«And by the way, I have to announce that we are pregnant». Sì, ha detto proprio così, Ricky Martin, nell’annunciare il quarto figlio comprato tramite maternità surrogata: «siamo incinti». Parole oggettivamente notevoli: non capita spesso di veder antropologia, biologia, etica e genetica fatte a brandelli così, tutte assieme. La cosa ulteriormente drammatica è che il cantante non ha detto queste cose a casa sua durante una serata ad elevato grado alcolico – per quanto certi deliri siano inarrivabili anche per i più devoti a Bacco – ma ritirando un premio ad una serata della Human Rights Campaign, la più grande associazione Lgbt d’America.

Quel «siamo incinti» è quindi una dichiarazione pubblica. Peccato che non si riesca a trovare uno straccio di giornale, da Usa Today a Huffington Post, che nel riportare la notizia faccia notare che Ricky Martin può dichiararsi «incinto» finché vuole, ma non lo è. Non lo è mai stato. Non lo potrà mai essere. Stop. Si dà infatti il caso che i figli – tutti – abbiano da qualche parte una mamma, e non c’è somma di denaro abbastanza grande, neppure se sei «il re del pop latino», per negare questa evidenza. Perché puoi comprare una madre surrogata, puoi comprarne tre o anche quattro, ma non potrai mai comprare quella cosa pericolosa e rivoluzionaria che ultimamente è diventata la realtà. Quindi – per stare in argomento caro al portoricano –  no Ricky, no Ricky, io non ci casco.

Giuliano Guzzo

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