Trovo che il dibattito sulla cosiddetta maternità surrogata, che in questi giorni ha vivacemente interessato l’opinione pubblica, pur rilevando una netta contrarietà a questa pratica si possa considerare incompiuto per non dire gravemente miope. Dico subito perché: la questione, da parte dei più, è stata ed è letta sotto la lente economica. Le ragioni dell’inaccettabilità dell’utero in affitto vengono cioè ricondotte quasi esclusivamente alla monetizzazione della gravidanza e allo sfruttamento della donna: ed è vero, la cosiddetta maternità surrogata ferisce profondamente la dignità femminile e dovrebbe essere perfino superfluo spiegare perché.
Detto questo, c’è un altro aspetto della questione direi ancora più centrale, che è quel diritto del figlio alla madre orrendamente subordinato, nella cosiddetta maternità surrogata – anche “altruistica”, a volontà alle quali non può opporsi. Ebbene, trovo questa dimenticanza non solo sbagliata ma raccapricciante giuridicamente, scientificamente, umanamente. Sul piano giuridico, pongo solamente una domanda: che ne è del diritto se questo, nel regolamentare una situazione, trascura allegramente la visuale del soggetto più debole? Si può ancora parlare di diritto senza arrossire? E’ così difficile cogliere la differenza tra desiderio e pretesa della genitorialità?
Sul piano scientifico considero – lo dico con rispetto verso coloro che sposano la posizione – semplicemente penoso il sostenere che i figli sono di chi li educa: in primo luogo perché i figli non “sono” tecnicamente proprietà di alcuno – «I vostri figli non sono figli vostri… sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita», recitano i bellissimi versi di Gibran -, poi perché così si legittima nuovamente la logica degli orfanotrofi purché efficienti, infine perché il legame tra madre e figlio è qualcosa di così intimo e remoto che la sola idea di interromperlo per contratto dovrebbe suscitare in ciascuno indignazione. A questo proposito, riporto le parole del neonatologo Carlo Bellieni:
«Nei nove mesi si crea un attaccamento del bambino con la mamma attraverso la voce materna e le cose che la mamma mangia; attraverso la dieta della mamma si formano i gusti alimentari del bambino […] il bambino prima di nascere conosce il mondo esterno attraverso le sensazioni che gli arrivano dalla mamma. Questo apprendimento serve al neonato per sapere dove ricercare l’alimento e il calore: alla nascita sa orientarsi con l’olfatto già esercitato prima di nascere per ricercare la sorgente del latte e il calore della mamma, riconoscendone la voce e il profumo che aveva «sperimentato» per nove mesi. Ma se scompare la mamma, cambia l’ambiente di riferimento e l’attaccamento che si era creato entra in crisi».
Ritengo, per concludere, mostruosa la cosiddetta maternità surrogata sul piano umano, intendendo per umano qualcosa che sfugge sia alle codificazioni giuridiche sia alle pubblicazioni scientifiche: ciascun uomo nasce infatti figlio e, per quanto lontano o difficile o tempestoso sia il legame con la madre, il suo essere figlio avrà sempre il suo senso originale nell’accoglienza ricevuta nel ventre materno che solo uno può essere stato. Questo non significa, si badi, ridimensionare la bellezza commuovente delle adozioni, ma ricordare un dato inconfutabile: siamo figli non perché un contratto ci ha assegnato dei genitori, ma perché una madre ci ha donato la vita: non c’è “altruismo” né rimborso né affetto in grado di eclissare questa verità.
L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energia in relazionee ha commentato:
Ciascun uomo nasce figlio e, per quanto lontano o difficile o tempestoso sia il legame con la madre, il suo essere figlio avrà sempre il suo senso originale nell’accoglienza ricevuta nel ventre materno che solo uno può essere stato. Questo non significa, si badi, ridimensionare la bellezza commuovente delle adozioni, ma ricordare un dato inconfutabile: siamo figli non perché un contratto ci ha assegnato dei genitori, ma perché una madre ci ha donato la vita: non c’è “altruismo” né rimborso né affetto in grado di eclissare questa verità.
…una madre, insieme ad un padre, ci ha donato la vita…
L’ha ribloggato su paolabellettie ha commentato:
E il figlio? Ovvero, potremmo essere stati noi
Il figlio? Viene messo sempre in secondo piano, se non addirittura ignorato.
E non é certamente solo nella questione relativa alla maternità surrogata che non viene considerato, direi anzi che per quanto concerne l’aborto viene proprio trascurato. In quest’ultimo caso si parla unicamente di “diritto” individuale della donna a sbarazzarsi del suo feto, ignorando invece il diritto di quest’ultimo a crescere, svilupparsi e nascere.
Ormai l’etica é diventata un optional, siamo messi male.
Articolo interessantissimo! Ma vorrei precisare che ci sono le coppie che magari non vogliono adottare i bimbi ma vogliono geneticamente propri figli, ma per motivi di salute non riescono. Così,come nel mio caso grazie appunto alla maternità surrogata della clinica del prof Feskov sono diventata mamma!❤️
Sarebbe interessante capire quale il meccanismo per cui un figlio adottato sia così diverso da un figlio “biologico”, se per desiderio di un figlio si intende desiderio di una fecondità e di spendere e donare una parte della propria vita per una vita comunque “oltre sé”.
Sarebbe interessante capire se sia moralmente accettabile usare il corpo di altra persona come un’incubatrice (domanda retorica per chi ha già deciso di utilizzarlo o esserlo).
Sarebbe interessante capire se il semplice fatto che esista “domanda ed offerta” e si decida di farne mercimonio su base economica (stesso principio alla base della prostituzione) renda tutto lecito.
Sarebbe interessante chiedersi quando e se i figli così “messi al mondo” verranno anche resi partecipi del “come” sono nati.
Diversamente si innesteranno una serie di falsità (se non menzogne) anche in risposta a banali domande tipiche da bambini (es. “Mamma ma tu mi sentivo muovere nella pancia?”).
Fondare una educazione su basi menzognere rispetto la nascita di questi figli non credo possa essere la migliore base di partenza.
Diversamente quali le conseguenze sulla psiche di questi bambini o adulti quando dovessero venire a conoscenza della verità?
Quali le conseguenze quando è risaputo che persino per i figli adottati lo scoglio della scoperta di aver avuto diversa madre biologica è passaggio serio e problematico, che nella stragrande maggioranza dei casi porta ad una ricerca anche ossessiva della madre/famiglia d’origine, con la differenza che la loro madre è stata sostanzialmente un *essere sforna-bambini a gettone”.
Come spesso accade il nostro totalizzante bisogno di “qualcosa”, ci fa dimenticare i tanti risvolti derivanti dall’appagamento di un desiderio e nel caso dei figli quali possano essere i rischi per la loro integrità e il loro equilibrio. Anche difronte all’incognita maggiore data dal fatto che nessuno sa come ogni singolo individuo reagirà difronte alla presa di coscienza di situazioni portate tanto al limite del sensato (pare sensato solo perché oggi possibile).
La pia e anche un po’ arrogante idea è che “il nostro amore (per questi figli) basterà…” o che si sapranno gestire le situazioni.
Peccato che non sia così semplice.