E’ vero: i riflettori sulla vicenda di Charlie Gard sono ininterrottamente accesi da giorni e non si sono mai spenti. Quindi c’è, se si vuole, un «accanimento mediatico» – come infelicemente scritto da qualcuno, – su questa storia. Così come c’è un «accanimento politico» – si pensi all’intervento di Donald Trump – e un «accanimento orante», quello di migliaia di persone che da qualche settimana indirizzano milioni di preghiere al Great Ormond Street Hospital affinché non esegua la sentenza di morte sul piccolo. Ebbene, benedetti tutti gli «accanimenti» su Charlie. Sì, benedetti.
Anzitutto perché detti «accanimenti» non includono – come esperti di bioetica hanno spiegato chiaramente – l’accanimento terapeutico. E poi perché è grazie a tutto questo se, nella giornata di ieri, è arrivata la notizia che l’ospedale dove il bambino è ricoverato ha chiesto una nuova udienza all’Alta Corte. Ufficialmente tale atto è stato formulato «alla luce delle affermazioni di nuove evidenze correlate a una potenziale terapia» (il riferimento è al protocollo di cura predisposto da un gruppo di medici italiani, statunitensi e spagnoli inviato al Gosh dall’ospedale Bambin Gesù), ma è palese come tutto ciò sia dovuto, anche se non soprattutto, ai summenzionati «accanimenti».
Il primo dei quali, è doveroso ricordarlo, è quello di Connie Yates e Chris Gard due leoni più che due genitori, capaci di lottare senza tregua per difendere il loro cucciolo da chi si è incredibilmente arrogato il diritto di decidere sia per loro sia per lui, all’insegna di una tirannia al cui confronto il deprecato paternalismo medico è niente. Le sentenze avverse, l’irremovibilità dei medici britannici, l’opinione pubblica divisa, i brontolii di qualche radicale che di «accanimento mediatico» ha campato, non hanno spaventato questa madre e questo padre, che si sono così rivelati i primi condottieri di tutti gli altri «accanimenti» mettendovi il proprio: quello del cuore.
Gli inglesi legati al destino di Charlie si sono così sentiti accerchiati. E questo grazie alla battaglia anzitutto di civiltà che gente cristiana e di buona volontà ha ingaggiato contro il Moloch eutanasico, che non vuole cure se non c’è guarigione e rifiuta la vita umana laddove non vi siano produttività e prestanza. Quindi, anche se non si può ancora dire, purtroppo, che il piccolo inglese sia salvo, mille grazie agli «accanimenti», che scompaginano i piani di morte facendo albeggiare una speranza in realtà non solo europea, ma universale. Quello che strenuamente si mobilita per salvare un bambino malato, è ancora un mondo che merita di essere salvato.
*****
«Un passo gigantesco oltre la sociologia» (Tempi)
«Bellissimo libro» (Silvana de Mari, medico e scrittrice)
«Un libro che sfata le mitologie gender» (Radio Vaticana)
«Un’opera di cui ho apprezzato molto l’ironia» (S.E. Mons. Luigi Negri)
«Un lavoro di qualità scientifica eccellente» (Renzo Puccetti, docente di bioetica)
Ordinalo in libreria oppure acquistalo subito su Amazon
Che Dio, vegli su loro ed infonda ai genitori tanta forza…
Quando questa mattina ho letto la notizia, dentro di me ho ringraziato Dio per questo sprazzo di pietà, per questo barlume di lucidità che sembra avere permesso ai medici londinesi di prendere coscienza che dove c’è anche una minima speranza non si può volontariamente tagliare quell’esile filo. Allora non tutto è perduto: non solo per questo bimbo e la sua straordinaria famiglia, ma per tutti noi.
Ancora però non riesco ad essere felice e tranquillo. Non so cosa decideranno i giudici e nemmeno come i medici abbiano posto la questione ai giudici stessi. L’esistenza di un esile filo di speranza basterà ai giudici per decidere di tornare sui propri passi, ammettere (come i medici, indirettamente, stanno facendo) che hanno sbagliato?
Ora più che mai dobbiamo tutti pregare. Siamo solo all’inizio. Dobbiamo pregare perchè i giudici decidano di concedere questa speranza a Charlie e alla sua famiglia; perchè i medici inglesi mettano il bimbo nelle migliori condizioni possibili per poter giungere fino all’Ospedale Bambino Gesù a Roma, preso, prestissimo; perchè il bimbo possa arrivare a Roma ed iniziare il trattamento che, ancorchè sperimentale, sembra essere promettente; perchè in effetti il trattamento porti a dei risultati positivi che permettano a Charlie e alla sua famiglia di vivere una vita, o almeno un pezzo di vita serena, senza sofferenze, così da dare una speranza anche a tutti gli altri bimbi che nasceranno con questa terribile e gravissima malattia; perchè i medici e gli infermieri che a Roma o in qualsiasi altra parte del mondo si occuperanno di questo bimbo tengano a mente che devono dimostrare nulla a nessuno, ma solo trattare questa piccola vita, con tutto il suo carico di sofferenze e speranze, con il massimo del rispetto, senza alcun inutile accanimento.
Abbiamo appena iniziato a pregare, amici.
I casi sono fondamentalmente 2: 1) l’esito del trattamento sperimentale darà esito negativo (come molto probabilmente succederà); 2) l’esito del trattamento sperimentale darà esito in qualche modo positivo (fino ad ad allungare la vita del bambino di qualche tempo o anche di molto tempo) probabilmente senza ottenere però una piena soluzione all’odiosa patologia che affligge il bambino.
In ambedue i casi i “passacarte” medici del Great Ormond Street Hospital, buona parte della stampa britannica e soprattutto i signori giudici inglesi ed europei (banali macchinette nell’applicare una assurda, folle e mortifera normativa) avranno buon gioco a riprendersi la scena ed il “potere” con l’immancabile “l’avevamo detto…”.
Dimenticandosi nuovamente che l’esecuzione del bambino prevista per il 30/6/2017, non sarebbe stata una “scelta” ma una “decisione” (non prevedendo cioé che un solo scontato risultato…). Ma le decisioni non sono eticamente accettabili solo se oggettivamente suffragabili? E l’oggettività allo stato attuale é garantita dalla scienza medica al 100%?
Se poi dovesse accadere la terza ipotesi (il “miracolo” della completa guarigione) avremmo l’ennesima riprova che la scienza non deve mai mollare e l’umanità credente mantenere sempre salda la fede. Quanto alla parte di umanità atea ed agnostica (maggioranza assoluta) rimarrebbe l’ennesima frasetta interlocutoria circa “evento non prevedibile ed inspiegabile allo stato attuale della conoscenza medica”; evento estremamente raro ma comunque tale, dal “loro” punto di vista, da giustificare in ogni caso la cultura dello scarto che impera nella moderna e (in)civile società. Posizione tanto banale quanto incapace di prendere atto che, in realtà, di semplice e puro egoismo “collettivo” trattasi.