Nell’apprendere degli insulti contro Giorgia Meloni, unica leader donna di un grande partito in Italia apostrofata come «vacca e scrofa» da un docente universitario (povera università italiana, come ci siamo ridotti), non ho potuto fare a meno di ripensare sia ad Alan Friedman, che ha definito Melania Trump una «escort», sia a quanto detto alla femminista Marina Terragni, definita «pazza e stronza» da un attivista Lgbt. Certamente ciascuno di questi casi è diverso, ma c’è una scomoda verità che li unisce: le donne stanno sulle scatole a molti progressisti, per ragioni storiche e per ragioni più attuali.
Iniziando con le ragioni storiche, c’è anzitutto da sottolineare – sulla scorta di quanto evidenziato dalla professoressa Rosie Campbell, docente al King’s College London – che, se anche le cose negli ultimi anni sono cambiate, portando quello femminile ad essere a tutti gli effetti un voto dell’«elettore medio», «le donne, storicamente, sono state più propense a votare conservatore» (Essays on Equality, 2019). In effetti, per decenni il voto femminile è stato saldamente conservatore, e in numerosi Paesi (International Political Science Review, 2000).
Ora tale propensione è scemata, ma non per via di un ripensamento, bensì solo grazie all’elettorato femminile più giovane. Resta il fatto che i liberal del passato hanno a lungo snobbato il voto rosa. Anche fermandosi alla storia italiana, si nota infatti come gli attivisti cattolici – sia uomini sia donne – proposero il voto suffragio universale femminile subito dopo quello maschile, introdotto nel 1912; la cosa però non piaceva ai partiti borghesi di allora (liberali, azionisti e repubblicani) per una ragione semplice: sapevano «di non essere beneficiari del voto femminile» (Agnoli – Del Poggetto, Donne che hanno fatto la storia, 2019).
Il fatto interessante, tornando ai giorni nostri, è che per perfino negli Usa, dove pure il voto femminile pare da qualche anno divenuto più progressista, le donne restano su posizioni saldamente conservatrici su più di un tema. Per esempio, quello legalizzazione delle “droghe leggere”, con l’approvazione maschile che supera del 12% quella femminile (Pew Research Center, 2019). Non solo. Nello stesso mondo femminista, da anni, è in corso un terremoto contro le proposte dell’agenda politica progressista, specie rispetto alla pratica dell’utero in affitto. Gli esempi rispetto a questo si sprecano.
Basti pensare a quanto accaduto nel febbraio 2016 nella prestigiosa sede dell’Assemblea nazionale francese, il Parlamento, con la celebrazione di un convegno per l’abolizione universale dell’utero in affitto. In prima fila, in quell’occasione, c’erano sigle come il Cdac – il Collettivo diritti delle donne – guidato da Maya Surduts e Nora Tenenbaum, e il Clf, il Coordinamento lesbiche francese, presieduto da Jocelyne Fildard e Catherine Morin Le Sech. Non è finita, perché c’è un’altra frontiera verso cui molte femministe oggi sono fermamente contrarie all’agenda progressista: quello del transgenderismo. Ci spieghiamo meglio.
Quando Joe Biden, poco dopo il suo insediamento, ha firmato un ordine esecutivo stabilendo che, in nome della parità, sono da considerarsi annullate le separazioni, non solo per sesso, ma anche per il genere auto-attribuito, le prime a saltare sulla sedia sono state delle donne. L’avvocato Kara Dansky sul sito femminista Feminist Current ha firmato, rispetto a questo, un intervento molto duro, così intitolato: «Joe Biden ha cancellato le donne? Sì, ma possiamo fermarlo». Non si è trattato di un caso isolato, anzi ci sono stati anche altri interventi di questo tenore, se non perfino più battaglieri.
Sempre su Feminist Current, la femminista canadese Meghan Murphy ha infatti firmato un articolo di fuoco contro i «bravi ragazzi progressisti», che «si mostrano buoni con i loro proclami politici spesso non sono solo i meno buoni, ma i peggiori». «Preferisco di gran lunga uomini apertamente sessisti con cui puoi almeno avere una conversazione onesta», ha rincarato l’attivista, «rispetto a quelli subdoli che insistono sul fatto che amano e rispettano le donne, ma dicono […] come osi dire che le transwomen non sono donne, bigotta». Insomma, le donne stanno sulle scatole a molti intellò perché una volta erano conservatrici e, tutt’ora, non sono mai abbastanza progressiste.
>> Iscriviti al mio Canale Telegram >>
Ottimo articolo.
Per loro le donne devono essere solo di sinistra…
Commento leggermente a margine. Noto che per il caso Meloni ha preso posizione Mttarella, ha preso posizione la sinistrissima Paola Concia, ha preso posizione perfino l’ANPI… Sono intervenuti praticamente tutti tranne uno: la commissione Segre contro l’odio. Sarà un caso?
L’ha ripubblicato su Organon.
Non c’entrano le donne ma sono quelli che non sono di sinistra