Bevo Uliveto, prediligo Uliveto e continuerò a berne, come e più di prima. Perché mi piace e per solidarietà dopo che, quella che è a tutti gli effetti una svista – una pubblicità sui principali quotidiani per omaggiare le azzurre del volley realizzata però con una foto d’archivio, senza le atlete di colore protagoniste dell’argento mondiale -, è stata subito condannata dall’Inquisizione twittarola quale epurazione razzista. Certo, la gaffe c’è: inutile negarlo. Ma non perché le pallavoliste di colore siano state censurate bensì, appunto, per l’utilizzo di un’immagine di repertorio anziché una recente. Stop. Il razzismo c’entra zero.
Il fatto però che simile errore sia stato immediatamente considerato orrore conferma come l’antirazzismo politico sia ormai degenerato in antirazzismo patologico, e come il multiculturalismo – al massimo caratteristica sociale – si sia evoluto a comandamento morale, anzi a dogma i cui infedeli sono chiamati al pubblico pentimento. Fortunatamente, nelle parole del Direttore marketing del gruppo Uliveto-Rocchetta, subito raggiunto dalla stampa, non ho trovato l’istantanea genuflessione di chi, spaventato, chiede scusa a prescindere promettendo d’espiare la propria colpa. Bene così. Perché bevo Uliveto, prediligo Uliveto e continuerò a berne. A garganella.