Battersi per Asia Noreen Bibi, la cattolica pakistana che per un’accusa di blasfemia si è già fatta oltre 3.400 giorni di prigione, non porta bene: il governatore del Punjab, Salmaan Taseer (1944-2011), contrario alla legge in forza della quale la contadina rischia la vita, è stato eliminato da una sua guardia del corpo al soldo dei Talebani, e non è andata meglio Ministro per le Minoranze religiose, il cattolico Shahbaz Bhatti (1968-2011), assassinato pure lui da estremisti islamici. Sarà per questo che, dopo essere stata assolta la scorsa settimana, la donna è ancora impossibilitata all’espatrio e in pericolo – dopo le proteste dei gruppi radicali islamici, sono state presentate alla Corte Suprema ben due istanze per la revisione del verdetto – ma a nessuno, nell’Occidente dei diritti umani, sembra fregare nulla.

O forse risulta che all’Onu si stiano facendo in quattro per Asia Bibi? O che il Ministro degli esteri Ue, la cara Mogherini, abbia alzato la voce? O che le Bonino, le Boldrini, le Murgia e tutto il carrozzone femministoide si sia fatto sentire? Macché. Silenzio tombale. Manco non dico una conferenza stampa, non dico un comunicato, ma neppure un banalissimo e telegrafico tweet: zero. Non un sospiro. Anzi, peggio se si pensa che Saif ul-Malook, l’avvocato che ha difeso la donna e che è dovuto fuggire dal Pakistan perché vogliono fargli la pelle (quelli della «religione di pace», ovvio), nelle scorse ore ha avuto da assai da ridire per com’è stato “accolto” nel nostro Paese: «Io musulmano mi sono battuto per una cattolica, ma non metterò più piede in Italia: a Roma mi sono sentito accolto come un terrorista».

Sbagliato, avvocato, perché se era un terrorista qualche filantropo disposto a spacciarla per migrante economico o addirittura per “resistente” alle malefatte occidentali, vere o presunte non conta, lo avrebbe trovato: si fidi, perché lei fugge da un mondo violento, ma questo è quello alla rovescia e non è ben chiaro, poi, cosa sia peggio. Morale della favola, abbiamo una donna, peraltro madre di cinque figli, che pur da innocente continua a rischiare la vita e il mondo tace, o quasi. Per lei, infatti, non ci sono Ong, digiuni davanti alle telecamere in piazza San Pietro, magliette rosse né gialle o blu ma solo – lo ripetiamo – silenzio. Un silenzio rotto appena dal crepitio delle tastiere di pc e smartphone di quanti, sui social, proprio non si capacitano di uno scenario che ha dell’assurdo. Eppure le cose stanno così: Asia Bibi se la vede brutta, ai suoi non resta che pregare, ma noi qui tutto a posto.

Giuliano Guzzo