La parola del giorno è senza dubbio vaccino. Non solo perché 9.750 dosi di Pfizer sono arrivate in Italia, con le prime somministrazioni in queste ore, ma perché oggi, 27 dicembre, la maggioranza dei Paesi dell’Ue ha dato il via alla controffensiva vaccinale anti-Covid, e già si parla di questa data come di storico vaccination day. Sarà così? Il tempo lo dirà. Al pari di tanti ovviamente me lo auguro, anche se prima di brindare aspetterei dato che, fino a che gli immunizzati non saranno il 70 per cento della popolazione, ogni sospiro di sollievo rischia di essere quanto meno prematuro; e intanto, come dire, «ce n’è di Coviddi».

Meglio allora tenere alta la guardia pur sapendo che, sì, da oggi la luce in fondo al tunnel è più vicina; non a portata di mano, ma più vicina. Lo preciso non per spegnere l’entusiasmo di alcuni né per alimentare lo scetticismo di altri, ma perché Covid-19 è già stato dichiarato «clinicamente morto» una volta, e non mi pare sia finita benissimo. Allo stesso modo, confesso che dalla stessa combriccola che a febbraio mi esortava ad abbracciare un cinese e che il 12 dicembre non ha saputo impedire che, con 1.049 morti per milione di abitanti, l’Italia conquistasse lo scettro europeo della mortalità, mi sarei aspettato toni più pacati degli odierni.

Per fortuna, vien da dire, che il vaccino l’han prodotto altri. Battute a parte, ora un rimedio (per la verità pure più d’uno) c’è e, quindi, che Dio ce la mandi buona. Anche perché la terza ondata – sempre che di terza ondata si possa parlare, e non di accentuazione della seconda – è un rischio concreto e la guerra pandemica, pur avendo ora noi una nuova arma, non si è affatto tramutata in influenza stagionale, né lo è mai stata: se nel 2019 i decessi furono 641.000, questo maledetto 2020 veleggia verso i 700.000. Dunque il dramma continua e ciascuno è chiamato a mantenere atteggiamenti responsabili dato che 9.750 proiettili non bastano certo a mutare, qui e ora, le sorti del conflitto.

Occorrono ancora pazienza, fiducia nella ricerca e nei nostri medici e, aggiungo, fede. Ma in quest’ultimo caso non nel vaccino, bensì in quel Gesù Bambino di cui abbiamo da pochissimo festeggiato la nascita. Solo quel Piccolo, infatti, sa condurre l’uomo alla pace vera, colmando il suo desiderio d’Infinito e di Senso; e a lui e lui soltanto dobbiamo il vaccination day decisivo – che era e resta il 25 dicembre – contro il peccato e la morte, mali contro cui non c’è ricetta sanitaria e che, se non affrontati, ci lasciano in bilico tra il distacco e la disperazione, viventi apparenti. Meno male che a Betlemme, 2.000 anni fa, la Salvezza è arrivata sul serio e resta a nostra disposizione: gratis, senza obbligo e con dosi infinite. Ha già pagato tutto la Casa celeste.

Giuliano Guzzo