Avete presente quando vuoi parlare di un libro, perché lo trovi bellissimo, ma al tempo stesso preferiresti non farlo, perché sai bene che non riusciresti a trasmetterne appeno i contenuti e le emozioni, l’intensità e la ricchezza? Ecco, è proprio la situazione in cui mi trovo ora, scrivendo di Con la maglietta a rovescio (Porziuncola, 2018), di Anna Mazzitelli e Stefano Bataloni, per cui vi prego da subito di sorvolare sulla mia incapacità di rendere giustizia di questo libro speciale. Sì, perché speciale questo libro lo è davvero: è la storia Filippo Bataloni, un bambino che per sei anni ha combattuto la malattia, lottando insieme ai genitori – Anna e Stefano, appunto – e ai fratellini contro quello che è a tutti gli effetti un destino ingiusto. La morte.

Però, c’è un però. Ed è un signor però, nonché «l’unico protagonista di questa storia» (p.12): Gesù. Nel corso della storia, è sempre con Anna, Stefano e soprattutto Filippo. E nel libro viene ripetuto più volte, ma anche se non lo fosse sarebbe comunque stato evidente. Da cosa? Dal modo con cui una famiglia apparentemente qualunque ha attraversato sofferenze che non sono affatto da persone qualunque: senza mai cedere. «Eppure non ci arrendiamo, sostenuti, io credo – scrive a questo proposito Anna in quel che, alla fine, è un diario di dolore e speranza – da Qualcuno che non ci abbandona alla disperazione. La disperazione, nonostante tutto, è un sentimento che non ci ha mai sfiorato» (p.27). Ora, com’è possibile, se si toglie di mezzo Gesù, una considerazione del genere? Vi faccio risparmiare tempo dandovi subito la risposta: non lo è.

Sei anni dentro e fuori dagli ospedali, sei anni di terapie che ogni volta paiono risolutive ma poi non lo sono mai, sei anni di autentica odissea, e la disperazione è «sentimento che non ci ha mai sfiorato»? Ma sì, è chiaro che in questo libro e in questa storia c’è Gesù. Per forza. E con Gesù c’è naturalmente Filippo, che lotta, sogna e gioca a modo suo; per esempio immedesimandosi «negli animali che gli piacciono». Un gioco per il quale si infila le «magliette a rovescio, dentro-fuori. Lo fa con una certa maniacalità, tipicamente sua, e sostiene che non vuole vedere stampe sulla parte esterna della maglietta, perché se ci sono scritte o disegni non riesce a immedesimarsi bene negli animali che gli piacciono» (p.42). Ma passione di Filippo per le magliette a rovescio rinvia, se ci pensiamo, ad altro: la ricerca dell’essenziale. Le magliette a rovescio, infatti, non hanno scritte o disegni, ma le cuciture. Ciò che tiene insieme, che unisce.

Si dirà che un bambino non poteva fare pensieri simili. Forse. Di certo però Filippo Bataloni profondo e incline all’essenziale lo era, eccome. Lo dimostrano anzitutto le preghiere che quotidianamente, nell’ultima parte della sua vita, rivolgeva alle persone senza fede o ai bambini nelle pance delle mamme, pensiero che egli faceva pensando in particolare al fratellino Francesco, che era stato protagonista di una gravidanza a rischio. La profondità di Filippo e, direi, la sua forza, hanno poi lasciato testimonianza in Emma, la quale ha condiviso con lui l’esperienza della malattia e, in ospedale, ne è diventata la fidanzatina. Ebbene, nel libro si trova una commovente lettera con cui questa bambina spiega, «che ci crediate o no», di essere guarita grazie a Filippo, e che anche se ora le loro «strade si sono divise», lui per lei «ci sarà sempre» (p.133).

In Con la maglietta a rovescio, oltre a questo, si raccontano molte altre cose, molte altre storie nelle storie, dalle innumerevoli preghiere che hanno sostenuto Filippo e la sua famiglia in sei anni di battaglia al migliaio di persone presenti al suo funerale – che non è stato triste -, dall’umanità con cui i medici lo hanno seguito alla forza con cui egli ha affrontato il suo ultimo viaggio. E a questo punto, ci sarebbe ancora molto altro che vorrei dirvi su queste pagine, ma nessuno lo fa bene come Anna e Stefano che le  hanno scritte, perché nessuno, come loro, è stato testimone di questa storia in cui le cose finiscono bene anche se apparentemente finiscono male, in cui la Speranza esiste e – cosa ancor più straordinaria – resiste, anche sotto un temporale dopo il quale torna il sereno, e con una luce nuova. Per cui, cari Amici, buona lettura.

Giuliano Guzzo