Delle storie d’amore degli altri, si sa, è sconveniente occuparsi. Si rischia di passare per pettegoli o invidiosi dell’innamoramento altrui: in ogni caso, una figuraccia. Un pericolo che però vale la pena correre per quanto riguarda la cotta della nostra sinistra per Carola Rackete, la tedesca «Capitana» della Sea Watch, perché è una cotta che va molto al di là dell’antisalvinismo e del suo «forzare il blocco» (perché usare tre parole anziché l’essenziale e preciso «delinquere»?), essendo questa donna l’incarnazione dei disvalori della cultura dominante.

Infatti la Rackete considera l’essere bianchi e nati in Europa un peccato da espiare africanizzando il Continente, parla quattro lingue ma non quella del buon senso, ha frequentato tre università che però non le sono bastate per afferrare una verità da terza elementare, e cioè che l’immigrazione di massa non è una benedizione per l’umanità ma un business per l’umanitarismo, l’ultimo credo di un Occidente che, non trovando un vero senso alla vita, prova almeno a togliersi qualche presunto senso di colpa.

Quello che a qualcuno, stranamente, non è ancora chiaro è che, oltre a portare i migranti verso Lampedusa, questa Greta trentenne e rasta sta traghettando il Pd verso l’autodistruzione. Per un partito che anche alle ultime europee ha perso allegramente per strada 100.000 voti, non c’è infatti continuazione migliore – dopo aver salvato banche e sostenuto gay pride, dimenticando lavoratori e periferie – che mettersi a sostenere chi fa volontariato, grazie tante, con le coste degli altri. Ed è proprio quanto sta masochisticamente accadendo. Per cui ti prego, Carola, naviga, naviga ancora.

Giuliano Guzzo

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