Bugie, guerra e dittature fanno rima, da sempre. Si pensi al massacro di Katyn per anni imputato ai tedeschi (in realtà opera dei russi), oppure ai 60.000 morti di Timisoara (denunciato dai media di tutto il mondo, fece cadere Ceausescu, ma in realtà non è mai avvenuto), alle armi chimiche di Saddam (mai trovate). Non è un caso che uno storico Marc Bloch (1886-1944), ben prima che esplodesse il caso delle fake news, già osservasse che «le notizie false, in tutta la molteplicità delle loro forme, hanno riempito la vita dell’umanità».

Perché dico questo? Perché nelle scorse ore, in Siria, vi sono purtroppo stati davvero quasi 90 morti – di cui molti bambini -, ma l’attacco col gas (di che tipo, poi?) di Assad è tutto fuorché provato. Ieri, per dire, avanzava dubbi perfino Huffingtonpost, non so se mi spiego. Prima quindi di assistere ad una nuova guerra internazionale per poi sentirci dire, magari tra anni, che quella volta nacque tutto da una bufala, dovremo pensarci bene.

Dopotutto, se le guerre nascondo spesso dalle bugie, è perché molti ci credono. Ora qui non si tratta, sia chiaro, di convincersi che la Siria sia nelle mani di uno stinco di santo, ma di chiedersi chi abbia interesse, nel commentare una tragedia, a spacciare una possibile ricostruzione – com’è stato fatto – per irrefutabile certezza, rullando subito i tamburi di guerra. Vedete, sono molti i modi di leggere la realtà e i giochi di potere che la innervano, ma ve n’è uno pressoché infallibile: seguire le orme dei bugiardi.

Giuliano Guzzo

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