La sola cosa spassosa, in questo continuo teatro dell’assurdo chiamato politicamente corretto, è che ogni giorno ne viene fuori una nuova. Sul serio. Non fai neppure a tempo a riprenderti da una trovata allucinante che subito, a getto continuo, le cronache te ne servono di nuove, in uno stordimento incessante contro il quale – per riprendere un tema caldo – non c’è vaccino, eccettuata chiaramente l’opzione eremitica. Ieri per esempio è stato il turno di uno scatto destinato, a suo modo, a passare alla storia: quello delle «first lady» del vertice Nato, tenutosi a Bruxelles.
Vi si riconoscono la regina Mathilde del Belgio, Ingrid Schulerud, moglie del segretario generale della Nato Stoltenberg, Amelie Derbaudrenghien, sposa del primo ministro belga, Emina Gulbaran Erdogan, first lady turca, la compagna del presidente bulgaro Desislava Radeva, Brigitte Macron, first lady di Francia – ma soprattutto faro dei radical chic che, orfani di Michelle Obama, hanno trovato in lei una nuova «icona di stile» (non chiedetemi di che razza di stile, però) – e Melania Trump, di gran lunga la più bella e, proprio per questo, la più criticata. Tutto qui.
Ah, no, aspettate un attimo, nello scatto, in alto a destra, si vede un uomo: è Gauthier Destenay, “marito” del premier del Lussemburgo Xavier Bettel. Ma che diamine ci fa costui là in mezzo? Da “marito”, come per magia, è per caso divenuto “moglie”? Me lo sono chiesto cercando una soluzione al piccolo enigma, subito trovata – indovinate un po’ – su Repubblica, dove si fa presente come nella foto, in realtà, non trattasi di «first lady», bensì di «first partner». D’ora in poi andranno chiamate, anzi chimat* così. Altrimenti correte il rischio di passare per bigotti, fossili, mostri antidiluviani. Perché la tolleranza non è che sia molta, ultimamente, per gli affezionati alla realtà.
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Ridiamo che è meglio. Altrimenti mi deprimo. Buon weekend. Isabella
L’uso dell’espressione chiamat* sta diventando comune. E siamo ancora in Italia, dove certe assurdita’ sono stemperate dalla nostra tradizione. In altri Paesi, a non rispettare certe lunatiche regole capita che ci si veda distrutta la propria azienda
Da onesto e bravo giornalista quale é, dott. Guzzo, scherzosamente scrive che l’alternativa é “l’opzione eremitica”. Da comune membro del popolo (popolo che qualora “scomodo” viene caratterizzato dall’aggettivo “bigotto” e quando fa “comodo” al giornalista liberal di turno viene ricordato come fonte e garante del patto sociale che ci tiene uniti) posso ricordare che esiste la normalità, sia in senso culturale che in senso statistico. Normalità che di queste trovate da “snussatore d’angoli” per garantirsi il quieto vivere oltre che l’immancabile pagnotta, resterà molto più a lungo e sicuramente oltre il “primo/a compagno/a” e oltre ridicole terminologie destinate a far passare per normale ciò che nomale non potrà mai essere (in senso esclusivamente statistico ovviamente… altrimenti ricominciano i frignamenti).