Le lacrime di Emma Bonino all’approvazione ieri, in Senato, del testamento biologico almeno erano sincere. La vecchia leader radicale, a differenza di tanti ingenui, sa difatti benissimo cosa significa l’approvazione delle DAT, le Disposizioni Anticipate di Trattamento: dall’eutanasia omissiva a quella attiva, e da quella attiva al suicidio assistito, e dal suicidio assistito per un male incurabile a quello per depressione o perché non ci si trova a proprio agio – che so – con tecnologie e email, come accaduto a un’insegnante britannica recatasi in Svizzera proprio per questo motivo, il passo è brevissimo (la notizia di quest’ultimo fatto la riportò Repubblica il 7 aprile 2014).

Ammesso e non concesso, quindi, che il biotestamento garantisca la libertà dell’individuo, non c’è proprio nulla – per chi abbia a cuore l’umanità – di cui rallegrarsi. Può invece rallegrarsi fino alla commozione il mondo radicale che non solo, tra aborto e adesso eutanasia, può ora meglio perseguire l’obbiettivo del «rientro dolce» della popolazione sulla Terra a 3 miliardi, ma dimostra di riuscire, pur intonando da decenni sempre lo stesso ipocrita ritornello dei diritti, a farsi prendere sul serio. Non chiedetemi come sia possibile, ma è così. Ragion per cui, fin quando non si capirà che tanti che oggi blaterano di libertà in realtà odiano l’uomo e lavorano per sua estintiva autodistruzione, temo vi sia davvero poco da ridere.

Giuliano Guzzo

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«Un libro che sfata le mitologie gender» (Radio Vaticana)

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