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Bisogna dare atto a Franco Grillini, presidente onorario di Arcigay, di essere uno diretto. Perché solo chi è così può, come lui, arrivare a sostenere che ciò che«sta distruggendo la terra» è oggi l’«opposizione all’aborto, alla contraccezione e alle sessualità non riproduttive» riproponendo una minestra vecchia di decenni e, con essa, la stessa presunta soluzione a tutti i guai del pianeta: «Basta dimezzare la popolazione del pianeta». Ora, non c’è da stupirsi della prossimità ideologica fra mondo LGBT e abortismo politico – già Frederick Jaffe (1925-1978), responsabile di enti abortisti e per la riduzione delle nascite, evidenziava la necessità di «ristrutturare la famiglia, posticipando o evitando il matrimonio» e di «incrementare percentualmente l’omosessualità» (Family Planning Perspective, 1970) -, ma fa sorridere che si continui a proporre il dimezzamento della popolazione.

Per due ragioni. Anzitutto perché non è affatto un problema europeo. Tutt’altro: l’Europa è ad oggi «l’unica regione» del pianeta destinata ad assistere alla riduzione «della propria popolazione totale fra il 2010 e il 2050» (The Future of World Religions: Population Growth Projections, 2010-2050). E che riduzione: le proiezioni stimano oltre 45 milioni di europei in meno in pochi decenni. Non sarà vero e proprio dimezzamento demografico, ma siamo comunque sulla buona strada; certo, sarebbe interessante sapere come sarà possibile pagare assistenza, sanità e pensioni ad un’Europa che invecchia senza giovani e senza praticare l’eutanasia di massa, ma non divaghiamo e torniamo alla discutibile necessità di «dimezzare la popolazione del pianeta». Che non è priorità che interessi il sempre più Vecchio Continente, come abbiamo visto, è che non è neppure una novità.

La seconda ragione infatti per cui fa sorridere che si insista ancora sul problema del sovraffollamento globale è che lo si fa da mezzo secolo, di volta in volta con profezie catastrofiche ma soprattutto fantasiose. Lo stesso New York Times – che tutto è fuorché una testata cattolica o natalista – in questi giorni ha pubblicato un articolo in cui ironizza sul catastrofismo articolato proprio a partire dal presunto pericolo del sovraffollamento globale. Paul Herlich, per esempio, che non è un analfabeta farneticante bensì un biologo già docente alla prestigiosa Stanford University, nel suo celebre lavoro The Population Bomb (1968), sosteneva che «la battaglia per nutrire tutta l’umanità è persa» e, prospettando scenari di carestia, prevedeva che «nel 2000 l’Inghilterra non esisterà più», così come l’India. Ma siamo nel 2015 e sia l’Inghilterra che l’India, ha fatto presente il New York Times, sono ancora al loro posto.

Battute a parte, è fondamentale che non si confonda la necessità di difendere e rispettare l’ambiente con quella di «dimezzare la popolazione del pianeta». Non è un caso che Papa Francesco, nella sua nuova enciclica centrata proprio sull’importanza di preservare il creato, abbia sentito il bisogno di criticare duramente quanti «invece di risolvere i problemi dei poveri e pensare a un mondo diverso […] si limitano a proporre una riduzione della natalità» (Laudato sì, n.50, p.38). Urge inoltre evidenziare come spesso coloro che vorrebbero limitare le nascite sono gli stessi che si battono per le cosiddette nozze gay. Forse perché sanno che le unioni fra persone dello stesso sesso tutto sono fuorché feconde? Ed è forse questa la ragion per cui, alla prima occasione, deridono la famiglia apostrofandola come “tradizionale”? Dopotutto, è nella famiglia fondata sul matrimonio – come provano anche i Fertility Files dell’ufficio nazionale statistico americano – che le donne sono più soventi madri. Una coincidenza?