E’ vero: il 10 marzo del 1946 le italiane votarono per la prima volta e fu, senza alcun dubbio, una grande conquista per le donne oltre che per l’intera Italia. Sarebbe però sbagliato immaginare che in epoche passate la condizione femminile fosse sempre e comunque di inferiorità e che il diritto di voto, per la donna, sia necessariamente conquista recente. Si prenda per esempio il Medioevo, epoca ingiustamente considerata teatro degli orrori dell’inquisizione – mentre sappiamo che la caccia alle streghe si registrò prevalentemente durante il Rinascimento e comunque nelle regioni germaniche protestanti più che in quelle cattoliche – ritenuta orribile considerazione della donna. Ebbene, non solo sappiamo che l’epoca medievale fu costellata di donne potenti e influenti – i nomi di Matilde di Canossa, Eleonora d’Aquitania, Bianca di Castiglia o Ildegarda di Bingen dicono nulla? – ma che proprio nel Medioevo vi furono casi, neppure necessariamente così isolati, di suffragio femminile.
Leggenda maschilista? Maldestro tentativo tutto cattolico – e dunque inevitabilmente parziale e poco credibile – di riabilitare pagine totalmente buie della storia? Alcuni lo penseranno. Il punto è che quello di cui si sta parlando, in realtà, è un dato storico, come provano, ironia della sorte, proprio le ricerche di una donna, Régine Pernoud (1909–1998), storica francese nonché grande specialista del Medioevo. Nel suo libro forse più famoso – Pour en finir avec le Moyen Age, tradotto anche in Italiano – la storica infatti osserva che se si vuole osservare la condizione di «donne che non erano né alte dame né badesse né monache, ma contadine, o cittadine, madri di famiglia, o donne che esercitavano un mestiere» non esiste alternativa che rifarsi alle «raccolte consuetudinarie o gli statuti delle città, ma anche l’enorme massa degli atti notarili, soprattutto nel Mezzogiorno della Francia, dei cartulari, dei documenti giudiziari, o ancora, delle inchieste».
Ebbene, «dall’insieme di simili documenti balza fuori un quadro che per noi presenta più d’un tratto sorprendente, dato che, per esempio, vediamo le donne votare alla pari degli uomini nelle assemblee cittadine o in quelle dei comuni rurali. Spesso ci siamo divertiti, nel corso di conferenze o altre relazioni, a citare il caso di certa Gaillardine di Fréchou la quale, in occasione di un contratto d’affitto proposto dall’abbazia di Saint-Savin agli abitanti di Cauterets, nei Pirenei, è la sola a votare no, mentre il restante della popolazione al completo ha votato sì. Il voto delle donne non è sempre espressamente menzionato dappertutto, ma questo è forse dovuto appunto al fatto che nessuno vedeva la necessità di menzionarlo» (trad.it Medioevo. Un secolare pregiudizio, Bompiani, Milano 2001, p.113). Ricordando questo, sia chiaro, non s’intende necessariamente presentare il Medioevo come l’età dell’oro ma, certo, è curioso come una conquista così importante come quella del voto femminile fosse già presente in un’epoca storica che, agli occhi dei più, viene ritenuta quanto di più lontano dal progresso.
Rettifichiamo un attimo: in alcuni contesti le donne potevano sì votare, ma nel momento in cui erano a capo di un “fuoco”, di un gruppo familiare, soprattutto quando erano vedove. All’epoca non si votava per persone ma per famiglie.
Nel Granducato di Toscana diritto di voto alle donne dal 1848; con lo stato italiano, solo dal 1946.