Selfie col papà morto, selfie dell’abisso. Sì, perché quello che ha spinto Jelica Ljubicic, modella serba, a scattarsi un selfie col padre morto, contornato di faccine tristi e didascalia d’ordinanza («Papà…riposa in pace»), non si può chiamare che così. Infatti, per quanto l’ondata di critiche e insulti ricevuti abbia indotto la giovane rimuovere il macabro autoscatto, già il fatto che un proposito simile sia venuto in mente è sconvolgente. Che sia stato messo in atto, poi, è cosa dell’altro mondo: significa che la tirannia dei «mi piace» e dei «follower» ha preso il sopravvento; che la voglia di essere sempre in scena, oggi, prevale perfino sul diritto di essere in lutto.
Certo, possiamo comunque rifugiarci, dinnanzi a fatti simili, nella convinzione che il delirio social della giovane, dopotutto, sia isolato. In effetti, probabilmente lo è. Sarebbe tuttavia sbagliato non vedere nell’episodio il segnale di una tendenza che, se oggi suscita indignazione, domani potrebbe pure diffondersi. Una tendenza che quindi va stroncata sul nascere ma senza demonizzare niente e nessuno, bensì recuperando i valori del buon senso, della riservatezza e – scusate il parolone – del pudore. Un lavoraccio, me ne rendo conto, ma al quale meglio non sottrarsi. Già il pensiero di dover morire, infatti, non è che metta tutta questa allegria; ma finire pure nel selfie di un congiunto rincoglionito, no grazie. Sarebbe troppo.
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