canada, definisce la legalizzazione un vero e proprio «fallimento», con un mercato illegale prospero come se non più di prima. «Perché questo quadro fallimentare del mercato?».

Lasciamo la parola direttamente a Gaggi: «Tanto in Canada quanto negli Stati Uniti il principale fallimento riguarda quella che era stata la principale motivazione alla base della campagna per la legalizzazione: eliminare il mercato nero. Spazzare via un intero settore dell’economia criminale creando al tempo stesso un nuovo settore economico legale che produce lavoro ed entrate fiscali. Non è andata così: tanto in Canada quanto negli Usa la marijuana illegale continua a prevalere su quella che transita per i canali regolari. In sostanza il racket della droga si è dimostrato abile e reattivo nell’abbassare i costi del suo prodotto importato illegalmente» (23.11.2019). Chiaro? Legalizzare non uccide affatto le mafie. Ma non ditelo ai Saviano, ai radicali e ai tanti affezionati a questa favoletta, mi raccomando. Il Natale si avvicina si deve esser tutti più buoni.

Giuliano Guzzo