Tutta la stima, il rispetto e anche la familiarità che ho con diverse firme e collaboratori del quotidiano Avvenire non bastano, purtroppo, a frenare la mia incredulità per il recente spot – a tutta (prima) pagina – del quotidiano della Cei in favore dello Ius soli. Se da un lato, infatti, non è un mistero che il direttore del giornale e buona parte del clero italiano siano oggi a favore di una svolta del nostro ordinamento in materia di cittadinanza, dall’altro mi chiedo se una presa di posizione tanto plateale, che fa quasi apparire la Repubblica una testata equilibrata, non rischi di rispondere a una finalità più partitica che cristiana.

Il punto qui in discussione, infatti, non è tanto il diritto della Chiesa o dei cristiani di esprimersi – ci mancherebbe -, quanto il sistematico appiattimento di settori importanti del mondo cattolico italiano sull’agenda di un partito, il Pd, verosimilmente visto come il miglior antidoto all’ascesa politica della Lega o del M5S. Lo ha dimostrato, ieri, un’opposizione alle unioni civili, rispetto ai tempi dei Dico che fecero naufragare l’esecutivo di Romano Prodi, assai soft, e lo dimostra, oggi, un tifo da stadio per lo Ius soli, quasi che opporsi a detto provvedimento sia antievangelico quando, in 2000 anni di Cristianesimo, non c’è apostolo, santo o beato che si sia manco soffermato sulla questione.

E’ vero che i flussi migratori attuali sono un fenomeno epocale (anche se non ingovernabile, come per ragioni di comodo molti lasciano intendere), ed è altresì innegabile come la Cei, sotto la guida, pardon segreteria, di monsignor Galantino, abbia assunto da tempo una linea, sul tema dell’immigrazione, più attenta e sensibile. Viene tuttavia da chiedersi se sia opportuno che un atteggiamento di maggior apertura all’accoglienza dei richiedenti asilo – che mai richiama rischi e limiti di un’integrazione che non può essere illimitata, e che è del tutto arbitrario supporre i cosiddetti migranti non vedano l’ora di sperimentare –, sfoci in un supporto entusiasta a un’iniziativa politica come lo Ius soli.

Come sarebbe bello vedere, in queste settimane, una prima pagina – intera – del quotidiano della Cei a favore del diritto alla vita dei figli (anche stranieri) abortiti a migliaia ogni anno, di quello dei bambini di avere un padre e una madre, e dei malati di non essere liquidati con l’eutanasia! Tutti temi, sia chiaro, che Avvenire affronta e spesso con coraggio, ma ai quali non è viene riservata, almeno ultimamente, l’attenzione che oggi tocca allo Ius soli. Il che è drammaticamente indicativo di quanto sto cercando di sottolineare, ossia un appiattimento di un importante quotidiano cattolico sulla linea di un partito che si è adoperato come nessuno per sfasciare la famiglia e umiliare, ridicolizzandolo, il diritto naturale.

Per la cronaca, chi scrive leggeva Avvenire già ai tempi dell’università, portandolo sotto il braccio fin dentro l’aula, tra lo stupore e lo sconcerto dei compagni di corso (sociologia a Trento non è esattamente facoltà, per usare un eufemismo, che odori di cattolicesimo). Anche se scrivo per un altro quotidiano, ritengo quindi di avere tutto il titolo di esprimere amarezza per la sempre più marcata svolta editoriale di una testata dal passato glorioso e dalle firme, a tutt’oggi, validissime, ma che da tempo riserva al tema dell’immigrazione una centralità quasi ossessiva, dando, non solo al sottoscritto, una triste impressione filogovernativa e quella, ancora più avvilente, che ciò possa celare una contropartita.

Giuliano Guzzo

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