utero-affitto

 

 

 

 

 

 

Pare che alcuni parlamentari del PD siano al lavoro – no, un attimo, la notizia non è questa – per una mediazione sull’utero in affitto. Avete letto bene: una mediazione su una pratica sulla quale, per inciso, non v’è alcun vuoto normativo dato che secondo la legge italiana trattasi di reato, ma che nelle intenzioni dei promotori dell’ideona dovrebbe essere resa legale purché gratuita. Si tratta quindi di una mediazione assai raffinata, ma non fra le varie anime del PD o della maggioranza bensì con la realtà. Infatti l’utero in affitto – o maternità surrogata o gestazione per altri, a seconda di quanto si voglia edulcorarne il dramma – non è mai gratuito. Mai davvero: da nessuna parte al mondo. E anche laddove pare esserlo, vi sono sempre “rimborsi” per la madre surrogata: e coi rimborsi…beh, avete capito di che gran bella gratuità si tratta.

Senza contare che le donne davvero libere, salvo casi di rarità infinitesimale, non mercificano il loro ventre e chi pensa il contrario, esibisca i dati della condizione economica media delle donne che si sottopongono a questa pratica, poi ne parliamo. Ma il punto vero, in realtà, non è neppure questo; il punto vero è che quand’anche l’utero in affitto gratuito esistesse – pura fantascienza -, in ogni caso ci si troverebbe di fronte a quel crimine che indiscutibilmente è la separazione d’un neonato da sua madre. Sì signori, un crimine. Non a caso nel 2005 una certa Monica Cirinnà, per il Comune di Roma, promosse “Maltrattamento di animali”, regolamento il cui comma 6 recita: «È vietato separare i cuccioli di cani e gatti dalla madre prima dei 60 giorni di vita, se non per gravi motivazioni certificate da un medico veterinario».

Ah, già, scusate, ma lì si parlava di «cuccioli di cani e gatti»: per i cuccioli umani, invece, meglio non far gli schizzinosi. Ora, battute a parte è evidente che la mossa dei parlamentari democratici – per quanto cozzi con realtà, etica e giusto qualche decennio di letteratura scientifica attestante il rilievo dell’attaccamento materno-fetale – ha il fine di anestetizzare le coscienze giacché una coscienza vigile, neppure nel più rincitrullito dei mondi possibili, mai potrebbe tollerare l’utero in affitto. Una pratica per farci digerire la quale i mass media, fateci caso, sono da tempo all’opera propinandoci servizi strappalacrime sulle “famiglie” ricorse a madri surrogate, vendute come le più belle al mondo e al cui confronto quella Mulino Bianco pare la famiglia Adams. Zero fotogrammi, invece, sull’addio fra il neonato e sua madre: per vedere quello – che poi è il nodo cruciale dell’utero in affitto – tocca arrangiarsi col web. Chissà come mai.

Giuliano Guzzo