Beppe Grillo, Giuseppe Conte, Giorgio Gori. Sono almeno tre le figure di primo piano della politica italiana che, nel giro di poche ore, sono riuscite ad avviare un dibattito su un tema surreale: quello della possibile sottrazione del diritto di voto ai cittadini più anziani. Il primo a tirare il sasso nello stagno è stato il comico genovese, il quale ha affermato che «gli interessi degli anziani sembrano essere in contrasto con gli interessi delle giovani generazioni», mentre gli altri, a ruota, hanno rilanciato l’opportunità di studiare l’ipotesi, magari mediante dei sondaggi. Come dire: l’idea non è da rigettare a priori, valutiamo, pensiamoci.

In realtà, il proposito è semplicemente folle. Anzitutto perché inutile – sono i sondaggisti stessi infatti a dire che le preferenze elettorali per età «non variano, se non di poco» -, in secondo luogo perché iniquo – si toglie il diritto di decidere del proprio Paese a chi per esso ha lavorato una vita -, infine perché non considera che chi non è più giovane prima di essere vecchio è, di norma, saggio. Senza dimenticare il paradosso che vede Grillo, che ha superato i settanta, disegnare uno scenario che priverebbe lui per primo di una facoltà democratica fondamentale. Cosa emerge allora davvero da questo dibattito, lo si ripete, a dir poco lunare?

Una cosa: il fastidio progressista – termine che ormai ingloba anche la galassia pentastellata – verso l’elettorato. Ci si faccia caso: da anni un certo mondo culturale e politico non sopporta più gli italiani così come sono. Conseguentemente, propone ora di allargare il bacino elettorale (ius soli), ora di oligarchizzarlo (il voto solo ai laureati), di gretizzarlo (il voto anche ai sedicenni) e, adesso, di ringiovanirlo. Perché così com’è, appunto, l’elettorato non va. E non va per una ragione semplice, e cioè perché a meno di leggi elettorali che diano il potere a chi perde le elezioni, il centrosinistra – neppure apparentato coi 5 stelle – ha grandi possibilità di spuntarla. Così provano a correre ai ripari, questi italianofobi.

Giuliano Guzzo