La Svezia vota e, sottolineano allarmate numerose fonti, «l’Europa trema». Per la verità l’Europa trema da un pezzo, ultimamente, ad urne aperte. Il pericolo è infatti stavolta incarnato da Jimmie Akesson, trentanovenne reo di sovranismo (ahia, colpa gravissima), di non stravedere per l’invasione del suo Paese contrabbandata per accoglienza e di essere politicamente in ascesa, ma la formula mediatica e politica per raccontare il “grande incubo” delle elezioni, in questo caso svedesi appunto, – fateci caso – è sempre lo stesso: quello dell’«ultradestra».
Un termine, «ultradestra», puntualmente ventilato con manifeste finalità terroristiche: oddio, rischia di vincere l’«ultradestra» – dovremmo pensare -, prepariamoci alla riapertura dei lager, al Grande Diluvio o come minimo ad una nuova carestia, tutti giù nel bunker antiatomico. Specifico che so poco di Akesson, del quale non voglio tessere alcun elogio, ma in compenso temo di sapere molto di un establishment vigliacco, che ad ogni elezione se la fa nei pantaloni. Tanto che tutti hanno compreso, ormai, come agli occhi di alcuni il pericolo non sia affatto Le Pen, Salvini e neppure Akesson, ma semplicemente il popolo.
Quel popolo che, maledizione, si ostina a pensarla diversamente e soprattutto a votare di conseguenza. Di qui l’eterno spauracchio dell’«ultradestra», agitato dai media al soldo dei noti poteri come presagio di chissà quale catastrofe. Peccato che, diversamente da quanto si pensa, le persone abbiano memoria e sappiano bene che, se l’Europa è politicamente deludente per non dire di peggio, non è certo a causa dei populisti – che al potere sono, dove lo sono, davvero da poco – né della famigerata «ultradestra» -, bensì di una categoria che stampa e televisione non nominano, ma della cui esistenza nessuno più dubita: gli ultra fetenti.