Il poliziotto è sempre cattivo, lo stato pure, mentre il migrante – a priori – è sempre buono, anzi totalmente innocente; di più: quasi in odore di santità. Ripeterlo dieci, cento, mille volte. Non è possibile, altrimenti, comprendere la narrazione progressista sugli scontri avvenuti giovedì in piazza Indipendenza, a Roma, a seguito dello sgombero di un centinaio di migranti, lì accampati dopo che sabato scorso erano stati allontanati dal palazzo di via Curtatone. Senza dire (o fingendo di non sapere) che a tale iniziativa si è giunti dopo che gli occupanti l’immobile (dal 2013) erano rimasti indifferenti, nell’ordine, a due solleciti, a un tentativo – rifiutato – di censimento interno e, da ultimo, a una sistemazione alloggiativa offerta dal Comune, rifiutata anch’essa.

No, tutto questo non è stato spiegato o lo è stato sì, ma a malapena, preferendo dare spazio alla forza delle immagini. O delle registrazioni, come quella del funzionario di polizia, il quale avrebbe incitato – come riferiva un telegiornale nazionale poco fa – «a spezzare le braccia ai migranti». In realtà, la pur censurabile e violenta frase era leggermente diversa («se tirano qualcosa, spaccategli un braccio») ed è soprattutto discutibile l’indignarsi su di essa senza tenere conto del contesto in cui è stata detta, ossia un’azione delicatissima, per la cronaca svoltasi non solo senza braccia spezzate ma, fortunatamente, con pochissimi feriti. Certo, gli scontri non sono purtroppo mancati ma, ancora una volta, la narrazione è stata unilaterale.

Lo dimostra pure una notizia così presentata dall’Ansa: «Migranti, nigeriano ferito da un colpo esploso da un agente». Ora, da un titolo così, viene naturale pensare, più che a un membro delle forze dell’ordine, a un killer in divisa. La realtà è che l’uomo ferito brandiva un coltello, stava entrando in una casa non sua, dove vive un padre con la figlia di 10 anni, e aveva già ferito un carabiniere: tutti “dettagli” che, converrete, mettono l’accaduto sotto una prospettiva un tantino diversa. Prospettiva da dimenticare così come da rimuovere è un altro fatterello tale per cui, se da una parte un centinaio di persone occupava abusivamente un immobile a pochi passi dalla stazione termini, dall’altra di altri, in condizioni non più fortunate, non si interessa nessuno.

Stiamo parlando di circa 20.000 famiglie da anni in graduatoria, a Roma, per le case popolari (Ater), costrettte in auto o in dormitori di fortuna. Famiglie che non tirano bombole di gas e non occupano abusivamente nulla. Per loro, nessuna telecamera, nessuna indignazione, nessun politico pronto a rilasciare dichiarazioni di solidarietà. Costoro possono aspettare, che problema c’è? Unica nota positiva, in questi fatti drammatici e in una narrazione a dir poco tendenziosa, è lo scatto – divenuto presto virale – di un poliziotto che accarezza una donna eritrea. Ohibò, allora pure quei fascisti degli agenti di polizia hanno un cuore. Ma che non si sappia troppo in giro, eh, mi raccomando: perché i cattivi, anche se chiamati a eseguire una sentenza di Tribunale del 2015, sono sempre e solo loro.

Giuliano Guzzo

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