In casa cattolica continua, se ho capito bene, il tempo delle «aperture». Dopo quello delle persone con tendenze omosessuali, dei conviventi e dei divorziati risposati, il prossimo turno potrebbe infatti interessare – si mormora – quanti fanno uso di contraccettivi i quali, mediante una «rilettura» dell’Humanae Vitae di Paolo VI, potrebbero finire anch’essi nel caldo abbraccio del nuovo corso pastorale; in teoria, una «svolta del discernimento» che non tange la dottrina; in pratica, una teologizzazione del volemose bene.
Non azzardo né sentenzio, sia chiaro. Interpreto solo le parole di Luciano Moia, firma di Avvenire secondo cui, concluso lo studio in corso sulla coraggiosa e contestata enciclica di Montini, vi «saranno nuovi argomenti per rivalutare la questione». Tradotto: «aperture». Ma sì, «aperture». Ancora «aperture». Sempre «aperture». Il che, egoisticamente parlando, potrebbe essere anche una buona notizia per noi peccatori, ma temo lo sia meno per una Chiesa che pare dimentica di un fatto molto semplice, che è il seguente.
Nel momento in cui i cristiani ritengono che «aggiornare» la morale significhi avvicinare chi fa fatica a seguirla così com’è oggi, commettono un colossale errore strategico. L’evidenza non teologica ma sociologica, infatti, ci dice come le confessioni cristiane maggiormente «liberal» – si guardi soprattutto a quelle protestanti nordeuropee – perdono continuamente membri benché aperte a tematiche quali aborto volontario e unioni gay. Le «aperture», si potrebbe ironizzare, portano insomma parecchia ièlla.
Viceversa, quanti non solo non praticano «aperture», ma propongo, talvolta, una morale sessuale a tratti pure più rigida di quella cattolica – si pensi agli ambienti pentecostali o agli stessi Mormoni –, risultano in sorprendente crescita. Forse perché non di «aperture», ma di certezze autentiche ha bisogno l’uomo contemporaneo? O forse perché più si annacqua una proposta di vita, quale indubbiamente è quella cristiana, e più essa appare indistinta, perdendo di bellezza? Ricordiamoci, peraltro, che il problema della “rigidità” non è affatto nuovo.
Lo prova il Vangelo di Giovanni, che riferisce come «molti discepoli, dopo aver udito» quello che Gesù aveva predicato loro, rattristati «dissero:”Questo parlare è duro; chi può ascoltarlo?”» (Gv, 6:60). Sono le stesse lamentele, a ben vedere, che non pochi fedeli ed anche diversi non cattolici esprimono da tempo nei confronti dell’insegnamento morale della Chiesa, giudicato troppo esigente: «Chi può ascoltarlo?». Ma la parte maggiormente interessante non è questa.
La cosa bella è la replica a queste critiche, che non vide Gesù avviare un’autocritica «rilettura» della propria predicazione, né meditare una «svolta del discernimento» o istituire una commissione teologica lampo, bensì rispondere ai dodici con una domanda secca, che alcuni oggi giudicherebbero poco misericordiosa: «Non volete andarvene anche voi?» (Gv, 6:67). Chiaro? Gesù ha preferito mettere subito in conto di rimanere solo, anziché correggere – anche solo di una virgola – il suo «parlare duro». Una scelta all’insegna della coerenza, si dirà; sì, ma anche dell’intelligenza.
Infatti, se la proposta è un Cristianesimo esistenzialmente poco esigente, ridotto a filantropia, come biasimare quanti preferiranno vivere lontani da Dio ma col proposito di comportarsi onestamente? Del resto, se basta essere brave persone, chi mai si prenderà – eccettuato qualche trasgressivo – la briga di provare a essere un bravo cristiano? E’ questo che il partito delle «aperture», ignorando contemporaneamente sociologia e Vangelo (ma amando l’applausometro), non capisce. Senza dimenticare un’ultima, decisiva considerazione.
Un educatore che parlasse di deroghe, magari inventandosele, anziché di regole, fallirebbe in partenza. E’ come, a scuola guida, un istruttore – per fare il brillante – esordisse spiegando che, se anche uno supera i limiti di velocità, sfreccia col rosso e guida dopo aver bevuto, non è detto che si faccia del male e non si diverta; passerebbe come un istruttore simpatico e, oltretutto, direbbe pure cose vere. Ma è certo che i suoi allievi incorrerebbero, più di altri, in incidenti gravi. Viceversa, un buon istruttore metterà al volante solo gente responsabile, coscienziosa e ben formata.
Proprio come Gesù, che non ci vuole sulla retta via fino al ritiro della patente per raggiunti limiti di età, ma per l’eternità. Non, dunque, per salvaguardare la reputazione della Sua “scuola guida”, ma perché ci ama e, amandoci, desidera il meglio per noi. Conseguentemente, una Chiesa che perdesse di vista tutto questo, finirebbe non solo – per le ragioni che si sono dette – per rimanere con sempre meno fedeli, ma pure per tradire sé stessa e per cessare la propria missione anche sul versante educativo. Il tutto, parliamoci chiaro, per una manciata di applausi e di prime pagine sulla grande stampa. Ne vale davvero la pena?
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Sono insegnante del Metodo dell’Ovulazione Billings e devo dire che il processo è in atto da tempo. Dopo anni di incontri con i fidanzati (sempre molto apprezzati secondo i questionari di valutazione finale) da circa tre anni mi hanno estromessa per volere della pastorale familiare diocesana. So che adesso hanno qualche difficoltà avendo a che fare con adulti fatti e finiti … Ho deciso di non oppormi perché so che sarebbe stato inutile. Vado dove ancora hanno il coraggio di proporre le tematiche inerenti alla sessualità anche se i “nostri” sono convinti che siamo puri spiriti … una certa visione circa la dualità corpo e anima non è mai del tutto scomparsa. Resistiamo. Elena Andreotti
Volendo davvero leggere il Vangelo possiamo osservare che gli scontri che Gesù ha avuto, gli abbandoni, le mormorazioni avvenivano quando manifestava la sua identità: l’essere come Dio. In Gv 6 non è a tema la questione morale bensì l’Io sono. In Lc 19 tutti mormoravano perché era entrato in casa di un peccatore, Zaccheo. Quando Dio entra a contatto con la carne, con il peccato, con il disordine, ecco che scatta facilmente il giudizio, la mormorazioni, l’abbandono. In fondo Dio se ne stava tanto bene lassù nel Cielo, dove non gli mancava niente. E invece è sceso perché mancavo io. Gesù rivela la sua identità di misericordia e di rigenerazione. Cancella la colpa e fa nuove tutte le cose. Il suo abbraccio santificante ha bisogno di peccato da riconoscere e confessare: non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati. Se partiamo da una lettura del Vangelo per cui le aperture sono diaboliche, è facile rimanere nei panni del fariseo al tempio. Se facciamo il passo di scendere dal primo posto e aperti accogliamo l’apertura di Quel Dio che le sue braccia le ha aperte, spalancate, ha spiegato la potenza del suo braccio sulla Croce, allora forse osserviamo che la salvezza si è fermata a casa mia. In questo articolo, Giuliano non ho trovato un grammo di senso evangelico a riguardo dell’apertura. Continui a pregare per me perché ho bisogno di essere più aperto a Colui che ha spiegato la potenza del suo braccio e ha spalancato il Cielo per far scendere la Divina Misericordia.
Caro Gabriele,
Innanzitutto complimenti per la pacatezza del tuo commento, che apprezzo in particolare per i riferimenti evangelici aggiunti.
In secondo luogo vorrei farti presente che le parole del Cristo secondo cui e’ venuto per i peccatori e non per i Santi dimentichi che la sua apertura e’ quella verso il peccatore, mai verso il peccato. Se fosse venuto per i peccatori per dire “va tutto bene, continuate a peccare” per cosa sarebbe venuto? Lo facevamo anche prima senza problemi. Come G, Guzzo ha citato (Gv, 6, 60-69) Cristo non faceva un passio in dietro sulla dottrina, neanche quando rischiava di perdere fedeli. Quando era troppo duro in genere perdeva i farisei, ma hai notato il perche’? I farisei (come molti oggi) confondono il peccato con il peccatore. La Chiesa ha il dovere di essere come Cristo: inflessibile contro il peccato (quasi feroce) ma amorevole ed accogliente con il peccatore (“Va’ e non peccare piu’….”). Proprio perche’ molti confondono peccato e peccatore fanno un grosso errore nell’interpretare il Vangelo. I farisei essendo (buon per loro) rigidi contro il peccato erano pero’ altrettanto rigidi con i peccatori, il mondo di oggi invece e’ troppo accogliente con il peccato e spaccia cio’ come accoglienza per il peccatore (a parte poche eccezioni in buona fede che credono realmente che accogliere il peccatore significhi accogliere il peccato che ha compiuto). Ottimo esempio sono i Santi, in particolare i confessori. Il burbero P. Pio era sempre duro con chi non si pentiva, ma allegro ed amichevole quando il peccatore pentito si accostava alla confessione con cuore sincero.
Mentre per i peccatori le porte della Chiesa devono restare aperte (in ingresso come in uscita) per il peccato non deve assolutamente esistere nessuna apertura, nessuna trattativa, nessun cedimento. Il peccato di per se deve essere bandito e condannato, senza se, senza ma.
Mi correggo, perdeva i farisei quando era piu’ morbido, non quando era duro, proprio per l’approccio dei farisei a peccato e peccatore. Il senso del discorso non cambia.
Non mi è venuto il pensiero che la misericordia possa giustificare il peccato. Chiedo scusa per l’incomprensione. Io sono la centesima pecorella che il Bel pastore ostinatamente cerca. Che lo sappia o no lo è anche lei, pena l’atteggiamento del fariseo al tempio. È così ostinato a cercarmi che si è svenato e si è lasciato inchiodare alla Croce. “Pietà di me, peccatore”: guardandolo mentre è sulla Croce, Egli ha sete del mio sguardo verso di Lui. Prendiamo l’incontro tra Nostro Signore e la donna samaritana: quello che è più difficile di tutto è credere davvero che Dio mi possa amare. Noi che ci conosciamo e sappiamo di non meritare nemmeno l’amore di una creatura. E Dio mi ama, sceglie me, è Dio ad attenderlo al pozzo, a mezzogiorno, col caldo. È solo e non aspetta che me. Non è apertura questa?
E siccome questo che è difficile credere, è preferibile credere che nel farsi belli si possa attirare lo sguardo di Dio. Ma Dio non guarda la nostra bellezza artefatta, bensì è tutto proteso a che il nostro sguardo si lasci abbracciare dalla sua Bellezza.
Gabriele la Grazia viene in soccorso del peccatore per riavvicinarlo a Dio. Non viene a giustificare o legalizzare il vivere in peccato.
Il padre era sulla porta che già aspettava suo figlio. La Grazia viene prima. Poi io la riconosco e la accolgo, ma la misericordia c’è già…
Il padre era sulla porta che già aspettava suo figlio. La Grazia viene prima. Poi io la riconosco e la accolgo, ma la misericordia c’è già…
Sembra quasi che questa strana chiesa del tempo presente, visto che la Grazia non soccorre prontamente, non sentendosi in grado di “liberare” nessuno dal peccato, abbia deciso di cedere davanti a qualsiasi prassi risulti:
1 – largamente diffusa
2 – politicamente libertaria.
Insomma, piuttosto che continuare a “perdonare” settantavoltesette su questioni che il mondo ha da tempo risolto, meglio decidere che quel tal comportamento non è più peccato in senso stretto.
Così si risolve anche l’annosa questione della crisi del sacramento della riconciliazione, tant’è che domenica scorsa, al termine della sua omelia, un ottimo sacerdote del duomo della mia città (abito a Mestre), ironicamente – e malinconicamente – diceva “…se noi preti dovessimo essere pagati per quanto confessiamo, moriremmo tutti di fame”. Tutti annuivano…
Gesù è l’Agnello di Dio che prende su di sé e toglie il peccato. Mi colpisce come Gesù per annunciare il regno di Dio scelga un’imbarcazione che sta sulle riva, vuota di pesci. Sale sulla barca dei miei fallimenti, da cui io scendo amareggiato e deluso e lui non mi molla, mi rimane fedele sempre, anche in mezzo alla mia fragilità. Davvero prende su di sé me così come sono, davvero si ferma a casa mia e la abita, nel peccato che ho e se io lo lascio entrare Lui prende su di sé il peccato e santifica. Se io lo faccio entrare, Lui mi chiama a gettare ancora le mie reti, non più a partire dai miei progetti ma a partire dalla sua volontà, perché io sia finalmente consapevole di appartenere al suo abbraccio. Un abbraccio che è arrivato fino alla Croce.
Certo che Dio mi ama per come sono, nel senso però di “come mi ha creato” non per come desidero essere io.
Il peccato non è tanto una caduta quanto un’imboccare qualche facile scorciatoia che in realtà porta lontani da Cristo. Cristo (e con Lui la Chiesa) non cambia direzione, resta fedele e mi cerca ma non fa sconti, mi aspetta sulla soglia e mi corre incontro ma non mi insegue!
Il peccato è come schiaffeggiare il Signore, approfittare della Sua bontà ma sentirsi più furbi e ridere di Lui; è chiudere la porta a quel Gesù che viene a toglierci il veleno dolciastro di Satana col quale stiamo lentamente suicidandoci.
Facendo entrare il Salvatore nella nostra oscura dimora, nella nostra vita di peccato, una luce si accende e non riusciamo più a vivere come prima senza provare un senso di vomito.
Sappiamo certamente di poter fidare nella salvezza non per qualche merito nostro, ma per il Corpo e il Sangue offerti in sacrificio per noi da Gesù Cristo, il Figlio di Dio; se però, invece di rinunciare al male supplicando ogni volta il Padre di essere perdonati, cerchiamo scuse (con la compiacenza oggi di questa nostra povera Chiesa) per continuare a sguazzare senza sensi di colpa nel fango, allora stiamo lavorando nella vigna di un altro padrone, e il Padre che tanto ci ama aspetterà invano.
Il “baricentro etico” della società a modificare gli insegnamenti e l’eredità di Gesù… giriamola come si vuole ma questo é il risultato.
Mi chiedo cosa resti (tra poco) di “assoluto” nel ricercare la fede e nel cercare di vivere cristianamente la vita.
Antonio Spinola, che Cristo non mi insegue non so… Mi sta inseguendo adesso: è o non è il Buon Pastore che lascia le 99 pecore per cercare me, centesima pecorella? Le studia tutte per riportarmi nel suo abbraccio, per riportare me nelle sue vie che non sono le mie vie. Le sta studiando tutte, si sveglia un’ora prima del mio mal di pancia, della mia allergia al fratello, del mio ergermi giudice verso la compiacenza della Chiesa di oggi, del mio non ascoltare la voce dello Spirito Santo, della mia riluttanza al fatto che ci sono pubblicani che ora mi stanno prevedendo… Grazie a Dio Dio le sta studiando così tutte che accetta di non scendere dalla Croce per riprendermi ancora una volta dal mio peccato, per riavvicinarmi al suo disegno, a quella comunione con il Padre che Lui ha pagato con il sangue. Grazie a Dio la salvezza si sta fermando a casa mia, centesima pecorella, sebbene ci sia, che si ritiene di essere tra le 99, che dice che no, non si può fermare qui a casa mia, che è meglio che si fermi più in là…