Sotto i centomila. Meno male. La legge funziona. L’entusiasmo diffuso rispetto all’ultima Relazione ministeriale sull’applicazione della Legge 194/’78, dal quale si dissociano ormai solo quanti denunciano alte percentuali di obiettori di coscienza, è tragicamente indicativo di che cosa oggi resti della tragedia dell’aborto legale: un problema numerico, ragionieristico quasi, di meri conteggi. Di quella che da personalità come san Giovanni Paolo II e Madre Teresa è stata denunciata come la grande ferita sanguinante del nostro tempo, rimane insomma solo un raffreddore, un piccolo e trascurabile malanno di conti. E senza dubbio è questo – al di là delle tante obiezioni che pure si potrebbero muovere al festeggiato calo del numero degli aborti legali, dato in realtà da rileggere alla luce del mutato contesto demografico nonché degli aborti clandestini e di quelli invisibili delle pillole – l’aspetto più inquietante.
Per quanto ingiusto e violento e antigiuridico, l’aborto procurato non è cioè più, oggettivamente, il problema numero uno: prima viene l’ipnosi, la pigrizia delle coscienze o, come si sarebbe detto un tempo, il sonno della ragione. Come ogni realtà anche questa, naturalmente, ha una sua spiegazione ben precisa. Se infatti 97.535 figli eliminati prima della nascita diventano una buona notizia “perché anni fa erano di più”, una ragione anzi delle ragioni ci devono essere. Provo a condensarle in tre punti. Il primo: l’indifferentismo morale. L’aborto legale non scandalizza più perché non scandalizza l’aborto in quanto tale e l’aborto in quanto tale, a sua volta, non ferisce perché chiederebbe ad ognuno di fare i conti davvero con l’altro. Il figlio concepito infatti non è in grado di ricambiare alcunché: è un essere che chiede solo di essere accolto.
Per capirci, l’immigrato che sbarca in Italia e l’amico che ha perso il lavoro – aiutati a dovere – possono sorridere e stringere la mano, appagando e ricambiando l’impegno di chi ha provveduto ai loro interessi; il figlio concepito no: non può fare altro dono, nel breve termine, che se stesso: perciò richiede cioè vicinanza vera, umanità pura si potrebbe dire. Ed è la prima forma di umanità, questa, a saltare in un contesto dove l’indifferentismo morale dilaga. Altre cause dell’ipnosi sull’aborto sono le “grandi cause”: al di là di quanto si dice, infatti, battaglie come il rispetto dell’ambiente, la lotta all’inquinamento e lo stessa tutela degli animali, in sé pure rispettabili, non stanno facendo altro – a ben vedere – che deviare l’impegno ideale altrove, geograficamente (per tutelare remoti ghiacciai, per esempio) o temporalmente (per le generazioni future); l’aborto invece esige invece reazione qui ed ora, e quella reazione non può non essere disturbata, appunto, da altre “grandi cause”.
Terzo ma non meno importante elemento di diffusione dell’ipnosi sul crimine dell’aborto è che denunciarlo costa: si rischia di litigare con l’amico, di non essere compresi dal collega di lavoro, di passare come il fondamentalista di turno in un contesto dov’è sempre più facile incorrere in quest’accusa. Ne consegue – complice pure il fatto che non sempre, ultimamente, i paladini storici dei figli concepiti, Chiesa in primis, riescono a farsi sentire – che, oltre all’ipnosi, si sta di diffondendo anche una sorta di auto-ipnosi, di rassegnazione cioè a un problema che viene avvertito come troppo vasto e troppo impopolare per alimentare indignazione. E si viene così all’oggi, con 97.535 figli eliminati prima della nascita che anziché addolorare sollevano, “perché anni fa erano di più”. Come se il problema non fosse più l’innocenza – immutata – delle vittime, ma il numero di vittime innocenti. Come se si potesse davvero convivere con tutto ciò senza poi al mattino, allo specchio, vedersi più brutti.
giulianoguzzo.com
Werner ha detto:
Purtroppo sì, questa legge criminale, genocida e infanticida, questo mostro di matrice sessantottina ma partorito da un governo democristiano (appoggiato dai comunisti, cioè i sessantottini politici), ovvero la legge 194/1978, ha davvero funzionato, visto che ha causato la crisi demografica dell’Italia (tanto auspicata dai sessantottini che ai loro tempi invocavano la limitazione delle nascite), e questo calo del numero di aborti salutato come “positivo” dal Ministero della Salute ma che in realtà é abbastanza inquietante, ne é una palese dimostrazione.
Gli oltre 3 milioni di feti soppressi nel corso degli anni ottanta, a cui é stato negato il diritto di nascere, oggi sarebbero persone adulte e in età riproduttiva, quindi avremmo potuto avere più nascite potenziali oggi. Se la matematica non é un opinione, diminuendo il numero medio di concepiti a causa dell’invecchiamento della popolazione, diminuisce di conseguenza anche il numero degli aborti praticati, e dunque questa é senz’altro una bella notizia, ma per chi auspica l’estinzione del popolo italiano.
beppino ha detto:
Condivido il concetto che vuole trasmettere la nota. Del resto riassume in modo esauriente le caratteristiche della nostra società malata che ormai trova la maggior giustificazione del proprio essere principalmente nel solo soddisfare i bisogni, indipendentemente dalle conseguenze. Ed è’ sufficiente che chi subisce le conseguenze non sia in grado di prendere posizione o sia troppo debole per prenderle… finanche a diventare soggetto economico da morto come ultimamente ha dimostrato quella scandalosa associazione di assassini che passa sotto il nome di Planned Parenthood.
manliopittori ha detto:
A parte il fatto che questo post è la prova evidente che denunciare l’aborto non costa nulla, qual è la proposta operativa?
Perché se si parla del crimine dell’aborto, occorre – necessariamente – prevedere una sanzione: un crimine richiede, pena la violazione del principio di non contraddizione, una conseguenza afflittiva.
Quindi lo si dica chiaramente ciò che si ha in mente. Riproduco qui, tratto dal Codice penale, sotto il buon vecchio
546. Aborto di donna consenziente.
Chiunque cagiona l’aborto di una donna, col consenso di lei, è punito con la reclusione da due a cinque anni.
La stessa pena si applica alla donna che ha consentito all’aborto
abrogato nel 1978. Se ne vuole la reintroduzione? O si immagina che l’aborto sia una crimine esente da pena?
manliopittori ha detto:
Scusate, ma è davvero una richiesta eccessiva quella di aspettarsi dai vari Werneri e Beppini, – che si scagliano con ferocia contro la legge sull’aborto – una risposta alla mia domanda?
Se la 194 è una “legge criminale, genocida e infanticida”, come pensano di punire le donne che abortiscono e i medici che praticano l’aborto?
Scusate, ma ci si può ancora aspettare un minimo di rispetto della logica e dell’educazione o logica ed educazione sono un relitto del passato da schiacciare come escrementi sul marciapiede?
Grazie.
Werner ha detto:
Come da Lei gentilmente richiesto, cercherò di rispondere alla Sua domanda.
Il fatto che la legge consenta la pratica dell’aborto e che quell’articolo del Codice Penale sia stato abrogato, non significa che tale pratica sia eticamente giusta. Questo stato poi di etica ne ha zero, e non perde mai occasione di dimostrarlo, quindi il fatto che consenta per legge una pratica che definisco nuovamente “criminale, genocida e infanticida”, non deve affatto sorprendere.
Non credo ci sia bisogno di punire nessuno, semplicemente di responsabilizzare la gente, e di evitare che possa sbagliare. Chi non vuole avere figli ha tre scelte: astinenza dai rapporti sessuali, contraccezione, sterilizzazione. Usare l’aborto come strumento per non avere figli é altamente irresponsabile e sbagliato, perché la vita é tale fin dal suo concepimento, quindi il feto che viene soppresso con l’aborto é un essere umano che viene ucciso, che paga per colpe non sue.
Manlio Pittori ha detto:
Gentile Werner,
la ringrazio per la risposta.
Provo a riassumere la sua posizione: mi dirà se ho male interpretato il suo pensiero.
Lei considera la 194 una legge criminale, genocida e infanticida e ritiene l’aborto una pratica criminale, genocida e infanticida.
Però, contemporaneamente, non c’è bisogno di punire nessuno, perché chi non vuole avere figli ha tre scelte: astinenza dai rapporti sessuali, contraccezione, sterilizzazione.
Se quindi una coppia, a causa della rottura del preservativo, incappa in una gravidanza indesiderata, potrà abortire tranquillamente, dato che non c’è bisogno di punire nessuno.
Bisogna responsabilizzare la gente, ma – a meno che non si tratti di responsabilizzazione coatta – può esserci qualcuno che non si lascia responsabilizzare come vorrebbe lei e che, appunto, nel caso appena illustrato, ricorrerebbe all’aborto.
Quindi la 194 rimane, l’aborto resta legale e lo Stato continua a consentire che si attui, negli ospedali pubblici e a spese del contribuente, una pratica criminale, genocida e infanticida.
Ho riassunto correttamente la sua posizione in materia di aborto?
Grazie per il suo intervento.
Stefano Bruni ha detto:
Gentile Manlio,
credo che la punizione conseguente ad un aborto sia la sofferenza che in una gran parte delle donne che decidono di abortire scaturisce prima di tutto dalla decisione stessa di abortire; nonché la profonda sofferenza morale che deriva dalla consapevolezza di avere eliminato non una qualsiasi vita umana, ma la vita di un essere unico e irripetibile, il proprio figlio, desiderato o meno, progettato o meno.
Certo, mi riferisco a quelle donne non “anestetizzate”/”ipnotizzate”, come suggerisce il Dr Guzzo nel suo articolo: il rimorso è già una punizione di per se stesso e dura per tutta la vita; ma laddove non c’è alcun rimorso nessuna punizione può far comprendere a chi l’ha commesso l’enorme gravità di un atto tragico come l’aborto.
Uccidere un proprio figlio, ancor più se si tratta di una creatura indifesa che si sta sviluppando nel ventre materno, è una tragedia abominevole e lo è proprio per chi questa decisione prende. Se qualche donna davvero resta insensibile dopo avere ucciso la propria creatura allora non capirebbe nemmeno il perché di un’eventuale “sanzione”.
Io qui credo davvero che non si tratti di punire, di sanzionare, quanto piuttosto di continuare a dire a tutti che l’aborto è un crimine che, come tanti altri crimini (la storia e la quotidianità ce lo insegnano) non viene punito ma che resta un crimine, un obbrobrio, una tragedia.
Il fatto che sia una tragedia legalizzata, “benedetta” da una legge dello stato, non rende l’aborto una tragedia minore o una non tragedia.
Continuare a gridare (anzi, cominciare a gridare con più forza di quanto non abbiamo fatto fino ad ora) che l’aborto è una tragedia, un crimine, un obbrobrio, magari potrà contribuire a prevenirne alcuni casi; magari qualche coscienza un po’ più sensibile, all’udire questo grido deciderà di “svezzarsi” dall’anestesia che le è stata praticata da chi vuole farle credere che abortire sia una cosa normale, indolore, persino “etica” in qualche caso; e magari qualche mamma deciderà di tenere il proprio bimbo. E questo sarebbe un sicuro primo, piccolo passo (cui ne seguirebbero certamente molti altri) verso una società, un’umanità più civile e giusta. Perché non è una società civile e giusta quella che uccide o acconsente all’uccisione dei propri figli.
manliopittori ha detto:
Grazie, gentile Stefano.
Quindi, fosse per lei, l’aborto resterà legale e garantito dallo Stato, senza alcuna sanzione.
Personalmente considero l’aborto uno dei possibili esiti della gravidanza: l’alternativa sarebbe considerare la donna una semplice fattrice in balia delle bizze dell’ovulazione e il maschio un animale da monta.
L’alternativa è l’obbligatorietà della riproduzione e l’espropriazione dei corpi: quindi può essere il male minore in caso di gravidanza indesiderata.
Se poi la gravidanza mettesse a rischio la vita o la salute della donna, non avrei la minima esitazione a praticarlo personalmente, se occorresse.
Cordialmente,
Manlio Pittori
Stefano Bruni ha detto:
Gentile Manlio,
lei è un abile manipolatore: a me, come a chi ha scritto prima di me, fa dire cose non dette né tanto meno pensate.
No, secondo me l’aborto NON dovrebbe essere legale, NON dovrebbero esistere medici che praticano l’aborto e, soprattutto, nessuna donna dovrebbe abortire. Né lo stato dovrebbe pagare, con i soldi di tutti, comprese le tasse di chi è assolutamente contrario all’aborto come il sottoscritto e tanti altri, medici, infermieri e ospedali che si rendono responsabile dell’uccisione di creature viventi innocenti.
L’aborto spontaneo, quello NON provocato, è un possibile esito della gravidanza; anzi, come sanno purtroppo molte donne che desideravano moltissimo i loro bimbi e li hanno persi, è un possibile esito di moltissime gravidanze.
Personalmente non considero alcuna donna “una semplice fattrice”; piuttosto sembra che qualcun altro ne abbia questa considerazione quando la utilizza come semplice utero in affitto, negandone sentimenti più profondi che ne fanno invece la persona cui la natura, se non vogliamo chiamarlo Dio, ha dato, tra gli altri doni, anche il meraviglioso dono della maternità. Purtroppo molti maschi, questo sì, a volte si comportano come “animali da monta” (sua espressione), con la differenza, rispetto agli animali, che i primi non sacrificano poi i propri figli dopo averli procreati.
Non c’è nessuna obbligatorietà nella riproduzione; quello che dovrebbe distinguere l’uomo dalle bestie è la capacità di discernere, di scegliere: desidero un figlio e allora provo ad averlo, non desidero un figlio e allora prevengo di compiere l’atto che me lo farebbe procreare. Non è sono una questione di odori, come negli animali: l’uomo può sempre aspettare una settimana, qualche giorno. Varrà bene, questa piccola attesa, il risparmio di una vita umana!
L’espropriazione del corpo della donna, il suo svilimento, non è piuttosto quello che compie colui che, dopo averlo usato, ne mette a rischio la salute (oltre che fisica anche mentale) consigliandola di abortire?
L’aborto NON è il male minore di una gravidanza indesiderata: è la gravissima conseguenza che talvolta, purtroppo troppe volte segue ad una gravidanza indesiderata. Come può essere considerato un male minore l’uccisione di un essere umano vivente che sta crescendo nel ventre della sua mamma?
L’ultimo dei tanti “stereotipi”, dei ritornelli, troppe volte già sentiti, che ricorrono nei suoi commenti, quello del pericolo di vita per la mamma come giustificazione dell’aborto, mi scusi, ma è proprio fuori luogo. L’obiettivo è chiaro: suggerire che chi è contrario all’aborto vuole però la morte della mamma.
Bene. Da nessuno si può pretendere l’eroismo di sacrificare se stesso a vantaggio di un’altra vita (anche se tante persone, tante mamme, questo eroismo l’hanno saputo dimostrare e il sacrificio personale per un bene superiore, come ad esempio la vita dell’essere più debole ed indifeso, ha comunque un valore altissimo). Se, nel tentativo di salvare mamma e feto, cioè entrambi i soggetti di questa terribile situazione per fortuna non poi così frequente, il feto non ce la fa a sopravvivere, la sua morte, non voluta, non cercata, e anzi evitata fino all’ultimo, resta una terribile tragedia (probabilmente prima di tutto per la sua mamma) ma è una conseguenza preterintenzionale della grave situazione complessiva. E NON è un aborto volontario.
Per tornare a ciò che “se fosse per me” … NO, gentile Manlio, se fosse per me l’aborto sarebbe assolutamente illegale. Mi vergogno a vivere in un Paese che tramite una legge dello Stato di fatto priva una categoria di esseri umani (i bambini non ancora nati, i nascituri) della protezione che la legislazione di un Paese civile dovrebbe invece loro accordare. Uno Stato, in altre parole, che nega l’uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non mette tutta la propria forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto. E se, per tornare al suo primo commento, ad “illegalità” dovrebbe corrispondere “sanzione”, “pena”, allora (ma non spetta a me individuarla) che pena sia. Ma, ripeto ciò che ho detto nel mio primo commento, non riesco a trovare una pena che sia più terribile del rimorso, della sofferenza, di quella sorta di “marchio” indelebile che l’avere ucciso il proprio bimbo imprime nell’animo di una donna.
Per finire, se potessi preferirei di gran lunga PREVENIRE anche un solo aborto che SANZIONARNE milioni. Ecco perché quando posso GRIDO che l’aborto è un abominio. Occorre prima di tutto rompere l’assordante silenzio di chi sta a guardare e si sente impotente o semplicemente non è interessato. Per risvegliare la gente da quella che Giuliano Guzzo ha definito l’ipnosi, la pigrizia delle coscienze, il sonno della ragione.
Mi stia bene.
Max ha detto:
Ottimo, Stefano.
Werner ha detto:
Post da incorniciare, complimenti e grazie sig. Bruni. C’é molto da imparare da persone che la pensano come Lei.
Come non condividere l’appellativo di 《manipolatore》in riferimento al sig. Manlio.
manliopittori ha detto:
Gentili Werner e Stefano,
parrebbe urgere un ripasso della lingua italiana, quantomeno. Io non mi permetterei mai di farvi dire cose da voi non dette (per quanto riguarda quelle pensate, ovviamente, non mi posso pronunciare, non essendo in grado d leggere il pensiero).
Entrambi avete definito l’aborto con parole inequivocabili: per Stefano si tratta di un crimine, un obbrobrio, una tragedia, mentre per Werner la 194 è una legge criminale, genocida e infanticida.
A questo punto occorre un passo ulteriore, perchè chi considera un determinato fatto un crimine permesso da una legge criminale deve indicare in quali modi impedire una simile offesa.
Entrambi però vi siete sottratti a questo còmpito: il signor Werner ha semplicemente evitato di rispondere alla mia domanda precisa, mentre il signor Stefano si è limitato a un non impegnativo auspicio di una pena, precisando però che non spetta a me individuarla.
Io sono abituato a ragionare per fatti. Io considero il meccanismo dell’otto per mille una truffa legalizzata e da sempre mi batto per la sua abolizione, sic et simpliciter: ognuno si paghi la sua Chiesa e i suoi preti di tasca propria, così come io, di tasca mia, mi pago il mio assistente spirituale. Alla critica, cioè, faccio seguire la proposta operativa concreta e attuabile.
Voi, invece, ve la cavate elevando alti lai contro il crimine orrendo dell’aborto ma vi guardate bene dallo spiegare cosa dovrebbe fare lo Stato, per evitare quello che per voi è un olocausto immondo.
Troppo comodo, signori: abbiate il coraggio delle vostre idee e dite chiaramente quali conseguenze afflittive proporreste nei confronti di un sì efferato delitto.
Anche perchè un delitto esente da pena (o la cui pena consiste nel rimorso eventualmente provato dal reo) è, per il principio di non contraddizione, un non-delitto.
Quindi: o ridimensionate la vostra indignazione, riducendo l’aborto a una sorta di mancanza di educazione, da evitare se possibile ma che non lede alcun diritto sostanziale; oppure, se davvero pensate quello che scrivete, dite senza timore in quale modo dovrebbero essere puniti la donna che abortisce e chi coopera nell’aborto.
O, se riteneste la pena una conseguenza inapplicabile, abbiate il coraggio di proporre la reintroduzione, per lo meno, dell’illegalità delle pratiche abortive o la loro esclusione dal novero degli interventi forniti dalla sanità pubblica.
Insomma, mi basterebbero un minimo di coerenza e una dose omeopatica di correttezza intellettuale – precisamente quello che voi, per sottrarvi alla logica e al rischio dell’impopolarità, chiamate manipolazione.
Attendo vostre e vi saluto con immutata stima.
manliopittori ha detto:
Gentile Stefano,
lei confonde la manipolazione del pensiero e delle parole altrui con la necessità di portare alle logiche conseguenze quanto parrebbe implicito – ma non detto – in quelle parole e in quei pensieri.
Voglio dire: se lei non si prende la responsabilità di quanto dice, toccherà agli altri (a me, nel caso specifico) farlo al posto suo.
Io, ad esempio, considero una mostruosità etica e giuridica l’IRC nelle scuole pubbliche (così come è gestito in Italia). Ma non basta la pars destruens: occorre anche proporre un’alternativa – che, nell’esempio, io ritengo dovrebbe essere l’eliminazione dell’IRC dalla scuola pubblica.
Anche lei, gentile Stefano, è soggetto alle medesime regole logiche, dialettiche e di buona educazione del discorso pubblico: se lei, riferendosi all’aborto, usa il termine uccisione, è ovvio che considera quell’atto un crimine; e i crimini devono essere puniti, in una società civile.
Perchè lasciare al solo foro interno della donna unicamente la pena per l’aborto? Perchè non estendere questa sanzione, diciamo così, manzoniana, anche ad altri crimini – non so, l’uxoricidio o la concussione? Non potrebbero essere sufficienti, anche per chi si è macchiato di questi atti ingiusti, la sola sofferenza, il solo rimorso e la sola vergogna?
Comunque prendo atto con soddisfazione che lei vorrebbe tornare alla situazione ante 194, anche se – un po’ farisaicamente, se mi permette – evita di pronunciarsi su quella che dovrebbe essere la pena da infliggere a chi è comunque coinvolto nel delitto dell’aborto. Non pretendo che si pronunci su pena edittale e aggravanti: ma almeno capire se lei sarebbe favorevole al carcere, alla pena pecuniaria, alla rifecondazione forzosa o all’affidamento al servizio sociale, questo dovrebbe rivelarcelo.
Altrimenti rimaniamo al livello delle chiacchiere, sempre più insopportabile morbo italico.
Mi permetto una osservazione finale: lei scrive che non c’è nessuna obbligatorietà nella riproduzione; quello che dovrebbe distinguere l’uomo dalle bestie è la capacità di discernere, di scegliere: desidero un figlio e allora provo ad averlo, non desidero un figlio e allora prevengo di compiere l’atto che me lo farebbe procreare.
Si potrebbe concordare con lei se l’atto che fa procreare avesse strutturalmente l’unica funzione di, appunto, procreare: purtroppo per lei le cose non stanno così – e non stanno così oggettivamente.
L’unione sessuale è finalizzata alla sola riproduzione nelle bestie, e nemmeno tutte: nell’uomo è un anche un atto di comunicazione, di affetto, di amore, di desiderio e di liberazione. Si può quindi compiere l’atto della procreazione anche senza avere alcune intenzione di procreare, così come si può mangiare il cinghiale arrosto senza necessariamente voler ingrassare (cosa che è una delle conseguenze naturali del mangiare).
Quindi Paolo e Francesca, che non vogliono o non possono avere figli, si uniscono carnalmente, dopo aver preso tutte le cautele necessarie per evitare la procreazione. Ma la procreazione avviene ugualmente, per difetto del mezzo contraccettivo: a questo punto o la coppia è obbligata a tenersi il frutto indesideratissimo di un atto non finalizzato alla riproduzione (con il che Paolo e Francesca decadono a bestie, prive di qualsiasi controllo culturale sul proprio corpo) oppure la coppa decide che l’embrione inconsapevole e insensibile deve essere eliminato, in quanto spettano alle scelte della coppia le decisioni riproduttive, e non certo alla lotteria dei difetti di fabbrica dei preservativi.
L’aborto è un abominio? Come tutte le cose umane, anche l’aborto può essere un abominio; ma può anche essere una normale e banale scelta della coppia. Del resto, pare che il quaranta per cento degli ovuli fecondati non si annidi nell’utero e precipiti nei pozzi neri: segno che anche la natura non ha poi tutta questa gran considerazione della vita dell’essere più debole ed indifeso.
Stia bene anche lei. Mi piacerebbe trovasse il tempo per replicare a queste mie righe. Grazie.
Max ha detto:
Gentile Manlio,
mi scusi, ma credo che lei in passato abbia posto delle riflessioni piu’ intelligenti di quelle che ha proposto in questo post ed in altri, da qualche tempo a questa parte. Lei richiama i propri interlocutori al rispetto della logica, ma mi sembra che siano alcune sue affermazioni e conclusioni, “e’ ovvio che…”, “l’alternativa e’ il.. (c’e’ solo questa)” et similia ad essere un po’ tirate per i capelli e che tradiscono antipatia per le idee delle persone con cui sta parlando.
Mettiamo da parte il discorso dell’IRC, che non c’entra nulla e che sta li’ probabilmente per creare un po’ l’atmosfera.
Quando lei dice
“Quindi, fosse per lei, l’aborto resterà legale e garantito dallo Stato, senza alcuna sanzione.”
Non era la conseguenza necessaria di quello che Stefano aveva detto inizialmente.
Cio’ che Stefano ha detto e’ che le cose vanno ben oltre una punizione legale: qui si tratta di una cosa orribile che una donna compie sulla vita umana che sta crescendo dentro di se’. E’ un qualcosa che va oltre il “semplice” permettere od impedire legalmente l’aborto.
“Personalmente considero l’aborto uno dei possibili esiti della gravidanza: l’alternativa sarebbe considerare la donna una semplice fattrice in balia delle bizze dell’ovulazione e il maschio un animale da monta.”
No, non segue necessariamente questa visione della donna. Questa sua affermazione, gentile Manlio, e’ una conclusione esasperata che non segue dalle premesse. E’ come se io dicessi “le idee eliocentriche di Giordano Bruno non ebbero un ruolo importante nella sua condanna” e dovessi sentirmi rispondere “l’alternativa e’ essere d’accordo con la sua condanna!”. Questo atteggiamento si vede anche dal mettere in bocca termini come “semplice fattrice” ed “animale da monta” a Stefano Bruni. E’ un trucco vecchio come il mondo, volto ad attaccare l’argomento del proprio interlocutore in maniera subdola e solo apparentemente logica.
“L’alternativa è l’obbligatorietà della riproduzione e l’espropriazione dei corpi: quindi può essere il male minore in caso di gravidanza indesiderata.”
No, la conseguenza non e’ necessariamente un’espropriazione dei corpi. Non definirei cosi’ il proteggere una vita umana innocente. Se dovessimo definire espropriazioni dei nostri corpi il mantenere e/o proteggere la vita degli innocenti, allora campa cavallo.
“Quindi Paolo e Francesca, che non vogliono o non possono avere figli, si uniscono carnalmente, dopo aver preso tutte le cautele necessarie per evitare la procreazione. Ma la procreazione avviene ugualmente, per difetto del mezzo contraccettivo: a questo punto o la coppia è obbligata a tenersi il frutto indesideratissimo di un atto non finalizzato alla riproduzione (con il che Paolo e Francesca decadono a bestie, prive di qualsiasi controllo culturale sul proprio corpo) oppure la coppa decide che l’embrione inconsapevole e insensibile deve essere eliminato, in quanto spettano alle scelte della coppia le decisioni riproduttive, e non certo alla lotteria dei difetti di fabbrica dei preservativi.”
A volte i figli arrivano in maniera indesiderata, lo sappiamo. Ma cosa cambia per la liceità o meno dell’aborto? Si tratta di una vita umana o no? Questa e’ una domanda fondamentale. Per giunta, non e’ la vita umana di un innocente, che non ha colpa degli errori o delle inefficienze delle contraccezione? Il controllo – lecito – del proprio corpo necessariamente comprende l’uccisione di un *altro*? Altrimenti “Paolo e Francesca decadono a bestie, prive di qualsiasi (sic!) controllo culturale sul proprio corpo (sic!)” ? Da dove segue questa affermazione assolutistica?
In tutta la nostra esistenza capitano cose che non vorremmo e che cambiano profondamente le nostre vite, ma non per questo altri ne devono fare le spese.
“L’aborto è un abominio? Come tutte le cose umane, anche l’aborto può essere un abominio; ma può anche essere una normale e banale scelta della coppia.”
E’ un obbrobrio chiamarla “banale”.
“Del resto, pare che il quaranta per cento degli ovuli fecondati non si annidi nell’utero e precipiti nei pozzi neri: segno che anche la natura non ha poi tutta questa gran considerazione della vita dell’essere più debole ed indifeso.”
Ma da questo non segue la liceità dell’aborto. Noi non siamo incoscienti, come la Natura.
Infine, per quanto riguarda le “punizioni legali”, Stefano ha detto una cosa importante: una madre che uccide la creatura che porta dentro di se’ commette qualcosa di terribile. Occorre punirla? Lei punirebbe penalmente una madre che, seduta sul sedile passeggero di un’automobile con il proprio figlio sulle gambe, uccide la propria creatura in caso di incidente, schiacciandolo? Forse la punirei, ma ammetto di avere dei dubbi e mi chiedo se tale punizione sia davvero importante.
Ci sono delle situazioni in cui, anche se c’e’ la responsabilità criminale di qualcosa, credo che sia il caso di fermarsi ed riflettere un momento prima di affibbiare una punizione (ora pero’ non mi faccia dire che sono contrario).
Stefano Bruni ha detto:
Gentile Manlio,
le confesso che provo un pizzico di sadico piacere nel constatare dal tono degli ultimi due suoi commenti che si è un po’ alterato. Lei potrà anche negarlo, ma la cosa è abbastanza evidente. Né, ne sono certo, la sua “insofferenza” dipende unicamente dal dover partecipare, suo malgrado, al “sempre più insopportabile morbo italico delle chiacchiere”.
Ma veniamo alla sostanza, o almeno ribadiamo una sostanza che avevo già provato a trasmetterle. Intanto, visto che lei suggerisce a me di usare la logica, a lei io mi permetto di suggerire di imparare a leggere con attenzione e magari provare a capire quello che il suo interlocutore scrive.
Se prova a rileggere quanto ho scritto, vedrà chiaramente che ho preso una posizione netta nei confronti dell’aborto (che considero assolutamente immorale) e dello Stato (certamente non uno Stato di diritto) che lo ha reso legale. Altro che mancata assunzione di responsabilità o paura di impopolarità. Mi sembra di avere espresso abbastanza chiaramente il concetto che (trascrivo dal mio precedente commento) l’aborto “NON dovrebbe essere legale, NON dovrebbero esistere medici che praticano l’aborto e, soprattutto, nessuna donna dovrebbe abortire. Né lo Stato dovrebbe pagare, con i soldi di tutti, comprese le tasse di chi è assolutamente contrario all’aborto come il sottoscritto e tanti altri, medici, infermieri e ospedali che si rendono responsabile dell’uccisione di creature viventi innocenti.”.
Quanto alla faccenda della pena su cui lei tanto insiste, ho anche confermato che sono d’accordo sul fatto che l’aborto dovrebbe essere illegale e dunque come tale sanzionato. Certamente dovrebbero essere sanzionati coloro che lo effettuano materialmente. Radiazione dall’albo dei medici-chirurghi? FAVOREVOLE: un medico (io sono un medico) è per la vita, non contro la vita: MAI. Pena pecuniaria importante (quando si tocca il portafoglio delle persone spesso si fa più male che quando le si frusta)? FAVOREVOLE ma probabilmente inutile perché ci sarebbe qualcun altro disposto a pagare per ricevere una prestazione abortiva. Carcere? A chi materialmente effettua un omicidio: FAVOREVOLE.
Quanto alla donna che alla pratica abortiva illegale si sottoponesse non so dirle, sono franco. Se ragionassimo secondo la legge del taglione una morte può essere “ripagata” solo da un’altra morte. Ma, lo sottolineo qui con grande fermezza e forza ad evitare di essere frainteso, lungi da me proporre questo tipo di pena: come essere umano e come cristiano, la cosa è fuori dalla mia mentalità che prevede invece che chi ha commesso una colpa debba prenderne consapevolezza e provare a redimersi. Quindi pena di morte: NO. Pena pecuniaria? Inutile, già detto. Carcere? Ma siamo sicuri che tutte le donne che abortiscono vogliano davvero abortire? O che non siano spinte a questo gravissimo e tragico atto perché sole, non sostenute in una scelta contraria dal proprio partner o dallo Stato?
Vede, lei mi dà del fariseo mentre io, al contrario, le sto dicendo (e avevo provato a farle capire anche precedentemente) che non mi sento di giudicare la singola donna e il suo atto, per quanto grave, e di indicare una punizione. Sono d’accordissimo con quanto Max scrive nell’ultima parte del suo commento (a dire la verità anche con ciò che scrive prima): non per tutte le colpe può esserci una punizione adeguata. Ma ciò non significa dare liceità all’uccisione di un nascituro: il fatto che per un atto illegale non si preveda una pena non riduce la gravità dell’atto in sè. E se questo a lei non sembra un ragionamento logico mi dispiace tanto ma non so proprio cosa farci. Il problema è suo e non mio.
Non commento la sua frase sugli aborti spontanei perché si commenta da sola e non fa onore alla sua intelligenza e capacità dialettica. Né quanto dice dell’atto sessuale, che anche io considero una manifestazione di amore (ma che amore c’è nel sottoporre la propria partner, in caso di gravidanza indesiderata, all’assunzione di farmaci nocivi o interventi chirurgici gravati da potenziali complicanze anche permanenti e gravi, e sicure conseguenze psicologiche?) ma che come esseri umani (e non bestie, appunto) possiamo responsabilmente “temporizzare”. Aspettare una settimana per avere un rapporto sessuale in un periodo lontano dall’ovulazione vuole forse dire amare di meno la propria o il proprio partner? A me verrebbe da dire che significa amarlo di più, e amare la vita, anche. Indipendentemente da ciò che farei io in conseguenza delle mie convinzioni, oggi nessuno può dire di non sapere come si fa a non incappare in una gravidanza indesiderata prevenendola (in altre parole non utilizzando mezzi intrinsecamente abortivi ma realmente anticoncezionali).
Lei scrive: “se riteneste la pena una conseguenza inapplicabile, abbiate il coraggio di proporre la reintroduzione, per lo meno, dell’illegalità delle pratiche abortive o la loro esclusione dal novero degli interventi forniti dalla sanità pubblica.” Ma, scusi: non è ciò che ho scritto chiaramente? Provi a rileggere il mio commento, la prego.
Per concludere (anche se avrei moltissime altre cose da dirle gentile Manlio) come le dicevo io sono medico e dunque preferisco sempre prevenire piuttosto che curare. Prevenire un’infezione grave vaccinando i nostri bambini, un potenzialmente letale attacco d’asma con un’adeguata profilassi antinfiammatoria, un tumore con una diagnosi precoce, … Ecco perché ho scritto (riporto dal commento precedente) “se potessi preferirei di gran lunga PREVENIRE anche un solo aborto che SANZIONARNE milioni. Ecco perché quando posso GRIDO che l’aborto è un abominio. Occorre prima di tutto rompere l’assordante silenzio di chi sta a guardare e si sente impotente o semplicemente non è interessato. Per risvegliare la gente da quella che Giuliano Guzzo ha definito l’ipnosi, la pigrizia delle coscienze, il sonno della ragione.”
Perciò, come vede, non è vero che chiacchiero e basta: tutte le volte che ne ho l’occasione, in pubblico e in privato, su questo e su altri siti (dove credo lei mi abbia anche letto, se ricordo bene il suo nome), a tu per tu con le persone in dibattiti pubblici e non solo nascosto dall’anonimato di internet, dico queste cose e mi batto, nel mio piccolo, per dire a tutti quelli con cui vengo in contatto che uccidere il proprio bimbo che si sta formando è un atto gravissimo che porta a conseguenze gravissime anche alla mamma. Io la faccia ce la metto tutti i giorni e non la nascondo nemmeno quando viene fatta bersaglio di offese triviali ed ironia volgare. E dunque rispedisco al mittente (ma con simpatia, davvero, non con rabbia) l’accusa di farisaismo e di illogicità: abbia pazienza ma non mi ci ritrovo.
Per citare qualcuno che pure non gode propriamente delle mie simpatie: stia sereno! Io non pretendo di far cambiare opinione a lei e la rispetto anche se ha idee diverse dalle mie (anche sull’8 per mille e sull’insegnamento della religione cattolica nelle scuole e probabilmente anche su molte altre cose). Ma se con il mio impegno “civile”, continuando a metterci la mia faccia, insieme a tanti altri che ogni giorno ci mettono la loro riuscirò a prevenire anche un solo aborto allora la sera andrò a letto un po’ meno triste. Perché non “più felice” ma solo “meno triste”? Perché resteranno comunque milioni di bambini abortiti che lo Stato, gli Stati hanno rinunciato a provare a salvare mediante un’opera di prevenzione, educazione e supporto, nonché utilizzando il deterrente (ahimè debole, senza tutto il resto) dell’illegalità, dell’illiceità dell’aborto.
Saluti
manliopittori ha detto:
Gentile WernerStefanoMax,.
perchè se mi rivolgo a Werner mi risponde Stefano e quando replico a Stefano interviene, in sua difesa, Max? Siete un gruppo di pensatori intercambiabili o la stessa persona che si presenta con nick diversi?,
Mistero.
La faccio breve. Non so se l’aborto sia un assassinio, ma anche se lo fosse non cambia la sostanze delle cose.
Quella di avere un figlio è una scelta troppo importante per lasciarla al caso – e a volte la gravidanza è frutto del caso. Io ho tre figli e nessuno è venuto al mondo per errore o per distrazione, ma per scelta. Se fosse arrivato anche, e questa volta per caso, il quarto, lo avremmo accolto con gioia, ma solo perchè eravamo già genitori consapevoli e pronti.
Avessimo saputo che c’era il forte rischio di una grave malattia, penso che avremmo optato per l’aborto: ne ho viste fin troppe, di famiglie devastate dalla presenza di un figlio cerebroleso.
E rimango convinto che, anche se si tratta di un essere umano, l’aborto può essere la soluzione in molti casi in cui la coppia non ha scelto la maternità.
Quando la nave affonda e c’è un unico salvagente, è lecito uccidere un altro naufrago che vuole prendere per sè il salvagente: si chiama “stato di necessità”, è un istituto giuridico che esiste da sempre e rende non punibile un atto gravissimo come l’omicidio volontario di un essere umano innocente.
Se lei vuole, può cedere il salvagente all’altro naufrago e decidere di annegare: ma vorrà lasciare al suo prossimo, spero, la libertà di scegliere se essere un martire o meno. Se un feto di un mese mettesse a rischio la vita o la salute di mia moglie o della mia famiglia, non esiterei un istante a sopprimere la vita dell’essere vivente di un mese.
Spero, gentile WernerStefanoMax, di avere chiarito meglio la mia opinione e le chiedo scusa se in passato ho posto delle riflessioni più intelligenti di quelle che ho proposto in questo post ed in altri, da qualche tempo a questa parte. Non sempre ho il tempo e la lucidità necessari allo scopo: famiglia e lavoro sono sempre più assorbenti. Inoltre diceva Etty Hillesum che per l’umiliazione bisogna essere sempre in due: chi umilia e chi si lascia umiliare. Così funziona anche nelle conversazioni: se l’interlocutore è scadente, anche il miglior conversatore rischia di precipitare al suo livello.
Con sempre immutata stima, le auguro buona giornata.
Manlio Pittori
manliopittori ha detto:
Gentile Stefano,
per quel che vale, le debbo dire che non mi sento più alterato del solito: nel caso di specie direi che la sua diagnosi è errata.
Spero che nella professione i risultati siano migliori.
Sono, semmai, un po’ confuso nel mettere insieme le disiecta membra del commando WernerStefanoMax, con cui si sono da poco schierati gli incursori Beppino & Michele.
Se ci aggiungiamo la vostra discreta incapacità di annidare correttamente gli interventi e il fatto che sto lavorando a una relazione che, ovviamente, finirò nel cuore della notte, forse il quadro clinico le apparirà più leggibile.
Ma non vorrei che poi lei mi diagnosticasse la sindrome dell’excusatio non petita…
Ho letto e poi riletto il suo ultimo intervento e non saprei cosa risponderle: nel senso che le sue tesi sono argomentate e ragionevoli e provengono da una persona che sa quello che dice e che crede in quanto afferma.
Non mi sono mai trovato a dover affrontare in prima persona una situazione con possibile prospettiva abortiva: e, da padre, non posso dire cosa realmente farei se fossi chiamato a decidere su una simile questione.
Che l’embrione sia un essere umano mi sembra un’ovvietà: ma anche se non lo fosse a, poniamo caso, quattro settimane, quella cosa (che si ritenesse non essere ancora un essere umano) lo diventerebbe naturalmente con il passare del poco tempo di una gravidanza.
Continuo però a ritenere l’aborto una soluzione possibile e praticabile, per la semplice ragione (che ho già espresso)
“che l’uomo va trattato sempre come un fine e mai come un mezzo. Obbligare le donne alla generazione ogni volta che sono, rimangono incinte, significa trattare il corpo delle donne come mezzo di riproduzione, ma trattare il corpo della donna come mezzo di riproduzione confligge appunto con l’indicazione di Kant, che poi non è solo quella di Kant ma anche l’indicazione cristiana, che l’uomo va trattato come un fine e non come un mezzo, che l’uomo è persona e non strumento di generazione” (cito, perchè esprime il mio pensiero meglio di quanto sappia fare io, da Umberto Galimberti).
Anche l’embrione è un uomo e quindi non deve essere trattato come un mezzo: parrebbe un’impasse irrisolvibile.
Ma la vita è piena di queste situazioni di conflitto: le guerre giuste (e le guerre giuste, lo dico da ateo, esistono eccome) causano la soppressione di vite innocenti in nome di un interesse più alto, al quale le prime sono sacrificate.
Personalmente considero l’aborto come l’amputazione di una gamba: per questo motivo la domanda Sei favorevole all’aborto? è insensata come la domanda Sei favorevole all’amputazione della gamba?. Dipende: se l’amputazione salva una vita, ben venga l’amputazione; se l’aborto salva una vita, ben venga l’aborto.
E per vita non intendo solamente l’esistenza biologica, ma – anzi, soprattutto – la vivibilità personale, sociale, culturale, spirituale ed etica dell’esistenza. Quando penso alla mia amica Giovanna e al calvario inenarrabile che sta passando da vent’anni con un figlio cerebroleso grave, l’unico pensiero che mi tranquillizza è che esiste la possibilità di abortire – ammesso e non concesso che sia possibile diagnosticare in tempo una simile malattia.
Non saprei che altro dirle. Lei fa benissimo a battersi perchè nessuna donna sia costretta ad abortire: penso la medesima cosa e, ne avessi il tempo, pretenderei che la collettività si faccia carico, fin dove possibile, dei drammi che possono spingere una donna ad abortire contro la sua volontà.
Ma dove la volontà della coppia fosse contraria alla generazione, non riesco a trovare una sola ragione per imporre loro il peso di un figlio non voluto e non desiderato.
Perdonerà, spero, la seconda (e ultima) citazione (da Umberto Veronesi), nella quale colgo elementi condivisibili.
Eppure io sono contro l’aborto. Tutti lo siamo, credo: non c’è persona che non sia idealmente contraria all’interruzione di gravidanza, perché è un atto contro natura (nel senso che si oppone all’imperativo genetico della riproduzione […]) e perché produce conseguenze traumatiche dal punto di vista psicologico. Ma condannare l’aborto con una legge, renderlo illegale, non impedisce che gli aborti avvengano. […] L’aborto volontario è un evento grave, ma l’aborto clandestino è una tragedia: per questo offrire a una donna l’opportunità di abortire in modo legale e controllato corrisponde alla scelta del «male minore».
Infine, le assicuro che non dirigo una clinica abortista e quindi non ho alcun interesse in materia: non sono cioè un sostenitore dell’aborto* – anzi, sono dispostissimo a cambiare idea se qualcuno mi convince che la mia idea è sbagliata (comprendere che una propria idea è sbagliata è probabilmente la cosa migliore che possa capitare a un uomo).
Al momento, però, non ho trovato nessuno di così convincente.
Cordialmente,
Manlio Pittori
* Come detto, essere un sostenitore dell’aborto è semplicemente folle e insensato.
beppino ha detto:
****Io sono abituato a ragionare per fatti. Io considero il meccanismo dell’otto per mille una truffa legalizzata e da sempre mi batto per la sua abolizione, sic et simpliciter: ognuno si paghi la sua Chiesa e i suoi preti di tasca propria, così come io, di tasca mia, mi pago il mio assistente spirituale****
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Anch’io sono abituato a ragionare con i fatti. Quando firmo per l’8 per mille garantisco che parte delle mie tasse vada alla Chiesa cattolica. Lei é liberissimo di dare l’8 per mille allo Stato, firmando ovviamente nell’apposita casella. Mi sembra molto elementare la cosa. Se poi non le piace la menata dell’8 per mille si dia da fare con qualche suo amico politico o con qualche partito affinchè sia cambiata la legge (non speri un aiuto da me comunque…).
Ben più scandaloso é il fatto che sia io a non poter NON pagare la quota parte di competenza delle mie tasse che serve a mantenere l’abortificio pubblico che abbiamo in Italia (come un medico può decidere di non partecipare alla mattanza mi sembra il minimo che quando si pagano le tasse ci si la possibilità di non dare il proprio contributo).
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****cosa dovrebbe fare lo Stato, per evitare quello che per voi è un olocausto immondo****
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Lo Stato dovrebbe considerare l’aborto come trattamento sanitario obbligatorio e gratuito come era prima del 1978. Cioé quando c’é il rischio di morte per la mamma ovvero quando la gravidanza é il risultato di uno stupro. Per quanto riguarda le coppie sbadate penso che lo Stato dovrebbe prima di tutto spiegare che il corpo femminile (come da teoria dell’evoluzione) é fatto anche per fare figli e dovrebbe spiegare che il corpo maschile é fatto anche per avviare la faccenda. Mi sembra molto semplice la cosa. Se una coppia vuol fare attività sessuale bellamente strafregrandosene della realtà fisico-biologica dovrà prendere le giuste misure in via preventiva e con “caratteristiche garantite”. C’é poi il discorso dell’affido pre parto e altro ancora che può essere oggetto di discussione, se vuole, dopo che una persona così preparata e sveglia come Lei mi avrà condito di concetti innovativi e moderni sull’argomento (insomma.. un passo alla volta).
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****dite senza timore in quale modo dovrebbero essere puniti la donna che abortisce e chi coopera nell’aborto****
Chi coopera all’aborto andrebbe punito dopo adeguato emendamento come la medesima procedura prevista dal codice penale per l’eliminazione dolosa e volontaria di una persona. Per quanto riguarda la donna si dovrebbe agire cercando di valutare l’ambiente ed i retroscena che l’hanno portata ad una tale scelta suddividendo il reato fra colposo e doloso a seconda delle condizioni al contorno citate. Quello che é veramente scandaloso sono le seghe mentali di natura giuridico-filosofica (dove lei sarà sicuramente un maestro) destinate a differenziare il feto tra la ennesima settimana in cui si può conseguire attualmente il procurato aborto e la ennesima settimana più un secondo dove improvvisamente la creatura diventa portatrice di significatività giuridica.
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Non so se la devo stimare o meno (del resto la cosa penso le sia irrilevante). Se vuole può pure rispondere.
manliopittori ha detto:
Nemmeno io so se lei mi deve stimare o meno, gentile signore: personalmente ci penso da solo, senza suggerimenti del diretto interessato, a decidere se una persona è da stimare o da disistimare.
Sull’aborto ho risposto poco fa a WernerStefanoMax e quindi non mi dilungherò.
L’otto per mille. Noto che lei è del tutto all’oscuro del meccanismo che lo regola, in base al quale sono destinati alle diverse confessioni anche i proventi dell’otto per mille dei contribuenti che non hanno optato per nessuna confessione. Alla base dell’otto per mille c’è un’impostazione truffaldina mica da poco – e mi stupisco che lei non lo sappia.
La spesa per l’aborto. Gentile signore, se non vuole finanziare l’aborto con le sue “tasse”, si avvalga dell’obiezione fiscale: altri l’hanno fatto prima di lei.
Mi permetto invece una considerazione sulla questione degli aborti ammissibili.
Lei definisce l’aborto una mattanza, dal che desumo che lei sia contrario a quella pratica. Tuttavia lo ritiene lecito quando la gravidanza è il risultato di uno stupro. Ma che colpa ha l’essere umano nel grembo materno se l’atto che gli ha dato la vita non è un atto d’amore ma di violenza? Perchè uccidere un essere umano innocente per la colpa commessa dallo stupratore, delle cui azioni non dovrebbe rispondere – e con la soppressione! – il frutto dello stupro?
beppino ha detto:
****Sull’aborto ho risposto poco fa a WernerStefanoMax e quindi non mi dilungherò****
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Vede, signor Pittori, quando una persona preparata come lei considera una risposta la frasetta “anche se l’aborto fosse un assassinio non cambia la sostanze delle cose”, non solo mancano i presupposti per “percepire” una risposta… ma probabilmente mancano anche i minimali presupposti per un ragionamento razionale e culturalmente degno di nota sull’argomento. Del resto é estremamente banale e scontato il seguito (la scelta, la malattia, la sciocchezza dell’analogia con la situazione di naufragio – per inciso si dimentica la variabile “società” nella dialettica padre + madre + figlio… ma va bhe… quando fa comodo fa comodo).
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****in base al quale sono destinati alle diverse confessioni anche i proventi dell’otto per mille dei contribuenti che non hanno optato per nessuna confessione.****
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Questa é una sciocchezza. L’8 per mille fa parte del “monte” tasse; se non le piace la suddivisione per le “non” scelte non fa altro che firmare da subito per mamma Stato (così lei é a “posto”) e agire affinchè il politico o partito di turno si dia da fare per cambiare l’impostazione che lei ritiene truffaldina.
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*****si avvalga dell’obiezione fiscale: altri l’hanno fatto prima di lei….****
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La cosa non funziona così, signor Pittori. Suvvia, non racconti bugie, altrimenti le si allunga il naso (sto scherzando… non se la prenda).
Per inciso la non convenienza ad avvalersi di una ipotetica obiezione fiscale (che ripeto non esiste nel caso specifico) é una motivazione di ordine squisitamente tecnico: é molto difficile, operativamente, determinare l’incidenza della spesa degli abortifici nel complesso della spesa sanitaria pubblica.
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****Lei definisce l’aborto una mattanza, dal che desumo che lei sia contrario a quella pratica. Tuttavia lo ritiene lecito quando la gravidanza è il risultato di uno stupro. Ma che colpa ha l’essere umano nel grembo materno se l’atto che gli ha dato la vita non è un atto d’amore ma di violenza? Perchè uccidere un essere umano innocente per la colpa commessa dallo stupratore, delle cui azioni non dovrebbe rispondere – e con la soppressione! – il frutto dello stupro?****
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Finalmente una considerazione di spessore…complimenti. Il fatto che consideri il procurato aborto una mattanza non vuol dire che io sia contrario, già quello é un ragionamento molto soggettivo e funzionale solo ad una dialettica monorientata (in altri termini se la fa e se la mangia…).
Ad ogni buon conto le offro il mio punto di vista. Un bambino di norma “dovrebbe” sempre nascere da un atto d’amore. In caso di stupro c’é implicitamente un atto di violenza a monte destinato a configura un comportamento colposo da parte del violentatore. Sarebbe “ideale” che la donna a sua volta operasse attraverso un atto d’amore per portare alla luce la creatura ma ad una donna non si può chiedere una “reazione” alla violenza imponendole implicitamente di portare alle estreme conseguenze il principio (alla base di tutto) secondo il quale il più debole deve essere sempre aiutato. Se non vuol portare a termine la gravidanza dopo la violenza, mancando l’amore ad originem, la donna stessa non si può che configurare come mero “mezzo” per conseguire un scopo e, soprattutto, viene a mancare il nesso eziologico (in termini di atto di amore) col bambino destinato a “imporre” implicitamente la scelta etica di finire la gravidanza. Ben altra cosa ovviamente é la gravidanza indesiderata perché “é andata male una serata di sesso”; in questo caso c’é di mezzo una responsabilità oggettiva.
Stefano Bruni ha detto:
Sulla sua ultima frase (“Ma che colpa ha l’essere umano nel grembo materno se l’atto che gli ha dato la vita non è un atto d’amore ma di violenza? Perchè uccidere un essere umano innocente per la colpa commessa dallo stupratore, delle cui azioni non dovrebbe rispondere – e con la soppressione! – il frutto dello stupro?”), gentile Manlio, sono ASSOLUTAMENTE D’ACCORDO con lei! Mi devo preoccupare?
🙂
Stefano
manliopittori ha detto:
Caro Stefano,
come avrà facilmente intuito, l’ultima frase era una provocazione per il signor Beppino: quindi credo che non si debba preoccupare per nulla…
Manlio
Michele ha detto:
Cit.
“la coppia è obbligata a tenersi il frutto indesideratissimo di un atto non finalizzato alla riproduzione (con il che Paolo e Francesca decadono a bestie, prive di qualsiasi controllo culturale sul proprio corpo) oppure la coppa decide che l’embrione inconsapevole e insensibile deve essere eliminato, in quanto spettano alle scelte della coppia le decisioni riproduttive, e non certo alla lotteria dei difetti di fabbrica dei preservativi”
Questa argomentazione è capziosa perché lascia intendere che di un atto si possa essere ritenuti responsabili solo quando l’atto è premeditato e le conseguenze sono senz’altro conosciute e volute. In realtà basta pensare all’omicidio colposo per capire che come la mancata volontarietà dell’atto non esenti affatto dalla responsabilità soggettiva. A maggior ragione vale nel caso in questione, in quanto i contraccettivi vengono assunti proprio per evitare il concepimento: ciò indica inequivocabilmente che è noto come l’atto sessuale possa portare alla procreazione e che essa sia un’ipotesi tutt’altro che remota. Non si può dire “non sapevo”…
Per quanto riguarda i “difetti di fabbrica” faccio notare che l’affidabilità dei contraccettivi non è mai garantita al 100%, informazione peraltro facilmente reperibile, e che la loro fallibilità è legata in massima parte all’intervento umano (preservativo non infilato correttamente, assunzione della pillola in maniera difforme a quanto prescritto). Come vede, il “controllo culturale” c’è, solo che per colpe umane non è perfetto.
Anzi, proprio una fiducia estrema nei contraccettivi, tale da far sì che l’uomo e la donna possano essere esentati da qualsiasi responsabilità in merito, fa venir meno questo controllo su proprio corpo. In tal modo il controllo viene demandato all’affidabilità della tecnica, ritenuta infallibile, facendo decadere, come lei dice, le due persone al rango di bestie, prive di responsabilità.
Invece, è proprio richiamare l’uomo alla responsabilità delle proprie azioni ed alla necessità di assumersene le conseguenze, anche non volute (ma ampiamente prevedibili), che fa sì che egli non decada al ruolo di bestia, essere per definizione irresponsabile di ogni sua azione.
manliopittori ha detto:
Gentile Michele,
le cose non stanno esattamente come lei le descrive.
Non è vero che la mancata volontarietà dell’atto non esenti affatto dalla responsabilità soggettiva.
Infatti, se io – guidando nel pieno rispetto delle regole della circolazione stradale – investo mortalmente un passante incauto (o anche non incauto) – non sarò responsabile di omicidio colposo, appunto perchè non mi è imputabile alcuna forma di imprudenza, negligenza o imperizia.
In questo caso la mancata volontarietà dell’atto, unita a un comportamento privo di colpa, esenta da responsabilità soggettiva.
E se è vero che occorre richiamare l’uomo alla responsabilità delle proprie azioni ed alla necessità di assumersene le conseguenze, anche non volute (ma ampiamente prevedibili), è anche vero che ciò comporterebbe eliminazione di ogni bagnino, soccorso alpino o protezione civile: chiunque sa che andare per mare e per montagne è pericoloso e quindi non si vede perchè la collettività deve assumersi l’onere di proteggere e di salvare chi fa il bagno col mare agitato, chi sale la vetta col tempo instabile e chi va a fare il trekking in luoghi infestati da malattie o da terroristi.
Ma questi discorsi mi sembrano superflui e vacui: credo che al fondo ci sia una diversa prospettiva antropologica. Lei considera la vita (in particolare quella prenatale e preagonica, sospetto) un bene assolutamente e definitivamente intangibile; io ritengo che, nei casi di conflitto tra due vite, una possa e debba prevalere.
Molto banalmente, mia moglie e io non potremmo reggere il peso insostenibile di un quarto figlio, specialmente se ci fosse la seria possibilità di una grave malattia: credo che per tutelare la vita e la salute della mia famiglia riterrei possibile e forse anche opportuno sopprimere la vita di un figlio che potrebbe distruggere o gravemente compromettere la nostra esistenza.
Sono un assassino? Sarò un assassino.
beppino ha detto:
*****Sono un assassino? Sarò un assassino.****
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Contento lei…
Michele ha detto:
Nel caso dell’investimento di un passante da parte di un automobilista che guida rispettando le norme legali e di buon senso, la situazione che si viene a creare non è addebitabile a lui, ma ad un errore (o alla volontà) del passante.
Ben diverso è il caso della procreazione, dove la gravidanza indesiderata è posta in essere direttamente dai due copulanti i quali sono assolutamente consapevoli (ed il fatto che si “proteggano” lo dimostra inequivocabilmente!) che un esito possibile e nient’affatto remoto è la gravidanza, anche nel caso di utilizzo di contraccettivi. Perciò, a differenza di quanto scrive Galimberti, la donna non è mai mezzo di riproduzione, semmai è autore, assieme all’uomo, della riproduzione; la posizione del filosofo psicanalista postula che la gravidanza avvenga quasi per “magia”, senza che uomo e donna siano in qualche modo partecipi.
Se proprio volessimo trovare un’analogia tra la gravidanza indesiderata ed il codice della strada, potremmo tirare in ballo il c.d. omicidio stradale, ma non l’esempio da lei portato. Anzi, potremmo spingerci sino a dire che è il concepito a trovarsi in una situazione simile a quella del suo esempio: si trova in una situazione che lui non ha
generato.
L’altra obiezione è in realtà un sofisma: lei stesso si rende conto che l’uomo deve assumersi le responsabilità delle proprie azioni.
I mezzi di salvataggio adoperati nei casi citati indicano come la vita umana sia reputata (anche in uno stato che proclama l’autodeterminazione individuale come principio supremo) ancora come un bene da tutelare in sommo grado, anche qualora il soggetto intendesse metterla a rischio incautamente oppure consapevolmente (ad es. un tentato suicidio). La libertà, insomma, trova un vincolo ineliminabile nel rispetto della vita, anche della propria; vita che è d’altronde “conditio sine qua non” per l’esercizio della libertà, e quindi della responsabilità.
manliopittori ha detto:
Giusto per la chiarezza: questo scambio nasce dalla sua affermazione del novembre 15, 2015 alle 00:40
In realtà basta pensare all’omicidio colposo per capire che come la mancata volontarietà dell’atto non esenti affatto dalla responsabilità soggettiva
affermazione palesemente errata dal punto di vista giuridico, come le ho supra dimostrato; non contento, lei persevera sostenendo ora che
nel caso dell’investimento di un passante da parte di un automobilista che guida rispettando le norme legali e di buon senso, la situazione che si viene a creare non è addebitabile a lui, ma ad un errore (o alla volontà) del passante.
Anche in questo caso, lei è in errore: l’automobilista (che guida nel pieno rispetto delle norme e della prudenza) è del tutto esente da responsabilità anche quando nessun errore o volontà è attribuibile al passante: ad esempio quando questi, colpito da malore o spinto da un terzo, cada in strada e l’automobilista lo uccida.
La morte del passante può quindi non essere dovuta nè alla colpa dell’automobilista nè a quella del passante: quindi, a maggior ragione, totale esenzione da qualsiasi responsabilità in capo all’automobilista.
E con questo ritengo chiusa la questione giuridica.
In quanto al resto, nessuno nega che l’uomo debba assumersi le responsabilità delle proprie azioni: ma il suo sillogismo è fallace.
E’ ovvio che l’esito possibile e nient’affatto remoto del coito è la gravidanza: proprio per questo Francesca e Paolo, quando fanno l’amore, adottano tutte le precauzioni necessarie a prevenire la possibile (non certa e nemmeno probabile) conseguenza della gravidanza, tra l’altro del tutto indesiderata e ostacolata.
Ma assumersi le proprie responsabilità non significa certo assoggettarsi del tutto alla roulette biologica, come gli animali: non essendo animali, ritengo che si possa decidere se accettare il frutto indesiderato del coito o decidere che quella gravidanza è del tutto incompatibile con la situazione personale della coppia.
In ogni caso, ritengo questa conversazione del tutto inconcludente e faticosa. In assenza di novità sostanziali, io la chiuderei qui.
Grazie.
Michele ha detto:
Solo 2 precisazioni:
1) Non ho menzionato un evento casuale come un malore, ma mi pare del tutto marginale nella discussione. Ciò che conta è che l’automobilista non è il principio della situazione che si crea, mentre lo sono i due copulanti nel caso della gravidanza indesiderata.
2) Chiariamo cosa significa “assoggettarsi del tutto alla roulette biologica”. Gli animali lo fanno, ma agiscono per istinto e senza ponderare le conseguenze; gli uomini no, non si assoggettano totalmente alla “roulette”, quasi ne fossero vittime inconsapevoli. Questa roulette la fanno esistere loro e sanno quali “numeri” possono uscirne…
Chiudo anch’io qua e la saluto
Stefano Bruni ha detto:
Gentile Manlio,
io sono Stefano Bruni e basta. Mi dispiace essere per lei un interlocutore “scadente” ma me ne farò una ragione. Non ho bisogno di essere “soccorso” da nessuno ma se qualcuno (Max o Werner) trovano che io dica cose condivisibili mi fa piacere al pare di interloquire con lei.
Poichè io sono Stefano Bruni e basta, sottolineo come mi sono permesso di sottolineare come una sua obiezione (non tutti interi i suoi commenti) non facesse onore alla sua intelligenza e capacità dialettica che, con ciò, ho voluto appunto al contrario sottolineare. Perciò, vede, io non la ritenevo un interlocutore scadente. Anche perchè agli interlocutori scadenti io non perdo tempo a rispondere: come lei ho famiglia, un lavoro che mi assorbe completamente (benchè oggi sia Domenica dovrò comunque visitare alcuni bimbi malati), un coro parrocchiale del quale mi sono preso la responsabilità e, by the way, un Advisory Board di esperti internazionali di malattie metaboliche di cui sono il chair che nei prossimi 4 giorni dovrò gestire e per il quale devo ancora preparare la mia relazione introduttiva.
Mi rallegro che lei abbia 3 figli e che se fosse arrivato il quarto lo avrebbe accolto con gioia. Mi piacerebbe soltanto che la stessa cosa valesse per tutti i papà e le mamme. La cosa mi rende fariseo o un interlocutore scadente?
Anche io ho dei figli e ne sono felice. E se ne fossero arrivati altri li avrei accolti come un dono e quindi con gioia. Se ci fosse stato il rischio di una malattia? Bisogna trovarcisi davvero nelle situazioni per poter dire cosa si farebbe davvero. Credo, spero, che con sofferenza l’avrei accolto lo stesso, consapevole di doverlo amare ancor più che gli altri, sani. Ma, ripeto, non ho la presunzione di sapere con certezza se davvero mi sarei comportato così. Nella mia professione però ho visto accadere questo miracolo d’amore molte volte.
Proprio perchè avere un figlio è una scelta importante che, come dice lei (e sono talmente d’accordo che lo avevo anche affermato, indirettamente, nei miei commenti precedenti) non può essere lasciata al caso, credo che le persone dovrebbero essere educate ai tempi e ai modi giusti. MEGLIO PREVENIRE CHE DOVER FARE POI SCELTE DOLOROSE O COMUNQUE GRAVI.
Sono contrario all’aborto legale e fosse per me non lo sarebbe e chi lo procura sarebbe punito. La possibilità di uccidere il proprio figlio è un “diritto” della donna/coppia che lo ha procreato? direi proprio di no: nessuno ha diritto sulla vita di un altro, nessuno.
Conosco tante persone che avendo a disposizione un solo salvagente e due persone in mare da salvare si sono buttati per abbracciarne una e tentare di riportarle sulla barca, talvolta anche al prezzo della propria vita. Micca tutti, in stato di necessità, si affidano al principio che “mors tua vita mea”.
Imporrei questo eroismo ad altri: NO, chi sono io per farlo. Ma volutamente quando parlo di aborto partecipando a discussioni come questa, mi riferisco alla stragrande maggioranza delle situazioni cosiddette “normali” (cosiddette!!!) e non ai casi limite del possibile pericolo di vita per la madre. Trovo sbagliato insistere sui casi limite perchè la stragrande maggioranza dei bambini abortiti non viene uccisa in situazioni limite.
Certo, se lei legge superficialmente quanto ho scritto potrà dire che non è coerente dire che io non voglia imporre ad altri di sacrificarsi per un figlio e al contempo che io sia a favore dell’illegalità dell’aborto. Fatti salvi i casi limiti (rispetto ai quali comunque è bene precisare che non si tratta di tragedie di minore portata, anzi) credo che l’avere legalizzato questo omicidio abbia di fatto tolto qualsiasi remora a chiunque. Nel dubbio astieniti, dice un vecchio proverbio. Ora il dubbio non c’è più: se è legale vuole dire che si può fare. Non è così, gentile Manlio. Non tutto ciò che è legale è anche etico, giusto. Meglio allora cominciare a far tornare il dubbio: magari qualcuno, avendo la necessità di pensarci un po’ di più, deciderà di non uccidere il suo bimbo.
Buona Domenica a lei e alla sua famiglia.
Stefano (no Max, no Werner, no nessun altro)
Stefano Bruni ha detto:
Caro Manlio,
purtroppo è difficile dialogare rispondendo al momento giusto alla persona giusta quando il proprio commento (giustamente) non appare in “diretta” a seguito della sua redazione.
A volte capita che si scriva in contemporanea rispetto al proprio interlocutore e questo direi che è accaduto anche a lei, almeno se leggo la sequenza dei suoi interventi.
Perciò mi scusi se intervengo qui sotto.
Avevo capito la sua provocazione rispetto all’aborto di un feto frutto di uno stupro. Non mi illudevo (o forse sì?!) che pensasse davvero ciò che scriveva. Nel caso avrei dovuto farle notare che l’affermazione non era sequenziale, a rigor di logica, con ciò che aveva sostenuto nei commenti precedenti ma, come dice lei, si può sempre cambiare idea. 🙂
Sono ancora una volta invece in disaccordo con lei quando paragona l’uccisione di un bimbo, ancorchè non ancora nato, con l’amputazione di una gamba. Tra l’altro (ma è solo uno dei motivi del mio disaccordo) perchè una gamba è un pezzo di me stesso sulla quale ho il diritto di decidere, mentre un bambino non è un pezzo della mamma, anche se vi cresce all’interno e grazie al suo indispensabile supporto.
Per il resto, come già detto, anche io ho parecchio da lavorare e sono indietro con il mio programma di lavoro. Ma certi argomenti mi appassionano. Vorrà dire che questa notte, quando anche io come lei dovrò preparare la mia relazione, mi sentirò un po’ meno solo!
🙂
manliopittori ha detto:
Caro Stefano,
mi pare che condividiamo qualcosa: entrambi abbiamo figli, entrambi lavoriamo la domenica (ma la cosa per lei è più grave, essendo il giorno del Signore*), entrambi siamo curiosi e appassionati delle cose che contano – la vita, la morte, la felicità, entrambi sacrifichiamo tempo preziosissimo a discussioni delle quali sempre più spesso penso che, per quanto siano gradite, si rivelano alla fine sostanzialmente inutili.
Provo a spiegarmi meglio. Io non sono convinto di avere ragione in materia di aborto: ma nessuna delle sue argomentazioni riesce a scalfire la consapevolezza di fondo che a volte l’aborto può essere l’unica soluzione.
Franz Rosenzweig scrisse La stella della redenzione nelle trincee della Prima guerra mondiale usando cartoline postali; Beethoven compose la Nona dall’abisso della sordità più completa; Etty Hillesum sperimentò la più totale libertà sotto il dominio pieno e incontrollato delle bestie naziste; Florenskij riusci a restare l’uomo straordinario che fu nonostante l’inferno delle Solovki staliniane: posso quindi immaginare che anche nell’accudimento di un figlio malato si possa trovare persino la strada sulla quale dobbiamo camminare per giungere alla consapevolezza e alla fiducia.
Non escludo nulla, della vita, dalla vita. Io stesso sono passato per inferni inenarrabii per poter diventare un uomo: ma non mi sentirei di caldeggiare ai miei figli il mio stesso percorso, per quanto abbia potuto toccare con mano quanta grandezza e quanta bellezza ci siano nella provvida sventura.
Una delle persone che più ricordo con affetto, riconoscenza e ammirazione è un uomo che, da ragazzo, uccise a coltellate il padre che picchiava a sangue, da anni, moglie e figlie: da quel giorno ho smesso di giudicare i percorsi delle persone e ho smesso di considerare i fatti della vita con il codice binario giusto-sbagliato.
E’ quindi possibile che la mia strada passi** per l’esperienza di un figlio gravemente disabile: ma, con quello che ho potuto vedere succedere in casi simili, davvero credo che pregherei*** Pater si vis transfer calicem istum a me; verumtamen non mea voluntas sed tua fiat e che considererei molto attentamente l’ipotesi dell’aborto.
So che c’è la Provvidenza ma so anche che occorre essere candidi come le colombe e astuti come i serpenti.
Insomma, qui non si parla dell’aborto forzato della Cina: si parla di scelte individuali, incomunicabili e irripetibili, dalle quali la legge e lo Stato dovrebbero astenersi.
Per questo dico che alle volte, per quanto gradite, questi scambi mi lasciano perplesso: non cambio idea. Non che debba cambiarla, ma almeno un dubbio vivificante..
Does it make any sense for you?
Bene, torno alle sudatissime e trascuratissime carte – oltre a lei, ci sono stati i pancakes per la merenda, il violino della più piccola da ascoltare, l’interrogazione di storia da preparare, in questo pomeriggio originariamente pensato per la relazione (peggio: devo tenere un corso tra cinque giorni). E tutto il resto che c’è stato e ci sarà.
Cordialmente,
Manlio****
* E’ una battuta.
** Non passerà più – l’età sinodale è superata: ma avrebbe potuto passare.
*** Sono ateo, ma conosco il potere straordinario della preghiera, per quanto alla fin fine si tratti sempre e solo di chimica. Ma anche i colori di Millet sono chimica: questo non toglie nulla, però, alla straordinaria bellezza del suo Angelus
**** Non la confondo con nessuno e, questo mi pare sia chiaro, non la ritengo per nulla un interlocutore scadente. Anzi. Gli è che sono stato travolto, in rapida successione e quasi contemporaneamente, da lei e dalla coppia Max-Werner: e mister Max mi ha fatto notare che in passato avevo posto delle riflessioni più intelligenti di quelle che ho proposto in questo post ed in altri, da qualche tempo a questa parte. Ho risposto quindi a tutti e tre ricordando le parole di Etty Hillesum: per l’umiliazione bisogna essere sempre in due: chi umilia e chi si lascia umiliare. E così, con riferimento alle osservazioni di mister Max, ho precisato che lo stesso principio di applica anche alle conversazioni: se l’interlocutore è scadente, anche il miglior conversatore rischia di precipitare al suo livello. Ma mi riferivo alle parole di mister Max, non alle sue.
beppino ha detto:
Secondo me, approfondendo il problema prevalentemente dal punto di vista delle situazioni “contingenti”, il procurato aborto non andrebbe considerato in termini di “giusto o sbagliato” in quanto, ineluttabilmente, il conseguente “giusto o sbagliato” diventerebbe figlio fariseo del tempo in cui viene stabilito. Ne andrebbe considerato e/o giustificato, meno che meno, in termini di esperienza di vita difficile e infelice destinata impropriamente ad edulcora alla fonte le stesse scelte difficili sul tema del procurato aborto; alla fine é solo un ammaina bandiera della propria limitatezza e mancanza di volontà di far prevalere il principio fondamentale che differenzia l’Uomo dalla bestia: ovvero difendere “prima” e “sempre” il più debole. Del resto molta gente passata per indicibili difficoltà in conseguenza dell’arrivo di un figlio disabile, Down, e comunque “non perfetto”, alla fine posta sempre il problema non nei termini “era meglio non averlo avuto” ma semmai se la prende contro questa società che ci ritroviamo dove conta l’apparenza, il potere, l’avidità, la superbia e che, ormai da tempo, ha avviato la strada di eliminare alla fonte o in corso d’opera l’umanità che non serve o che non é funzionale al tipo di vita (“cultura dello scarto”). Sullo specifico mi viene in mente una considerazione fatta con mia moglie, l’anno scorso, presso la frontiera di Ventimiglia mentre si discuteva sulla legislazione francese in materia di aborto: un bel cartello alla frontiera, in ingresso, con scritto “country Down free”. Sarebbe un bel segno di civiltà e modernità, nella patria dell’illuminismo.
.
Per cui ritengo ci sia qualcosa di profondamento scorretto, o comunque non coerente, nel momento in cui venga avvallata la necessità a priori del procurato aborto (financhè a farlo diventare “trattamento sanitario obbligatorio” con tutte le conseguenze, non sufficientemente meditate, del caso). Solo un’etica illuminata ed illuminista, figlia dei relativismi sfociati a seguito del periodo di Voltaire, può portare a far discutere su scelte declamandole “oggettive e civili” quando in realtà sono solo conseguenza di una società votata esclusivamente, e in maniera acritica, alla banale constatazione dei bisogni da soddisfare; bisogni e soluzione degli stessi bisogni da concretizzare indipendentemente da possibili valori e implicita omertà nel non voler prendere atto della continua perdita di controllo del proprio egoismo.
Stefano Bruni ha detto:
Caro Manlio,
in bocca al lupo per il corso che sta preparando.
Le confesso che invidio (in senso buono, ovviamente) il violino della sua piccola da ascoltare, l’interrogazione di storia da preparare e anche la merenda. Entrambi i miei figli frequentano l’Università e ieri, come gran parte della settimana, non erano in casa. E mi mancano.
La vita scorre, va avanti, con i suoi alti e i suoi bassi, con le cose che non capiamo e quelle che ci convincono di più. Ma la vita è comunque più forte di tutto. Del terrorismo, della malattia, di chi si arroga il diritto (che non ha, continuo a pensare) di interromperla.
Lei cita Gesù, consapevole della sofferenza che lo attendeva. Gesù ha fatto la scelta più difficile, più scomoda. Avrebbe potuto non salirci per niente su quella croce, o scenderne quando voleva eppure ha scelto di donare la sua vita per l’umanità. Mi rendo conto che ciò sia qualcosa cui lei non crede, ma Gesù lo ha citato lei; io mi ero ben guardato dall’impostare la discussione sulla base della mia fede. Le mie convinzioni in tema di aborto sono molto “laiche”, che lei ci creda o no; trovo conferma della loro giustezza (dal mio punto di vista) in ciò che credo, ma se non avessi avuto il dono della fede credo la penserei nello stesso modo. Per inciso, sia io che lei (a quanto pare) abbiamo conosciuto persone che hanno fatto la stessa strada che Gesù ha fatto sul Calvario, fino alla croce.
Non è vero che queste discussioni non servano a nulla. Se 100 persone avessero letto questo scambio di idee e anche una sola avesse cambiato il proprio pensiero, io direi che questa discussione è stata utile (nel caso la suddetta persona avesse aderito al mio pensiero) o, viceversa (nel caso avesse aderito alla sua opinione) una tragedia* (*è una battuta anche se, me lo consenta, dal mio punto di vista non poi così tanto una battuta, :-)). Ma comunque un effetto questa discussione avrebbe ottenuto.
Quanto a lei e a me, quando uno si imbarca in una discussione con un interlocutore rispetto al quale è chiara non solo la distanza in termini di convinzioni ma anche la passione nel sostenere le proprie idee, è difficile che uno dei due dialoganti possa essere convinto dall’altro nel corso della discussione stessa: i due partono da una base culturale e ideologica (nel senso buono del termine) troppo forte. Io non sono riuscito a instillare in lei nemmeno un “dubbio vivificante”; peccato, le confesso che mi avrebbe fatto piacere. Non perchè mi piace che mi sia data ragione ma perchè sono sempre felice quando il mio interlocutore si convince della bontà di alcune mie idee. Lei non lo sarebbe? Il che non significa pretendere di portare l’altro dalla nostra parte. Però, chi può dirlo, magari nel tempo lei o io ripenseremo a questa discussione e … chissà… 🙂 Mai dire mai! 🙂
Sulla Domenica da santificare lei ha perfettamente ragione, altro che battuta. Spero però che offrire il proprio lavoro per gli altri a onore e gloria di Dio sia un modo per santificare il giorno del Signore.
Buona settimana e auguri alla sua famiglia.
Stefano
Werner ha detto:
Mi reinserico volentieri in questa appassionata discussione con il sig. Manlio, il quale tra l’altro ha dubbi sul fatto che il sottoscritto, Max e il sig. Bruni siamo tre individui diversi.
Tengo a ribadire che, per principio sono contrario al ricorso all’aborto come mezzo per non avere figli, quindi alla soppressione di una creatura innocente e indifesa che si trova nel grembo materno, e dunque, all’abrogazione della legge 194/1978, una barbarie. Però sostituirei questa legge con un’altra che consente di interrompere la gravidanza nei soli casi di malformazione fetale o nei casi di stupro, ovviamente solo su precisa volontà della stessa donna, non certo per imposizione dello stato.
Magari, giustamente, qualcuno obietterà su questo, anche perché potrebbe dire “ma perché il feto malformato o il feto originatosi da uno stupro, bisogna sopprimerli? Che colpa ne hanno?”. Non fa una piega, infatti la scelta per me sarebbe assolutamente facoltativa, e nessuna legge impedisce di portare a termine una gravidanza con feto malformato o originatasi con lo stupro. Di sicuro, chi decide di sopprimere un feto malformato, lo fa per evitare un’esistenza difficile al figlio e a sé stessi, mentre chi decide di sopprimere un feto originatosi da uno stupro, lo fa proprio per cancellare la principale traccia di quello che per una donna é un evento traumatico. Non dico sia moralmente giusto, ma non mi sento di colpevolizzare chi compie questa scelta in questi casi.
Non mi sento di criminalizzare il sesso non finalizzato alla riproduzione, sono scelte soggettive, ma sono contrario alla sua pubblicizzazione, che é quello che avviene grazie ai mass media. Tra l’altro la sessualità é una cosa assolutamente intima e riservata, e i continui riferimenti ad essa nei mass media li trovo di basso profilo oltre che dannosi per le menti dei più giovani che ne recepiscono un’immagine distorta.
Sembrerà paradossale, ma condivido la posizione espressa da Manlio in merito all’8 per mille.
Max ha detto:
“Gentile WernerStefanoMax,.
perchè se mi rivolgo a Werner mi risponde Stefano e quando replico a Stefano interviene, in sua difesa, Max? Siete un gruppo di pensatori intercambiabili o la stessa persona che si presenta con nick diversi?,
Mistero.
[…]”
”
[…]
Spero, gentile WernerStefanoMax, di avere chiarito meglio la mia opinione e le chiedo scusa se in passato ho posto delle riflessioni più intelligenti di quelle che ho proposto in questo post ed in altri, da qualche tempo a questa parte. Non sempre ho il tempo e la lucidità necessari allo scopo: famiglia e lavoro sono sempre più assorbenti. Inoltre diceva Etty Hillesum che per l’umiliazione bisogna essere sempre in due: chi umilia e chi si lascia umiliare. Così funziona anche nelle conversazioni: se l’interlocutore è scadente, anche il miglior conversatore rischia di precipitare al suo livello.”
“[…]
**** Non la confondo con nessuno e, questo mi pare sia chiaro, non la ritengo per nulla un interlocutore scadente. Anzi. Gli è che sono stato travolto, in rapida successione e quasi contemporaneamente, da lei e dalla coppia Max-Werner: e mister Max mi ha fatto notare che in passato avevo posto delle riflessioni più intelligenti di quelle che ho proposto in questo post ed in altri, da qualche tempo a questa parte. Ho risposto quindi a tutti e tre ricordando le parole di Etty Hillesum: per l’umiliazione bisogna essere sempre in due: chi umilia e chi si lascia umiliare. E così, con riferimento alle osservazioni di mister Max, ho precisato che lo stesso principio di applica anche alle conversazioni: se l’interlocutore è scadente, anche il miglior conversatore rischia di precipitare al suo livello. Ma mi riferivo alle parole di mister Max, non alle sue.
[…]”
Torno a scrivere dopo un esame per ricercatore e scopro che, per la prima volta, sono stato oggetto dell’allusione – per usare un eufemismo – di essere lo stesso utente che si collega con diversi nomi. Ma passiamo oltre, anche perché nell’ultimo intervento mi sembra che Manlio poi abbia corretto il tiro. Ora, se non altro, sono stato considerato un utente individuale, e quanto ho detto e’ attribuito a me soltanto e non a StefanoWernerMax, come era stato fatto in precedenza (leggere l’inizio del primo e soprattutto del secondo intervento qui sopra).
Probabilmente e’ vero che ci vuole chi si fa umiliare per umiliare, e che la discussione scade se gli interlocutori scadono. Non mi sono mai considerato un gran interlocutore, quindi se fosse successo questo, non me ne meraviglierei.
D’altra parte chi scade, scade, cosi’ come chi si fa umiliare non cancella la sgradevole azione dell’umiliare gli altri. Pure Etty Hillesum sarebbe d’accordo.
Ma e’ anche possibile, piu’ semplicemente ed umanamente, che uno lasci correre, decida che non e’ il caso di causare ed interessarsi in lunghe discussioni che possono diventare poco gradevoli, con chi ha capacita’ verbali ed argomentazione migliori delle proprie. Pero’ a volte arriva un punto in cui non se ne puo’ piu’, c’e’ un’affermazione un po’ piu’ grossa delle altre, e si risponde cercando di argomentare, *magari anche perché si e’ sollecitati ad intervenire*.
Per fare un esempio, forse se, 25 secoli fa, avessi sentito parlare dei sofisti non me ne sarei interessato per un po’ ma, se il livello fosse sceso troppo e/o il sofista si fosse rivolto ad un pubblico dove c’ero anch’io, avrei provato anche io con i miei modesti mezzi a replicare.
In fondo e’ qualcosa di simile, anche se su scale enormemente diverse, al caso di un ragazzo che uccide il padre che picchiava a sangue moglie e figlie da anni. Magari chi risponderà non ricevera’ affetto, riconoscenza ed ammirazione, questo no, ma avra’ provato a dire la sua, senza che per questo debba sentirsi un giustiziere che deve intervenire ad ogni occasione.