Mi ci sono volute alcune ore, una volta appresa la notizia della sua morte, per riflettere lucidamente su ciò che Alfie Evans e la sua vicenda lasciano a noi che, dall’Italia e dal mondo, ne siamo stati spettatori appassionati, in fiduciosa attesa che tutto – anche se poi così non è stato – potesse risolversi al meglio. In estrema sintesi, direi che il piccolo bambino inglese, dal suo lettino, ha impartito e continua ad impartire almeno tre fondamentali lezioni.
La prima consiste nell’importanza del primato della famiglia. Anche se Tom e Kate hanno perso in tribunale le loro battaglie per portare Alfie in un ospedale diverso da quello di Liverpool, con il loro coraggio hanno infatti ribadito una verità fondamentale sul piano morale come su quello politico: i figli non sono dello Stato. E ogni volta che uno Stato agisce come se lo fossero, calpestando i diritti genitoriali, si tramuta in una tirannia. Perché la civiltà vive – o muore, letteralmente – in una culla.
La seconda lezione lasciataci da Alfie riguarda la forza della fraternità umana. I moltissimi che – a livello giornalistico, politico e spirituale – si sono mobilitati, hanno pregato e hanno sperato affinché il piccolo paziente dell’Alder Hey di Liverpool potesse essere tenuto in vita non erano parenti e neppure amici. Eppure, ciascuno, a suo modo, si è arruolato nell’«esercito di Alfie»; in un’epoca in cui tanti si battono per i diritti dell’ambiente, degli animali, o perché i propri personalissimi desideri diventino diritti, che degli uomini lottino per altri uomini non è banale.
La terza e forse più importante eredità di Alfie sta, infine, nella lezione della fragilità. Era in condizioni senza dubbio non semplici, eppure non solo ha lottato – respirando per giorni senza la ventilazione meccanica che per 15 mesi aveva avuto -, ma ha ricordato al mondo che nella sua fragilità c’era molta più umanità che altrove. Per questo, pensando a tutti coloro che, come giudici, medici o opinionisti, si sono pronunciati sulla «futilità» della vita fragile, viene il dubbio che adesso, in realtà, siano loro ad già essere morti, ed Alfie, Charlie ed Isaiah a essere ancora vivi.
Grazie Giuliano.
Ciao mi chiamo Andrea ho 48 anni ho tre figli di cui due piccolini una un anno in più di Alfie, me lo sono sentito come mio figlio era la forza dello Spirito Santo che mi faceva piangere per lui pregare per lui discutere con la gente per lui, arrabbiarmi per lui, adesso c’è un vuoto dentro di me, e la prima cosa che mi è venuta da pensare era il suo caro papà, la sua disperazione e provo questo tutti i momenti che ci penso e prego per lui per la sua mamma Perché un ragazzo di 21 anni un guerriero lottatore che andava contro tutto e tutti e ha fatto l’impossibile per salvare il suo gladiatore tanto amato , gli uomini non gliel’hanno concesso e questo è grave Al giorno d’oggi, non saprei come mi fossi comportato , voglio un mondo di bene a quella famiglia !!! Viva Tom e Kate viva Alfie, prega dal paradiso per me e la mia famiglia !!! Ti voglio bene arrivederci !!!
Bel commento, onesto e sincero! Grazie
Alfie ci ha dimostrato che un collegio di medici (avvallati da una discutibile normativa che pilatescamente scarica “unilateralmente” sugli stessi scelte delicate…) non può decidere calpestando i desiderata di una mamma e di un papà. Soprattutto se le alternative ci sono e non costano niente al demagogico sistema sanitario inglese.
In questo momento se un giudice anglosassone, con discutibile “retroterra” culturale…, non avesse ordinato di staccare la ventilazione assistita, il piccolo Alfie: 1) sarebbe vivo; 2) sarebbe sottoposto ad adeguate cure palliative; 3) sarebbe sotto osservazione medica votata a fare quanto umanamente possibile per il suo bene in attesa del “probabile al 99,999%” esito finale… Ma soprattutto avrebbe una ulteriore, pur se flebile, pur se esigua, pur se infinitesima… speranza del 0,001%.
Del resto se la medicina vuol far in modo che non esistano più “casi” come quello di Alfie deve pur affrontare, capire, approfondire, studiare queste terribili malattie degenerative… A meno che la “scienza medica” non serva ad altro o abbia altri scopi o altri fini, come potrebbero portare a pensare i comportamenti e le decisioni del collegio medico inglese.
Alfie Santo Subito!
Già lo è. Credo che dopo il suo eroico esempio, nulla sarà più come prima nel demagogico sistema sanitario inglese.
“i figli non sono dello Stato”: giustissimo. Ma neanche dei genitori; ricordiamo che nel caso di Eluana Englaro il padre ha insistito nel rivolgersi ripetutamente alle istituzioni al fine di ottenere l’autorizzazione a provocarne la morte, che poi è avvenuta con tortura essendo state tolte alimentazione e idratazione. Il governo di allora stava per emanare un decreto per impedire il fatto, ma è stato dissuaso tempestivamente dall’allora PdR napolitano (che Bergoglio ha definito “fra i grandi dell’italia di oggi” insieme alla Bonino).
Mi permetto Giuliano di lasciarti un link. Spero tu non me ne voglia, giudicandomi invadente. E’ solo condivisione. Bellissimo post. Grazie. Isabella
https://isabellascotti.wordpress.com/2018/05/05/futile-vita//