Assisto divertito alla notizia della polemica esplosa in diretta su Radio Capital, sulle cui frequenze nelle scorse ore si è consumata una lite tra la scrittrice Michela Murgia – già distintasi per idee di rilievo epocale, dall’ideazione del “fascistometro” all’esortazione a preferire il termine «matria» in luogo del pericolosissimo «patria» – e lo psichiatra Raffaele Morelli. A divertirmi è il motivo dello scontro, determinato dall’affermazione di Morelli secondo cui che «le bambine giocano con le bambole»; una tesi udita la quale Murgia, per quanto abbia cercato di mimetizzarlo, è inorridita. Cosa mi diverte? Il fatto che lo psichiatra milanese ha semplicemente detto una cosa vera.

Generalmente, i bambini preferiscono giocattoli meccanici e movimentati o che richiamino il movimento – dalla camioncino all’astronave, fino alla palla -, mentre generalmente (avverbio che non ripeto a caso) le bambine preferiscono bambole, possibilmente di colore rosa o comunque non certo di tonalità cromatiche troppo fredde. Non solo. La differenza tra i sessi si riscontra sia nella preferenza dei giocattoli, sia nello stesso stile di gioco; e sia tra i bambini sia tra i cuccioli di primati di sesso diverso, come, sulla base di decine di ricerche, ho evidenziato nelle pagine nel mio libro Cavalieri e principesse (Cantagalli 2017, pp.39-55).

Questo non significa che se una bambina che non gradisse le bambole o se un bambino che non impazzisse per le macchinine ciò costituirebbe chissà quale anomalia: ciascuno ha una sua personalissima e irripetibile identità, ancorché espressione del maschile o del femminile. Tuttavia, Raffaele Morelli – repetita iuvant – ha detto una cosa vera. E che questo stupisca Michela Murgia, arrivando a generare perfino una polemica, non è un problema per lo psichiatra milanese, per la scrittrice sarda e neppure per Radio Capital: è un problema per tutti noi. Vuol dire che il politicamente corretto ci sta rimbambendo, a beneficio di un’ignoranza che avanza a grandi passi.

Giuliano Guzzo