Sabato scorso, intervenendo nel corso di una videoconferenza, ad un certo punto ho detto che del mondo accademico penso tutto il male possibile. Qualcuno avrà riso, ma io alludevo al conformismo e alla spocchia di tanti protagonisti dell’ambito universitario che sacrificano la loro professionalità sull’altare del politicamente corretto. Ma forse – mi sono detto alla fine del mio intervento – ho esagerato. No, in realtà non esageravo.

A farmi tornare sui miei passi è la vicenda, di cui ho appreso in queste ore, di Colin Wright, un biologo evoluzionista ancora giovane ma che, lo scorso aprile, ha scelto di lasciare il mondo accademico. Il motivo? Era stanco del «calvario» toccatogli per aver difeso su testate anche importanti (per esempio, il 13 febbraio scorso aveva scritto sul Wall Street Journal) la tesi secondo cui maschile e femminile non sono costrutti sociali, ma paradigmi naturali, fondati sull’esistenza di due distinti sessi.

«Potevo prolungare il contratto con la mia università per un altro anno, ma ho preferito non farlo […] non volevo passare il tempo a rispondere alle false accuse di transfobia e razzismo. Avevo iniziato questa strada perché amo la scienza e volevo dare il mio contributo ad arginare le pseudoscienze nella sfera pubblica. Ma quel progetto è irrealizzabile in un contesto in cui gli stessi scienziati sono intimiditi da piccoli gruppi di attivisti che chiedono che il metodo scientifico sia subordinato al pensiero magico e rovinano la vita di chi la pensa diversamente».

Lo sfogo integrale di Wright può esser letto su Quillette. Ciò che qui intanto intendo sottolineare – a parte che sabato ho detto una cosa cattiva ma purtroppo sacrosanta – è che il livello di indottrinamento cui stiamo procedendo è spaventoso. Poi non ci si deve stupire se «tutti gli studi scientifici» dicono che le adozioni omogenitoriali fanno il bene del bambino o l’essere transgender non comporta alcun tipo di problema: per forza. Sarebbe curioso non fosse così, dato che il primo che alza la testa, in ambito accademico, o viene fatto fuori o viene messo alla porta.

Giuliano Guzzo

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