A me piaceva poco sin dall’inizio, quando ha debuttato sul sito ufficiale di Buckingham Palace con quell’allucinante «sono fiera di essere una donna e di essere una femminista», senza che nessuno le abbia fatto notare la contraddizione: se sei femminista sei uoma, non certo donna. Anzi, che Meghan Markle fosse una pericolosa s’era capito già durante la celebrazione del matrimonio, con quell’irrituale impazienza («posso baciarti ora?») verso lo sposo, cartina di tornasole d’arrivismo sfrenato. Un’ulteriore conferma della gravità della situazione si poi è avuta con la notizia dell’allestimento di una cameretta gender neutral e vegana per il primo figlio della coppia, per il quale la duchessa del Sussex, a quanto pare, ha già in mente un signor indottrinamento.

Come se non bastasse, oggi la bella ma cattiva Markle se n’è uscita con un’altra delle sue: la volontà di ridurre i bianchi nelle università. Il fatto che su 14.205 professori maschi solo 90 siano di origine africana l’ha infatti lasciata senza parole: «Oh mio Dio, dobbiamo assolutamente cambiare la situazione». Eh, son problemi. Mica il fatto che in Gran Bretagna, per dire, se sei neonato e non proprio sanissimo rischi di essere fatto fuori, come possono confermare i genitori di Charlie Gard, Isaiah Haastrup e Alfie Evans. Macché. La vera urgenza è l’africanizzazione del mondo accademico. Che però effettivamente, su questo concordo, qualche pecca l’ha. Perché Henry vanta una formazione accademica di primo livello, eppure nessuno è riuscito a insegnargli cose fondamentali. Tipo mogli e buoi dei paesi tuoi.

Giuliano Guzzo