Stavolta i dati sono seri, nel senso che vengono dallo stimatissimo istituto Gallup e non da qualche sondaggino fatto in casa. E che dicono? Parecchie cose. La più significativa è però questa: mai quelli che, nella società americana, si identificano come arcobaleno sono stati così tanti: erano 1,3% tra i nati prima del 1946, sono saliti al 2% tra i Boomers (nati tra il 1946-1964), quindi al 3,8% nella Generazione X (nati tra il 1965-1980), al 9.1% tra i Millenials (nati tra il 1981-1996) mentre nella Generazione Z (nati tra il 1997-2002) sono – udite udite – quasi il 16%, il 15,9 per la precisione.

Ad essere politicamente corretti, questo balzo clamoroso si spiega con il fatto che l’identità Lgbt è finalmente sdoganata, quindi chi tale si sente ora lo dice mentre prima, invece, taceva per vergogna o per evitare discriminazioni. Ma quando la crescita è troppo grande – tra i Millenials e la Generazione Z la componente arcobaleno è cresciuta del 75% – appare difficile non farsi qualche domanda sulla dimensione culturale del fenomeno. Anche perché, con questi ritmi, significa che tra i nati di questi anni gli Lgbt sfioreranno il 30% e tra qualche generazione gli eterosessuali potrebbero quasi diventare minoranza.

Nel frattempo – ed è forse la cosa più drammatica – qualunque studioso risulti sgradito all’ortodossia Lgbt viene fermato. É notizia di queste settimane la sospensione, per le proteste di attivisti arcobaleno, di una indagine sulla disforia di genere del Semel Institute for Neuroscience and Human Behaviour, istituto di ricerca dell’Università della California. Lo psicoterapeuta inglese, James Caspian (notoriamente gay) è giunto a ricorrere alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo perché l’università con cui collaborava ne ha stoppato la ricerca, quando si è saputo che avrebbe dato voce a dei transgender «pentiti».

La censura corre naturalmente anche sulla Rete: domenica scorsa Amazon ha rimosso dai propri canali – ad ormai tre anni della sua uscita – When Harry Became Sally, libro critico sul transessualismo dello studioso Ryan T. Anderson. Non è una novità: già la scorsa estate la piattaforma aveva impedito a Regnery Publishing di pubblicizzare un libro della giornalista Abigail Shrier sul boom delle giovani adolescenti come gruppo demografico dominante nella disforia di genere. Insomma, l’avanzata Lgbt prosegue a tappe forzate e chiunque solo si ponga delle domande è silenziato: la svolta antropologica può essere solamente applaudita.

Giuliano Guzzo

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