Cinque anni fa scrissi una riflessione sulle difficoltà, a volte all’apparenza insormontabili, che possono capitarci nella vita. «Ai tempi del coronavirus», come ormai usa dire, l’ho ripresa in mano. E mi pare abbia ancora – purtroppo o per fortuna – la sua attualità.
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Capita purtroppo a tutti, prima o poi, di assistere al peggiore dei terremoti, quello che nessuno, oltre a chi lo sperimenta, avverte; quello il cui epicentro è la vita personale e l’insieme di doni, presenze e privilegi che, col tempo, si tende – sbagliando – a credere eterni. Poi però arriva il terremoto, a volte anticipato da scosse minori altre completamente improvviso, e tutto cambia; succede con una delusione d’amore, il fallimento di un progetto, un grave lutto, la perdita del lavoro, la scoperta di problemi di salute propri o di persone molto care. In linea teorica si può anche provare ad elencarle tutte, le possibili forme del “terremoto invisibile”, ma ciò che conta – e ciò che davvero pesa – sono soprattutto gli effetti, che possono andare dalla tristezza allo smarrimento, dal senso di sconfitta alla più lacerante disperazione. Può essere sconveniente ricordarlo, specie in un mondo dove l’altalena dell’umore, per tanti, già oscilla continuamente fra crisi vera e provvisorio ottimismo, ma la vita è fatta anche di questo: ci sono la tregua, la pace, le piccole vittorie, a volte persino la felicità, ma pure i terremoti purtroppo. E allora perché nasconderlo? Perché spacciare l’oscurità per luce diversamente luminosa? Perché fare ridurre le amarezze più grandi a percezioni ingannevoli?
E’ opportuno chiederselo dato che è diffusa, in molti, la convinzione che per sopravvivere al terremoto personale sia opportuno chiamarlo con un altro nome, distrarsi, minimizzare. A chi però subisce l’evento sismico, a chi vede – in parte, molto o del tutto – sconvolta la propria vita scorciatoie simili non bastano per la stessa ragione per cui, davanti a ferite sanguinanti, occorrono soccorritori esperti e non abili affabulatori. Per questo, una volta terminate le scosse di terremoto e quantificati i danni, ogni superstite tende anzitutto ad assumere due atteggiamenti diversi anche se non opposti. Il primo è quello di ritenere che la distruzione sia stata troppo vasta e non vi sia, di fatto, più nulla da fare se non prendere atto di una condizione irrimediabile; questo atteggiamento, per quanto talvolta comprensibile, è pericoloso perché alla demolizione aggiunge demolizione, alla crisi altra crisi. E’ come se il terremoto personale continuasse all’infinito. La seconda reazione successiva al terremoto, di solito, è quella che sfocia nella rabbia contro Dio; in tal senso la differenza fra il credente convinto aderente alla Chiesa e colui che vive diversamente o privatamente la propria religiosità potrebbe rilevarsi sorprendentemente sottile. E questo non perché l’esistenza del fedele assiduo e quella di chi ha una fede più debole siano identiche: tutt’altro.
Il punto è che, così come la violenza di certi terremoti, a volte, non risparmia neppure gli edifici più recenti e strutturati, nella vita personale vi sono scosse che feriscono chiunque lasciando talvolta sia quanti si riconoscevano come credenti sia gli altri in una condizione di profonda debolezza che può, per l’appunto, configurarsi in una rabbia contro Dio. Perché mi hai fatto questo? Come mai proprio a me una delusione tanto grande? Per quale ragione le mie spalle sono chiamate a sopportare un peso simile? Sono tutti interrogativi che chiamano in causa Dio, considerato dall’uomo disperato come il responsabile di tutto. A parte che è curioso come all’Onnipotente vengano molto spesso attribuite le colpe per i terremoti ma assai raramente riconosciuti i meriti per gli arcobaleni o per le giornate senza nuvole, è senz’altro vero che nulla sfugge al suo controllo; questo significa che anche i fenomeni sismici che a volte scuotono la nostra vita sono da Lui, quanto meno, permessi. In quanto esseri umani, anche se siamo esclusi dalla possibilità di comprendere con chiarezza le dinamiche più misteriose, possiamo però scrutarne il fine ultimo; e possiamo farlo facendo nostre le parole di san Tommaso d’Aquino (1225-1274), quando scrive che se «Dio permette che ci siano i mali», lo fa per «per trarre da essi un bene più grande» (Summa Theologiae, III, q. 1, a. 3, ad 3).
Questo significa che ogni terremoto – anche il più violento – che dovesse abbattersi su di noi non solo è finalizzato ad una ricostruzione, ma ad una ricostruzione verso equilibri più solidi dei precedenti. Una simile considerazione lascia però aperta una questione importante, strettamente connessa con la realtà e cioè la portata, non sempre del tutto sanabile, della privazione che taluni eventi determinano in noi. Posso cioè anche convincermi che «i mali» siano tutti orientati a «un bene più grande», ma come, in concreto, ricostruire la vita dopo fallimenti enormi? Come trovare un’occupazione professionale del tutto equivalente a quella perduta? Come rimpiazzare l’affetto di una persona scomparsa? In che modo accettare che un amico o un fidanzato o fidanzata dedicano di dirci addio? Come pensare ad una via d’uscita quando il terremoto stesso ha demolito la principale? Quale alternativa, insomma, ad una sconfitta dal sapore definitivo? E’ opportuno misurarsi con questi quesiti perché, se da un lato è vero che l’evento sismico – come si è detto – è occasione di ricostruzione, dall’altro è innegabile come non tutto possa effettivamente tornare come prima, soprattutto quando gli assetti esistenziali feriti riguardavano contesti, situazioni e persone.
E’ allora il caso di riflettere su quale ricostruzione Dio – lo stesso a cui rivolgiamo la nostra rabbia in certe situazioni – abbia in mente: a volte la prova cui siamo sottoposti ci consente un ripristino totale della normalità perduta, altre no. Ma dato che Colui che tutto vuole o consente, in una prospettiva cristiana, non può non operare che per il Bene, è il caso di considerare come, dopo scosse profonde, il ricominciare a vivere non equivalga mai a vivere come prima. Questo perché il passato, molto banalmente, è passato; e se ciò è vero, a ben vedere, anche dopo stagioni di gioia, lo è a maggior ragione dopo tempeste o terremoti. La ricostruzione alla quale siamo chiamati non è allora una semplice replica di quanto già vissuto, bensì il guardare tutto con nuovi occhi, nuova sensibilità, nuovo amore: solo da uno sforzo interiore fiducioso e supportato dalla vicinanza di persone sincere, oltre che dalla preghiera, è dunque possibile superare quanto appare non superabile, ripartire anche quando gli argini della tristezza circostante sembrano impenetrabili, generando rassegnazione. Tralasceremmo tuttavia un aspetto fondamentale se non ricordassimo come già prima del raggiungimento del «bene più grande» – non necessariamente terreno – di cui parlava l’Aquinate, persino durante il terremoto stesso della nostra vita è possibile sperimentare speranza.
Come? Tenendo presente che, per quanto distruttiva e interminabile, la nostra tribolazione non sarà mai così dolorosa e così ingiusta come la Passione toccata a Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, Colui che – a differenza nostra – avrebbe potuto evitare ogni sofferenza, ma ha scelto di sperimentare, tutte insieme, le peggiori, dal tradimento all’abbandono, dalle ferite del corpo a quelle dell’anima; e dire che, per salvarsi, Gesù non avrebbe dovuto neppure ricorrere a poteri soprannaturali, bastando una sua fuga davanti a chi lo voleva arrestare o qualche scusa strategica dinnanzi a chi lo voleva processare. Eppure non lo ha fatto dando conferma in anticipo, rispetto alla risurrezione, della natura divina del suo amore. Ecco, se fissiamo lo sguardo di Gesù sulla croce e durante le torture subite, fra le aggressioni e quando nessuno ne prese le difese, scopriamo come pure il terremoto che si è abbattuto o si sta abbattendo su di noi, per quanto ci tocchi personalmente, non ci può mai isolare dalla speranza. Il perché ce lo ricordano le stesse parole di Gesù: «Ecco, verrà l´ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per proprio conto e mi lascerete solo: ma io non sono solo perché il Padre è con me» (Gv 16,32).
Se siamo convinti di questo, allora possiamo comprendere come nessun “terremoto invisibile”, in realtà, abbia il diritto di farci paura: esiste semmai il diritto di averne, anche se mai del tutto, essendo impossibile l’assenza totale di speranza e possibile solo – per quanto comprensibile – una sua temporanea dimenticanza. E la stessa, fortissima disperazione che ci attraversa in alcuni passaggi della nostra vita da un lato, e la rabbia nei confronti di Dio dall’altro, altro non sono che reazioni umane ma sbagliate, prevedibili ma non conformi a quella rinascita alla quale siamo continuamente chiamati, anche dopo il superamento di una difficoltà. Non è infatti la sola sopravvivenza – anche se in alcune fasi può apparire già molto – bensì un’esistenza piena quella che Chi ci ama ha in mente per noi. Spesso ce lo dimentichiamo, ma le cose stanno così: il nostro destino ultimo è proprio quella felicità che spesso confondiamo con l’illusione da quanto è vasta, quella meta così alta da far venire le vertigini al solo immaginarla. In tal senso, osserva giustamente François Gervais che «Dio non ti ispira nessun sogno senza darti il potere di realizzarlo». La felicità non è insomma cosa remota, come temono a volte i poeti, ma esige di essere cercata su giusti sentieri.
Giuliano Guzzo, hai centrato in pieno punto che mi crea una domanda molto ficcante da un po’ di tempo.
” Tenendo presente che, per quanto distruttiva e interminabile, la nostra tribolazione non sarà mai così dolorosa e così ingiusta come la Passione toccata a Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, Colui che – a differenza nostra – avrebbe potuto evitare ogni sofferenza, ma ha scelto di sperimentare, tutte insieme, le peggiori, dal tradimento all’abbandono, dalle ferite del corpo a quelle dell’anima; e dire che, per salvarsi, Gesù non avrebbe dovuto neppure ricorrere a poteri soprannaturali, bastando una sua fuga davanti a chi lo voleva arrestare o qualche scusa strategica dinnanzi a chi lo voleva processare. Eppure non lo ha fatto dando conferma in anticipo, rispetto alla risurrezione, della natura divina del suo amore.”
Davvero? Ma Gesu’ lo sapeva bene come andavano a finire le cose. Ha deciso di sottoporsi ad una crocifissione crudele ed ingiusta, ma sapendo bene chi era, da dove veniva e dove era destinato. Sapeva bene di essere figlio Dio, sapeva qual era la sua missione, il suo destino terreno e celeste. E non per fede, come può essere per noi umani, ma per un rapporto personale e diretto con il Creatore. Quindi le tue parole che ho inserito, cioè il misurare il dolore umano come inferiore a quello di Cristo, mi lascia perplesso, perchè l’uomo, specialmente in certe condizioni, mi pare soggetto ad una sofferenza ben superiore e potenzialmente disperato. Questo perchè non conosce per rapporto personale diretto come andranno a finire le cose … Hai una risposta da darmi? Grazie.
Caro Massimo, non è esattamente così come lei dice e la sua ricostruzione cade in un comune errore, quello di pensare e dire in buona sostanza:
“Vabbè lui era Dio, sapeva come andava a finire… vuoi mettere con noi “umani”, che quando siamo in un tunnel di sofferenza e angoscia, non sappiamo quanto durerà e che futuro ci aspetti.” (riassumendo molto terra-terra).
Molto è stato scritto sulla reale, concretissima, umanità di Cristo e anche sul suo umano progredire verso la Volontà del Padre, cioè una “crescita spirituale” che, sebbene certamente avvantaggiata dall’assenza del Peccato Originale e da alcunché potesse allontanare in Lui la comunione con il Padre, non di meno è stata progressiva. A qual scopo, ad esempio, le tentazioni nel deserto a cui venne condotto dallo stesso Spirito?
Perché Cristo nel Getsemani prega il Padre che se possibile allontani da Lui “quel calice”? Perché in quello stesso drammatico episodio arrivò a “sudare sangue” (non immagine simbolica, giacché e scientificamente provato come e perché ciò sia possibile).
Perché sul tremendo patibolo della croce, arrivò a gridare: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» ?
Prima di quel tragico epilogo, perché spessissimo, Cristo si ritirava in solitudine a pregare? Qual bisogno questo “più Dio che Uomo”, avrebbe avuto di solitudine e preghiera per comunicare con il Padre, se di fatto, tutto Gli fosse stato così chiaro e noto o anche solo, di “peso” alcuno (sapendo che poi alla fine…)?
Come vede, senza addentrarsi in interessantissime letture dei Padri o Papi o altri, di elevato spessore teologico e anche ontologico, ma anche solo da una minima conoscenza delle Scritture, considerandole reale cronaca oltre a tutti gli altri piani di lettura, è facile renderci conto che i suoi dubbi non abbiano motivo di essere, né appiglio logico (lasciando pur da parte gli aspetti teologici) e siano invece decisamente fuorvianti.
Aggiungo che, anche fosse ammissibile il suo dubbio e la sua lettura del Cristo vero Dio e Vero uomo, lei crede che Cristo non abbia patito ciò che ha patito anche solo nella sua Passio? Crede che si atroce serie di sofferenze possono essere state vissute come una “passeggiata”, solo per il sapere che alla fine era la Resurrezione che Lo attendeva?
Vede, ogni Cristiano degno di tal nome, sa che lo attende la Resurrezione e spera per Misericordia di Dio, sia per la Vita Eterna, ma per quanto lo Spirito Santo, fortifichi, confermi e sostenga nella Prova, ciò non di meno crede che il Cristiano, come fu per Cristo, possa entrare nella croce come andasse “ad una gita”?
In questo Cristo si è fatto in tutto simile a noi, fuorché nel peccato ed anche ci ha aperto la strada perché sofferenza e morte, avessero un significato e un fine ultimo del tutto diverso rispetto chi non ha il Dono della Fede.
Infatti la croce è e rimane, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani.
Davvero grazie, Bariom, per la tua puntuale e profonda risposta. Ho fatto questa domanda a Guzzo perchè mi ha colpito proprio la quantificazione del dolore, che credo non possa misurarsi con un metro oggettivo, ma solo soggettivo. E soffre di più, mi pare, chi non conosce l’esito ed il senso del dolore che sta accadendo. Per questo mi sono permesso di obiettare che un semplice uomo, che può avere fede in Dio e conoscenza di amici che Dio gli hanno testimoniato, ma non ha un diretto rapporto con Dio e non sempre riconosce il senso degli avvenimenti che gli accadono, probabilmente potrebbe essere più segnato ed afflitto dagli avvenimenti rispetto a Gesù, che certamente degli avvenimenti conosceva profondamente il senso fin da prima che accadessero. Sapeva anche che sarebbe stato tradito da un amico, quindi pure la pugnalata alle spalle gli è arrivata non improvvisa. Con questo non voglio certo sostenere che il dolore di Gesù fosse finto. Certo che Gesù ha sofferto! Ma non poteva nello stesso tempo sapere e non sapere cosa gli stava accadendo, comprenderne il senso e non comprenderlo. Ha accettato la tentazione del Demonio perchè la tentazione fa parte della vita dell’uomo: il Demonio gode nel dividere l’uomo da Dio, e Gesù vi si è sottoposto perchè la sua missione non prevedeva di lasciar fuori nulla della vita dell’uomo. Ma il peccato non faceva parte della sua vita, e il Demonio non avrebbe scalfito in alcun modo la sua unità col Padre. Nel Getsemani chiese al Padre di allontanare il calice, perchè volle insegnare a noi uomini timorosi che poi … alla volontà di Dio ci dobbiamo affidare. Sulla croce ha chiesto a suo Padre perchè lo avesse abbandonato, perchè qualsiasi uomo l’avrebbe fatto. Ma poi nelle sue mani ha rassegnato lo Spirito. Non ha dimenticato nè censurato nulla della condizione umana, perchè era un uomo, ma ha sublimato l’estrema risposta perchè era Dio. Non so se avrò mai una risposta esauriente alla domanda rivolta a Guzzo. Per questo ne sto maturando una mia, che non ha alcuna pretesa di correttezza teologica; ma mi pare ragionevole. Forse, semplicemente, Gesù stesso non voleva affatto proporsi come colui che ha sofferto di più, più dell’uomo, perchè lo scopo della vita non è soffrire (sadico sarebbe quel dio, scritto con la d minuscola per sincero disprezzo che porterei per lui, che crea il mondo per la sofferenza), ma amare. Dio si fa uomo non per soffrire più dell’uomo, perchè sarebbe perverso, ma per accompagnarlo ed insegnargli ad amare, più di quanto l’uomo saprebbe fare. Certo, resta un altro interrogativo, sul quale però non faccio troppe domande perchè è “l’interrogativo” e mi risulta che nessuno, finora, per quanta teologia abbia studiato, abbia ancora saputo dare una risposta davvero ragionevole e comprensibile. Perchè da millenni Dio lascia che il dolore e il male imperversino? Perchè da millenni lascia a Satana innumerevoli gradi di libertà per distruggere ciò che Lui stesso ha creato? Forse perchè attende, nella sua infinita pazienza, che anche Satana ritorni all’ovile e si converta? Non so. Credo certamente che Dio sia uno di parola. Se concede a qualcuno, che sia Satana o l’uomo, certi gradi di libertà , poi mantiene la sua promessa e non si rimangia la sua parola. Ma questa parola data, questa libertà concessa, sta davvero costando molto alla creazione e alle creature in termini di dolore. Il Vangelo riporta che questo accade perchè si manifesti la Gloria di Dio. Queste parole andrebbero tradotte in un linguaggio e con esempi più comprensibili a noi uomini, ma cerchiamo comunque di attingere alla pazienza di Dio ed attendiamo la sua manifestazione definitiva, quando tutto sarà chiaro.
@Massimo, condivido la tua analisi riguardante in concetto riassumibile in “Cristo è venuto sulla Terra (Dio in Lui si è manifestato) per insegnarci ad amare – come Lui ci ha amato e non certo o solo per patire o fare di Sé il “campione” nel patire.
Tant’è vero che Paolo rivolgendosi al Colossesi (1, 24) dice:
«Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa.»
Che certamente non può significare che nell’Economia della Salvezza qualcosa “mancasse” al sacrificio di Cristo, ma certo ci ricorda che tanti e molteplici sono i patimenti che la vita riserva all’Uomo, quindi la sostanza è COME si vive il patire, COME si accetta la croce, COME si sperimenta la Resurrezione dove la Croce divine “gloriosa” (altro ci sarebbe da aggiungere al “a favore del suo corpo che è la Chiesa”, ma andremmo oltre).
Infatti in Filippesi 3,10, leggiamo:
«E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte,».
Verissimo è che chi non ha il Dono della Fede soffre più di chi questa Fede ha… (tralasciamo il paragone per me fuorviante e decisamente più complesso con le sofferenza di Cristo). Non per nulla in 1 Pietro troviamo «…pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi».
Chi non ha la Fede, dalla Croce generalmente è schiacciato, si annienta si dispera. Non di rado si toglie la vita, proprio per la mancanza di una speranza … ma «noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio,…» (Romani 8,28) e non è solo che lo si crede, se ne fa ESPERIENZA!
Venendo al passaggio successivo, non ti ingannare ti prego… Satana NON si convertirà mai, è puro odio e livore, lussuria e superbia, padre di ogni menzogna, intelligentissimo spirito ma talmente accecato dal suo orgoglio, da non avere discernimento neppure sui suoi piani.
Ha orchestrato tutto per bene credendo si eliminare Cristo sul legno di una croce, se avesse saputo il bene che il Padre ne avrebbe tratto per l’Umanità tutta, anche quella che teneva soggiogata prima della venuta di Cristo (Discesa agli Inferi), non sarebbe stato più “furbo” nel cambiare piano? E’ che per intelligente che sia, la sua intelligenza non è superiore alla Sapienza di Dio. Anch’Egli è al Volere di Dio subordinato e le sua armi sono spuntate anche per chi nella Grazia vive unito a Cristo.
Ciò detto, perché questo Tempo – sostanzialmente da dopo la cacciata dei nostri progenitori dall’Eden – di sofferenze inaudite? Perché il Male?
Beh, qualcosa la Storia (Biblica) della Salvezza ce lo dice, poi ci sono domande velate nel mistero, come quelle sui Tempi che Gesù dice “solo il Padre conosce”.
Ma mistero bada non è qualcosa che è e sempre rimarrà ignoto, Mistero è qualcosa che è “velato” e che la Sapienza di Dio può rivelare con lo Spirito Santo.
Io sai non mi picco di comprendere tutto o di saper riconoscere nel libro dell’Apocalisse i segni i tempi e gli avvenimenti, perché già sono preso e “pre-occupato”, nel comprendere i segni e i tempi, gli accadimenti della MIA vita e già sono grato a Dio per tutte le volte che mi ha dato di comprendere un fatto, un avvenimento, una morte… uno di quegli episodi che chi discernimento non ha, archivia come “sfortuna”, “destino”, “karma” o addirittura “malocchio”. Insomma la “sfiga” dei giorni nostri.
Quello che so è che tutto questo Tempo, il mio molto breve e quello concesso all’Umanità intera, è Tempo Redento, redento dal Sacrificio di Cristo, Tempo di Grazia, Tempo in cui Dio di manifesta, Tempo per conoscerLo e amarLo, per testimoniarLo, per lasciarsi amare da Lui…
Tempo per seminare… Quale gioia più grande per un Uomo,nel vedere i propri figli incamminarsi sulla via della Fede, o avere una fecondità spirituale (tanti figli come la discendenza di Abramo) o capire che si è stati tramite, servi inutile, per portare la Salvezza a chi era già morto nello spirito… una vita distrutta dal non-senso.
Credo sia già tanto, e di questo mi accontento.
Massimo si chiede: “Perché da millenni Dio lascia che il dolore e il male imperversino?…”
Fermare il dolore e il male del mondo… Un bel problema!
Ci vorrebbe un “protocollo”, che tracciasse dei limiti: è evidente che bloccare qualsiasi “grado li libertà” che comporti un evento negativo sarebbe assurdo, quindi bisognerebbe non permettere terremoti in zone abitate, ma magari solo piccole scosse. Tanti morti no, ma qualcuno sarebbe accettabile? Accettabile solo se adulto, e solo se non ha figli piccoli, e ancora ovviamente solo se non è povero… ma povero secondo che criterio? E via così all’infinito.
L’assassinio no, l’incidente stradale sì? E la malattia? L’incendio? La truffa? Il furto? L’offerta di droga…
Come dovrebbe regolarsi Dio? In ogni caso qualcuno sarebbe scontento di Dio… anche solo perché magari ha le orecchie a sventola.
E’ così come dici @Antonio… in modo molto pragmatico e asciutto.
In realtà il Male, il Male del Mondo e il male che viene dal Nemico, è stato fermato su quella croce, da quelle straziate braccia aperte… basterebbe accettare quello che è anche un abbraccio, basterebbe accettare quella Via per combattere il Male.
Beninteso questo non ridarebbe a questa terra limmagine del Paradiso Terrestre, ma di certo renderebbe più visibile e concretamente più vicino, quel Regno di Dio che invochiamo nel Padre Nostro.
C’è da dire che il dolore di Cristo non fu solo quello fisico del supplizio, ma più di tutto fu il dolore dell’Amore (ossia Lui) tradito e rifiutato da chi è oggetto di tale amore (l’uomo). E chi è che soffre di più per amore, se non colui che è più sensibile? E chi è più sensibile se non una Persona divina, che è Amore infinito e quindi patisce infinitamente ogni tradimento da parte della creatura?
Ecco la dimensione della Passione di Cristo. Infinita, come la sensibilità e la profondità dell’Amore divino.
Verissimo… Io solo su un aspetto mi sono soffermato.
Vogliamo parlare dell’addossarsi i peccati di ogni Uomo e di ogni Tempo?
Fiumi di inchiostro sono corsi su questi temi…
Si, è vero. Si soffre anche per il tradimento. Ma anche in questo caso stiamo parlando di un fatto previsto, che Gesù stesso conosceva ben da prima che avvenisse. E mi vien da dire che il tradimento che può subire un semplice uomo è improvviso, alle spalle, per cui credo ancor più devastante.
@Massimo, un “fatto previsto” … Quindi Giuda non aveva scelta? Era predestinato al tradimento?
In ogni caso, nessun amore d’Uomo è paragonabile a quello di Cristo per ogni uomo e a quello che ebbe per i suoi, quindi maggior amore, maggior ferita per un tradimento!
Altro che “fatto prevvisto”…
Più che preoccuparsi della morte, l’uomo d’oggi (non so ieri) è angosciato dalla sofferenza. Fugge, rifiuta il dolore fisico e psicologico, quello inflitto all’innocente lo terrorizza, lo sente ingiusto e insopportabile.
Emblematico è il suicidio di Giuda, in lui il dolore ha vinto facile, perché non crede e non spera più.
La sofferenza di Gesù è stata immensa, ineguagliabile, perché accettata potendo facilmente sottrarsi ad essa, in un attimo… con un semplice click, diremmo oggi.
L’ha ripubblicato su Pastor Aeternus proteggi l'Italia.
Grazie!!!stupenda riflessione!!!
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L’ha ripubblicato su Organon.
Bariom, mi riesce difficile convincermi che Dio abbia messo una pietra sopra alla possibilità di redenzione di Satana, che pur intelligentissimo è accecato dalla propria superbia, come hai scritto tu. Satana è pur sempre una creatura di Dio; Dio ama le sue creature; dunque, Dio può aver ripudiato definitivamente una di esse? Riguardo a Giuda, credo fosse un uomo libero, come ogni altro uomo. Altrimenti dovrei pensare che Dio ha creato intenzionalmente un traditore. Libero fu il sì di Maria e libero fu il tradimento di Giuda. Gesù conosceva fin nel midollo i suoi amici, per cui conosceva in anticipo il tradimento di Giuda, come anche il rinnegamento di Pietro. Non pretendo una risposta alle mie domande, ma qualcuno diceva che non ha senso una domanda se non prelude alla possibilità di una risposta. Quindi, se c’è la domanda, mi aspetto che ci sia anche una risposta, prima o poi. Se Dio ci ha dato uno strumento che formula domande, non credo lo abbia fatto per caso. Ti chiedo: sei un sacerdote?
Antonio Spinola, il mondo ha le sue regole fisiche. Non parlo del male legato a queste regole (terremoti, inondazioni, catastrofi naturali, …), ma al Male che seduce l’uomo e lo porta, asservendosene, ad amplificarsi, a diffondersi per dividere ulteriormente l’uomo da Dio. Non credo sia necessario banalizzare con due orecchie a sventola la questione, perché di dolore provocato dall’uomo ne abbiamo catalogato a sufficienza per riecheggiare nei secoli dei secoli la domanda che l’uomo si fa sul suo significato. Non sono il primo né sarò l’ultimo che si chiede a che scopo Dio lascia imperversare il Signore del Male, gli lascia distruggere e dividere da Dio innocenti, se davvero non si aspetta una sua finale redenzione. Certo, alla fine so chi vincerà: ma mi chiedo che senso abbia il tempo che trascorre, vista la certa vittoria finale di Dio, se non perché Dio attende ancora che accada qualcosa …
Caro Massimo, cosa ti fa pensare che io sia sacerdote?
No, “semplice” laico in perenne conversione, con famiglia, tre figli qui in terra e tre già in Cielo. Sposato due volte dopo essere rimasto vedovo della mia prima sposa, salita al Padre quando aveva solo 40 anni.
Ma tornando alle tue domande, come ti ho scritto non pretendo affatto di poter avere per te risposte esaurienti, ma certo è che Giuda era uomo libero (non mi pare di aver sostenuto il contrario. Sapere se Gesù sapeva del tradimento di Giuda sin dal primo giorno in cui lo ha incontrato, non ti saprei dire… non lo vedo così importante se non nel voler sondare ciò che, come ho detto, Dio può velare nel mistero e talvolta cercare a tutti i costo una risposta non ci è di alcuna utilità.
Gesù certamente era Santo e non di rado ai Santo viene disvelato il futuro con anticipo (anche l’esatto momento della propria morte) o il dono del discernimento degli spiriti. Al tempo opportuno a Gesù Uomo Santo, lo Spirito ha rivelato ciò che era necessario Lui conoscesse.
Quanto a Satana, metti l’ipotesi dall’errato punto di vista e la domanda varrebbe anche per coloro che si dannano (si l’Inferno non è vuoto, Cristo ne parla troppo chiaramente, per pensare sia solo un “spauracchio” per bambini), cioè: “Dio ama le sue creature; dunque, Dio può aver ripudiato definitivamente una di esse?”
Domanda mal posta, il problema non è “può Dio aver ripudiato definitivamente”, sono le creature che ripudiano Dio, esercitando il loro libero arbitrio e Dio… rispetta questa scelta!
Le domande si risolvono presto andando al Catechismo della Chiesa Cattolica, testo imprescindibile per qualunque Cristiano voglia verificare la sue idee e le sue domande senza “uscire dal seminato:
IV. L’inferno
1033 Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: « Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna » (1 Gv 3,14-15). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli. 628 Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola « inferno ».
1034 Gesù parla ripetutamente della « geenna », del « fuoco inestinguibile », 629 che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l’anima che il corpo. 630 Gesù annunzia con parole severe: « Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno […] tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente » (Mt 13,41-42), ed egli pronunzierà la condanna: « Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno! » (Mt 25,41).
1037 Dio non predestina nessuno ad andare all’inferno; 633 questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine.
………………..
Satana non potrà tornare sui suoi passi, perché tutto gli era davanti senza veli, senza mistero, lui Lucifero, portatore di luce, aveva intelligenza e vicinanza con Dio, per non aver alcun dubbio sul Chi avesse difronte (usando termini poco “metafisici”) è ha fatto la sua scelta, scelta che proprio per la dimensione infinita e “fuori dal tempo” è stata e rimane eterna. Per lui non esiste come per l’uomo un tempo propizio per la redenzione (la nostra vita):
II. La caduta degli angeli (sempre dal CCC)
391 Dietro la scelta disobbediente dei nostri progenitori c’è una voce seduttrice, che si oppone a Dio, 509 la quale, per invidia, li fa cadere nella morte. 510 La Scrittura e la Tradizione della Chiesa vedono in questo essere un angelo caduto, chiamato Satana o diavolo. 511 La Chiesa insegna che all’inizio era un angelo buono, creato da Dio. « Diabolus enim et alii dæmones a Deo quidem natura creati sunt boni, sed ipsi per se facti sunt mali – Il diavolo infatti e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi ». 512
392 La Scrittura parla di un peccato di questi angeli. 513 Tale « caduta » consiste nell’avere, questi spiriti creati, con libera scelta, radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno. Troviamo un riflesso di questa ribellione nelle parole rivolte dal tentatore ai nostri progenitori: « Diventerete come Dio » (Gn 3,5). « Il diavolo è peccatore fin dal principio » (1 Gv 3,8), « padre della menzogna » (Gv 8,44).
393 A far sì che il peccato degli angeli non possa essere perdonato è il carattere irrevocabile della loro scelta, e non un difetto dell’infinita misericordia divina. « Non c’è possibilità di pentimento per loro dopo la caduta, come non c’è possibilità di pentimento per gli uomini dopo la morte ». 514
Come vedi non è questione di “come vediamo noi le cose”, ma di come la chiesa Mestra e Sapiente insegna.
Discostarsi dai suoi insegnamenti è pericoloso oltre che decisamente poco fruttuoso, perché finiamo per seguirei nostri pensieri e le nostre congetture e il mondo è già pieno di teologi che lo sono per gli studi, ma che non hanno nulla di cattolico se non peggio cristiano (anche Satana ha modo suo è “teologo”).
Sul Male del mondo e nel mondo, magari torneremo un altra volta (argomento non semplice), ma anche qui ti consiglierei, prendi in mano il Catechismo e parti da li nello studio dell’argomento più che nelle ricerca di risposte a domande che forse si scioglieranno come neve al sole.
Bariom, ti ho chiesto se sei sacerdote perchè, oltre alla frequente citazione dei testi sacri, metti in ciò che scrivi una calma ed una saggezza ormai difficili da trovare fra i laici. Ho apprezzato la nostra conversazione e la pazienza con cui mi hai risposto e te ne ringrazio. Le mie domande non svaniranno come neve al sole, credo, ma accetto da tempo di non avere risposta. E’ accaduto anche a gente ben più vicina a Dio di me.
“Come neve al sole” era l’augurio che ti facevo nel’applicarti a studiare Scritture e testi di chi ne sa più di noi…
L’unico dubbio che mai ci deve vincere è quello sull’amore e la misericordia che Dio ha per noi, sul resto, pensa che io sono un convertito in età adulta, da una condizione di agnostico anticlericale.
Buon cammino!
All’importante contributo di Bariom – incontrarne uno come lui nelle nostre disastrate parrocchie! –, vorrei aggiungere questo, a parziale spiegazione di quanto scritto più sopra:
Le regole fisiche della creazione le ha stabilite Dio. Tra queste, anche il funzionamento della rete neurale che permette la reazione a uno stimolo, l’elaborazione del pensiero… e qui le cose cambiano. Perché se è vero che “nessuno è buono”, ciò che è bene e ciò che è male diventa oggettivamente chiaro solo se si crede nella volontà misericordiosa del Padre, viceversa cadiamo nella tentazione senza neppure accorgercene. La tentazione dunque è conseguenza di quelle “regole”.
La tentazione è quella che al grande oncologo fa dire “Dopo Auschwitz per me il cancro è diventato la prova della non esistenza di Dio. Come puoi credere nell’amore divino quando vedi un bambino invaso da cellule maligne che lo consumano giorno dopo giorno? Ci sono parole in qualche libro sacro, ci sono verità rivelate, che possano lenire il dolore dei suoi genitori?”.
E l’aborto? C’è qualcosa di peggio? Eppure, è perfino possibile che il popolo che gridava a Pilato “crucifige!” chiedendo la liberazione di Barabba, fosse convinto di fare un atto di somma giustizia…
👍
Credo che Satana abbia anche il potere di modificare le regole fisiche, Antonio. E questo potere gli è stato concesso da Dio. Che non glielo toglie, perchè è uno di parola. Satana può manifestarsi sotto varie forme, cosa che aggira le regole fisiche. Non pretendo nè da te, nè da Bariom, nè da chiunque altro una risposta. Mi basta che possa essere posta la questione.
Senza alcuna pretesa di risposta…
devo però dire che no, Satana non ha alcun potere sulle leggi fisiche, anche se può usarle in tutta la loro estensione. È un illusionista, può solo turbare i nostri sensi, in casi rarissimi può spingersi a indurre malattie fisiche e mentali.
Gli Angeli Caduti sono stati “tentati” di usare il dono della conoscenza e della libertà più totale (il libero arbitrio permesso da Dio) per “emanciparsi” da Dio, e l’hanno fatto! Tutto sapevano e tutto hanno rifiutato. Secondo Kierkegaard “nel Diavolo non c’è nessuna oscurità che potrebbe servire come attenuante, perciò la sua disperazione è l’ostinazione più assoluta”, e non può di fatto redimersi.
È così che oggi, dopo le tentazioni i tormenti e la morte patiti e vinti dal Redentore, il dramma della Creazione e della Caduta si replica sulla Terra ogni volta che l’uomo sceglie da che parte stare. Ma per fare ciò l’uomo dev’essere tentato, non c’è altra via.
Veramente @Antonio a leggere alcuni resoconti di possessioni diaboliche fatte da noti preti esorcisti, non credo si tratti solo di “illusionismo”.
Oppure dobbiamo meglio specificare cosa annoverano tra le “leggi fisiche” di cui stiamo parlando…
“annoveriamo”
“annoveriamo”
In realtà Satana non può sospendere le leggi fisiche, perché non ha potere su di esse. Ha una sua potenza causale, ma ogni ente ne ha una propria. Non è che Dio ha dato a Satana un qualche potere che non avrebbe, è che usa un potere che ha.
Quanto alla sua dannazione eterna, è per il semplice fatto che gli Angeli non hanno tempo, e tutto ciò che compiono rimane presente: la ribellione di Satana non è avvenuta in un momento passato e concluso del tempo, ma è presente tuttora nell’evo, che è una condizione esterna al tempo propria di chi non ha materia – in ogni caso è inferiore all’eternità, propria solo di Dio.
I poteri concessi a Satana non li conosciamo. Ma il fatto che certi indemoniati parlino lingue sconosciute ed abbiano una forza eccezionale, il fatto che Satana si sia presentato a fior di santi in sembianze diverse, il fatto che persone possedute abbiano avuto malattie poi scomparse con la guarigione mi porta a pensare che Satana possa soverchiare le leggi naturali cui noi siamo sottoposti.
“In realtà Satana non può sospendere le leggi fisiche, perché non ha potere su di esse. Ha una sua potenza causale, ma ogni ente ne ha una propria. Non è che Dio ha dato a Satana un qualche potere che non avrebbe, è che usa un potere che ha.” Ago 86, questo mi pare solo un giro di parole. La realtà è che Satana ha poteri, inarrivabili a noi umani, che superano le leggi della natura a cui noi siamo sottoposti. Leb leggi che valgono per noi non valgono per lui. Se la natura è la stessa, ma non lo è, i limiti sono ben diversi. Lui può assumere diverse sembianze, conferire una forza sovrumana, parlare lingue sconosciute, provocare malattie, ma noi non possiamo farlo. Il suo limite non è il nostro limite. E questi poteri glieli ha conferiti Dio. Per cui Satana, nei nostri confronti, ha poteri ben più grandi delle nostre possibilità di difesa. E può avere poteri che ancora noi non conosciamo, stante la storia sviluppatasi fin qui e le nostre limitate conoscenze nei suoi confronti. Sono poteri certamente inferiori a quelli di Dio, ma che possono superare le nostre difese. Per questo, per preservare la nostra misera condizione che ci porta nostro malgrado a doverci difendere dal male, non capisco davvero la necessità della tentazione. Poteva affrontarla Gesù, che aveva “qualche “freccia al suo arco in più di noi, ma noi è meglio che ce ne stiamo a distanza … Abbiamo lo Spirito di Dio, ma Gesù stesso rispose a Satana “non tentare il Signore tuo Dio”. Non tentiamo nemmeno noi Dio, “obbligandolo ad intervenire per noi contro la tentazione quando ve ne siamo sottoposti, pensando magari che sia necessaria.
Quindi la tentazione è una necessità? E’ necessario che Satana tenti noi uomini? L’esistenza di un tentatore è necessaria per poter esercitare la libertà di noi uomini?Dunque perchè chiediamo a Dio di non indurci in tentazione o, nell’ultima versione del Padre Nostro, di non abbandonarci alla tentazione?
Che Satana abbia potere (lasciando da parte il cavillare sul come e quando questo potere venga esercitato), ancora una volta è dichiarato dalla Scrittura.
Basta leggersi la storia di Giobbe (per altro figura simbolica) per veder quanto questo potere sia esercitato in modo concreto, ma sia sottoposto e limitato dalla volontà di Dio.
Dal Vangelo di Luca apprendiamo di quella donna che per 18 anni da Satana venne tenuta ricurva in infermità, sinché non fu liberata da Cristo.
Potremmo andare ai tanti Demoni (spiriti solidali a Satana) e al loro agire nel mondo (sempre dalla Scritture), al loro incontro scontro e persino dialogo con Cristo.
Parlando della venuta dell’Anticristo, Paolo in 2 Tessalonicesi 2,9 afferma:
«…la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri» (e Satana non avrebbe poteri?).
Gli esempi sarebbero molti e anche molto contemporanei, andando alla vita di tanti Santi.
Ancor più interessante la questione “tentazioni”.
Domanda che faccio allora io… Perché Gesù dallo Spirito (si noti bene: dallo Spirito) fu portato nel deserto per essere tentato dal “diavolo”?
Quale scopo la tentazione a Lui? Potremmo riallacciarci alla fuorviante questione Cristo-Uomo-Dio, laddove la divinità avrebbe la totale supremazia sulla umanità di Cristo.
Le azioni STRAORDINARIE di Satana, sono ancora oggi: oppressione, vessazione, possessione, infestazione, etc. L’azione “ordinaria è la TENTAZIONE.
In cosa consiste questa tentazione? In tutto ciò che Satana, il Nemico, può mettere in campo per allontanarci da Dio. Rompere la nostra Comunione con Lui.
Primariamente con il peccato, ma anche insinuandoci pensieri, dubbi, che indeboliscono la Fede, che minano il nostro rapporto di Figli con il Padre, in buona sostanza insinuare il dubbio che Dio NON CI AMI! (non mi ami > non mi sei padre)
Trovi la croce sul tuo cammino: “albero di amore dove ti ha sposato il Signore” arriverà a dire Melitone da Sardi, se è suo il bellissimo cantico della “Croce Gloriosa”, o, come insinuerà il demonio, dimostrazione che Dio non ti ama, che non è buono! “Come … un tumore?! A me…”.
Allora ecco la tentazione principe, del principe della menzogna… “Bel padre che hai…”
Poi ci sono le cosiddette “tentazioni del Mondo”, quelle legate alla nostra “concupiscenza”, ferita dell’Uomo decaduto, Soldi, Successo (leggi gloria potere), Sesso.
Per questo genere di tentazioni e tutti gli annessi e connessi, non c’è neppure bisogno di scomodare il demonio. Basta la nostra debolezza.
Fatte sommariamente queste debite distinzioni, perché le tentazioni?
Perché fanno parte del COMBATTIMENTO, o si crede che siamo su questa Terra per riposare?
Combattimento contro la Concupiscenza, combattimento contro l’azione del Maligno, che diventa sempre più forte, dannosa e subdola, proprio laddove l’Uomo in un cammino spirituale, diviene sempre più libero dalle “ordinarie tentazioni del Mondo”.
In ultima analisi, la tentazione e uno degli strumenti che Satana mette in campo per i suoi scopi omicidi, mosso dall’odio verso Dio e le sue Creature, per il Cristiano, nelle tentazioni che Dio permette nella nostra vita (ritorniamo a Giobbe), uno strumento per “stare in allenamento”, per imparare a riconoscerle prima (perché Lucifero è “portatore di luce” non è un idiota e non ti presenta un male come male, ma un male come fosse un bene…) e a sconfiggerle poi, sapendo che da Dio con lo Spirito Santo ci viene la forza e il DISCERNIMENTO, sapendo che:
“Nessuna tentazione vi ha mai colti se non umana, e Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le forze, ma con la tentazione darà anche il mezzo di sopportarla” (1 Co 10,13).
Ecco perché la preghiera: “Non ci indurre in tentazione” o “non abbandonarci alla tentazione”, perché la tentazione è NECESSARIA perché la Fede sia provata e la fede si prova nel crogiolo con il fuoco! (Fuoco che in verità può essere anche la persecuzione, la prova, la croce, ma in ognuno di questi avvenimenti, la tentazione di dare un calcio a tutto, di rinnegare Dio, di scegliere la via più larga, è presente, come lo sarà Satana ad instillarla).
Ricordiamo che questo è ancora il tempo in cui: “Tutto il mondo giace nel potere del Maligno” (1 Gv 5,19).
Per concludere con ciò che ci insegna il Catechismo laddove, guarda caso, risuona nuovamente la parola “mistero” di cui mi pare aver già scritto:
«La potenza di Satana però non è infinita. Egli non è che una creatura, potente per il fatto di essere puro spirito, ma pur sempre una creatura: non può impedire l’edificazione del Regno di Dio. Sebbene Satana agisca nel mondo per odio contro Dio e il suo Regno in Cristo Gesù, e sebbene la sua azione causi gravi danni – di natura spirituale e indirettamente anche di natura fisica – per ogni uomo e per la società, quest’azione è permessa dalla divina Provvidenza, la quale guida la storia dell’uomo e del mondo con forza e dolcezza. La permissione divina dell’attività diabolica è un grande mistero, ma “noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”» (Rom 8, 28) (Catechismo della Chiesa Cattolica, n°395).
Per chi non la ricorda, si rilegga la vicenda di Giobbe e il suo finale.
La tentazione in sé stessa non è assolutamente necessaria, ma per il fine di provare e affinare la nostra fede è condizionatamente necessaria. Non c’era bisogno che esistesse un tentatore, ma al di là di tutto se Dio ha permesso che Satana si ribellasse e tenti noi uomini (ma spesso la tentazione viene da noi e dalle nostre abitudini) lo ha fatto solo perché riesce a trarre un bene maggiore dal male permesso: il male non è assoluto, e se ne può trarre sempre un bene maggiore – se si lascia agire Dio.
La libertà non è scegliere tra bene e male, altrimenti Dio non sarebbe libero – infatti non può fare il male – ma si tratta di essere liberi dal male e scegliere di aderire al bene e alle sue opere. Quindi per essere liberi non c’è in assoluto bisogno di essere tentati, ma è opportuna la tentazione per affinare la propria adesione.
Del resto Dio permette le tentazioni perché ci conosce meglio di quanto noi conosciamo noi stessi, e sa di cosa abbiamo bisogno per crescere nella vita di Fede.
Bariom, approfitto della tua pazienza. Io ho una moglie. Dovrei forse lasciar fare se qualcuno le mandasse dei fiori e cercasse di portarmela via? E magari ringraziare questo tipo, perchè le tentazioni che offre a mia moglie potrebbero permettere a lei di amarmi in modo più maturo e deciso? Io ho una figlia. Dovrei forse lasciar fare se qualcuno cercasse di circuirla con sesso, droga e altro? E magari ringraziare questo tipo perchè le tentazioni che offre a mia figlia potrebbero permettere a lei di crescere piu’ solida e matura? No, non credo che le tentazioni siano necessarie. Mai. Sono inevitabili, o difficilmente evitabili. Ma non necessarie. Altrimenti ben vengano quelli che cercano di portarci via la moglie o che cercano di traviarci la figlia. Satana tenta, di regola. Dio glielo permette. Mi perdonerà, Dio, se io invece le tentazioni che vedo aggirarsi attorno alle persone a cui voglio bene le combatto?
Massimo, accettiamo pure il piano decisamente pratico un po’ prosaico, degli esempi che fai…
A essere altrettanto pratici e prosaici, le eventuali “tentazioni” risvolte a tua moglie e tua figlia sarebbero eventualmnete affar loro, loro e del rapporti che hanno con se stesse, con te (in particolare tua moglie piuttosto che tua figlia) e con Dio.
Perdonami però la schiettezza, io forse sono paziente (chiedere giusto a mia moglie o figli), ma se dopo tutto ciò che ho scritto, ciò che ne deriva è questo tipo di esemplificazione, non per la sua semplicità, ma per la morale che ne trai… beh , la mia “tentazione” è di lasciar perdere ulteriori approfondimenti..
Ti saluto.
P.S. tanto per chiarire: abbiamo il dovere, di difendere chi ci è caro dalla “tentazione di cedere alla e tentazioni”, ponendoli nella Verità (ammesso sia a noi chiara diversamente siamo ciechi che pretendono guidare altri ciechi) e aiutandoli nel discernimento e prrima cosa, pregando incessantemente per loro.
Ma questo è tutto un altro discorso.
Questo è il piano prosaico in cui vivo, Bariom. Ho bisogno di chiarezza. Se Dio ci ama come un padre ama sua figlia, anzi ben di più, allora credo che ben più di un padre difenderà sua figlia dal male. Saluti e grazie per la chiaccherata.
Il piano prosaico Massimo, deve essere illuminato da quello spirituale o vivremo da prosaici come vive il mondo.
La chiarezza ce la da la Chiesa e ciò che la Chiesa insegna sulla tentazione io l’ho riportato, ma ho l’impressione che tu più che altro vada in cerca solo di confermare le “tue” idee… sinceramente non credo che così si cavi “un ragno dal buco”, per dirla prosaicamente.
Buona serata e buon cammino.
Rispetto la tua impressione che io vada alla ricerca di conferme, Bariom. Ma io dico a qualcuno “hai ragione” quando percepisco che ha effettivamente ragione, o almeno più ragione di me. Perdonami, ma faccio davvero fatica a dare ragione, più ragione di me, a qualcuno che, nello stesso tempo, ammette (recitando il Padre Nostro) che la tentazione è qualcosa a cui non essere indotti, o nella quale non essere abbandonati, secondo l’ultima versione del Padre Nostro, nata “appena” 2000 anni dopo Cristo, e, contemporaneamente, la considera necessaria. Se tu mi dicessi che Dio, nella sua infinita conoscenza di CIASCUNO di noi, di ciscun essere umano, permette a Satana di sottoporre ciascuno di noi solo a prove e tentazioni che possiamo effettivamente sostenere, forse mi arrenderei e ti darei ragione, anche se non mi pare sia così, almeno a giudicare da quel che ho conosciuto. Ricambio i tuoi saluti e ti ringrazio per il buon cammino che mi auguri.
@Massimo visto che direi rimani molto “appeso” ai termini alle singole parole, ti consiglio questa lettura: http://www.gliscritti.it/blog/entry/4729 per approfondire le tue ricerche come anche faccio io (non ci vuole molto e neppure una particolare “scienza infusa”).
Non so che dirti sulla tua percezione di prove (nota il termine prova in alternativa a “tentazione” in ossequio a quanto mi auguro leggerai) che Dio permette nella vita di alcuni… Io non ho questo riscontro sulla mia vita (neppure posso dire di non aver mai incontrato alcuna prova).
Sulla vita altrui, è sempre molto ingannevole cimentarsi, perché e prova altrui e non non nostra e anche l’altrui “cedere alla tentazione” o meno è difficile da valutare.
A stento spesso comprendiamo ciò che a NOI accade, ma ci piace farci una precisa idea sulle vite altrui.
Se parli della tua, in prima persona, quindi mi astengo, ma siccome reputo la Parola di Dio superiore a quella di qualunque Uomo volesse dirmi cosa diversa, sono portato a credere che chi dicesse “Dio mi ha abbandonato” sia nell’inganno o anche Dio così abbia disposto (un momentaneo apparente abbandono) per la conversione di chi questo pensa.
Per non parlare poi di chi, causandosi egli stesso il proprio male, pretenda che Dio venga a salvarlo. Dio potrebbe farlo perché è infinitamente misericordioso, ma anche padrone di NON farlo.
Non sarò io a giudicare l’Opera di Dio.
Ovviamente, le leggi fisiche “in tutta la loro estensione” includono fenomeni che ancora la scienza non conosce, quindi il diavolo ha più carte da giocare rispetto a un bravo prestigiatore.
Nel 2°capitolo di “Gesù di Nazaret”, Benedetto XVI mi pare chiarisca bene il rapporto tra: lotta interiore, tentazione, decisione.
Lo Spirito Santo disceso su Gesù “lo conduce nel deserto per essere tentato dal diavolo. L’azione è preceduta dal raccoglimento, (che è) anche una lotta interiore per l’incarico, una lotta contro i travisamenti di esso. È una discesa nei pericoli che minacciano l’uomo… Della natura della tentazione fa parte la sua apparenza morale, non ci invita direttamente a compiere il male, finge di indicarci il meglio… Che cosa deve fare il salvatore del mondo e cosa invece non deve fare?”
La terza tentazione è quella decisiva, il diavolo “…Gli offre il dominio del mondo. Non è proprio questa la missione del Messia? Non deve essere Lui il re del mondo che riunisce tutta la terra in un grande regno di pace e benessere?”, e in effetti Gesù dirà ai Suoi “”Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra” … Solo il potere che si pone sotto il criterio e il giudizio del cielo, cioè di Dio, può diventare potere buono… Gesù ha questo potere in quanto risorto, che significa: questo potere presuppone la croce… Interpretare il cristianesimo come una ricetta per il comune benessere, è una forma della medesima tentazione… nessun regno di questo mondo è il regno di Dio, e chi sostiene di poter edificarlo asseconda l’inganno di Satana, fa cadere il mondo nelle sue mani.”
Nel 5°capitolo Ratzinger parla poi di quelle parole del Padre nostro non c’indurre in tentazione che sono di scandalo per molti.
“…In realtà all’uomo – a ogni uomo – interessa sempre e solo il proprio benessere. Questa è la diagnosi di Satana. La diffamazione dell’uomo e della creazione è … diffamazione di Dio, giustificazione del suo rifiuto. Così Dio concede a Satana la libertà di mettere alla prova Giobbe, (e Giobbe) ristabilisce l’onore dell’uomo. Dio non abbandona l’uomo, ma permette che venga messo alla prova. Per maturare, per trovare la strada che da una religiosità di facciata conduce a una profonda unione con la volontà di Dio, l’uomo ha bisogno della prova.”
Bariom, non voglio giudicare nemmeno io l’opera di Dio. Sto solo cercando di capirla. E per capirla, siccome sono un uomo concreto (prosaico, come hai scritto tu) faccio paralleli fra me e mia figlia e Dio e me. Se elevo all’ennesima potenza l’amore mio per mia figlia, immagino di avvicinarmi a quello di Dio per me (e per gli uomini). Per cui a volte non capisco certi avvenimenti, ma mi adeguo. Se Dio ha deciso di lasciare Satana libero di esercitare i suoi poteri nefasti a me va bene. E che altro posso farci io; e chi sono io? Il volto di Dio è misericordia, quindi non mi preoccupo troppo delle mie cadute, perchè so che più grande delle mie cadute sarà la sua misericordia, se gliela chiedo. Mi pesa però il dolore di certe persone, che a volte mi pare davvero troppo grande da sostenere, come se il destino si accanisse nei loro confronti. Non riesco a far altro che stare loro vicino, ma non so se basta. Penso che con la preghiera intensa si possa ottenere una grazia anche grande, ma pur avendo pregato sinceramente, per come posso fare io, non sono riuscito a far alleviare il dolore di altri o a migliorare la loro condizione. E questo destino mi pare che spesso separi queste persone da Dio. Per cui mi chiedo perchè, e mi permetto di chiederlo agli altri, ma non fino al punto di avere la presunzione di arrivare a dire: “non capisco, allora non esiste”. Dico invece: “non capisco, ma se una domanda sorge allora esiste una risposta; magari non quella che vorrei io, ma esiste una risposta”. Mi consola il fatto che anche Gesù si permise di chiedere al Padre perchè l’avesse abbandonato, lui che comunque sapeva cosa lo attendeva dopo la morte in croce. Dunque le prove sono inevitabili; possono forgiare l’uomo ma anche dividerlo. Le tentazioni sono ugualmente inevitabili, ma certamente non necessarie, visto che più volte Gesù ammonisce di tenersene lontano. Ciao.
Io credo che tu continui a confondere “tentazione” e “prova”….
“Propongo con il tuo santo aiuto di non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato.” Giustamente recitiamo riferendoci alle tentazioni, quelle per cui si è detto basta l’accondiscendere alla nostra concupiscenza.
Basta cadere nell’inganno del “che male c’è se solo io… e poi ci siamo dentro sino al collo”.
Poi tu ti fai domande su situazioni che per noi sono, diciamolo pure, di scandalo…
“Ma santo cielo, aveva due figli giovani, morti entrambi a distanza di un anno e adesso sta per morire anche suo marito!”
Credi che non mi ponga mai simile domanda, difronte a simile situazione?
Questo avvicinerà o allontanerà da Dio quella (ipotetica donna)?
Io non ho risposta, io sarei chiamato però a fare tutto ciò che posso, per aiutare e sopratutto pregare che quella donna apra, nonostante il suo dolore e le sue domande, il cuore a Dio.
Credi che io sappia perché la madre dei miei figlie, sia stata chiamata dal Padre a salire al Cielo a soli 40 anni dopo 5 di malattia, lasciando tre piccoli figli?
Neppure ti dico che non ho mai gridato a Dio: PERCHÉ?
Ma questa è una di quelle domande la cui risposte normalmente non ci è dato di conoscere, anche se è giusto farle a nostro Padre essendo noi Figli.
A tempo debito tutto ci sarà chiaro d’innanzi, quando vedremo Dio come Egli è, faccia a faccia.
Fino a quel giorno, la mia domanda si è acquietata in fiduciosa resa, perché ho visto l’intervento di Dio, prima, durante e dopo la prova ed ecco che questa prova è divenuta per me, memoriale dell’amore di Dio per me e per i miei figli.
“Non sia turbato il vostro cuore…”, ci dice Gesù proprio in questi giorni.
«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.»
Come diceva non ricordo quale santa, dello splendido ricamo che Dio tesse con la nostra vita e con la nostra filiale collaborazione, noi per lo più riusciamo solo ad intravederne il retro… hai presente il rovescio di un ricamo?
Ma talvolta e certamente al nostro dies natalis, vediamo e vedremo questo ricamo, in tutto il suo splendore.
Bariom, ti sono davvero SINCERAMENTE grato per avermi concesso, con le tue parole, un pezzo profondamente intimo di te che, credo, appartenga solo a te. Sì, mi è di scandalo il dolore che reputo inutile, provocato da chi vuole distruggere l’opera di Dio. Io credo davvero che il dolore non lo abbia creato Dio, così come credo che il dolore per i nostri figli, (quello vero, quello che non ha un senso evidente, quello caduto come un meteorite in testa, e non quello che si sono cercati con le loro maldestre mani), non lo creeremmo mai noi, loro genitori. E Dio è nostro genitore. E’ vero che è giusto chiedere risposta (e se sorge una domanda vuol dire che da qualche parte esiste una risposta, se no la domanda non sorgerebbe, perchè tutto è anelito di senso) ed è ugualmente vero che non siamo, noi uomini, nelle condizioni di pretendere una risposta. Mi va bene tutto di ciò che Dio ha stabilito fin dall’inizio dei tempi. Ma non posso, per il momento, fare a meno, un po’ spazientito, di chiedere di capire ciò che mi resta e mi resterà chissà per quanto tempo oscuro. Quindi ho chiesto a Guzzo perchè la sofferenza di Gesù fosse più grande di quella degli uomini, visto che Lui sapeva in anticipo a cosa andava incontro, mentre noi uomini viviamo alla giornata, in diretta. Da quì è discesa tutta la nostra conversazione. Sono contento perchè Dio ti ha rassicurato quando gli chiedevi “PERCHE’?” E’ la stessa rassicurazione che gli chiedo per miei amici. Mi piacerebbe capire che questa rassicurazione è arrivata a destinazione. Non ne sono ancora conscio. Tornando alla differenza fra tentazione e prova, per quello che ho capito la tentazione è da evitare, perchè divide da Dio e perchè è il metodo che Satana usa per allontanarcene. E’ (quasi) inevitabile e non necessaria (altrimenti Dio stesso l’avrebbe voluta). E’ creata da Satana, che ha il potere di farci usare la nostra libertà per mettere in discussione la nostra stessa struttura di creature di Dio. La prova, invece, è il mattone della vita stessa. Ogni prova, di per sè, è buona, perchè può preludere ad un più stretto legame con Dio. La tentazione però si insinua in ogni prova, anche nelle prove che ci vedono vincenti, perchè vuole farci credere di essere in grado di superare ogni ostacolo. Sono certo che un giorno tutto sarà chiaro. Ma … manca ancora un po’ …
@Massimo, la differenza tra tentazione e prova che accenni alla fine del tuo commento, direi sia un’ottima sintesi, ottimo punto di arrivo e di partenza.
Il dolore, come la morte (cos’altro è il dolore se non un’esperienza di morte ontologica) non è nel mondo per Volontà di Dio, ma «è entrata nel mondo per invidia del diavolo;»
Sapienza 2,24 part
Ti saluto con fraterno abbraccio, confidiamo che questa Pentecoste illumini ancora di più le nostre menti e accresca la nostra fede.
Ciao Bariom, e grazie per la bella chiaccherata.
Ciao Bariom, e grazie per la bella chiaccherata. Dopo aver visto le tue informazioni, ti chiedo se sei architetto, grafico o designer. Beh, nel caso siamo quasi colleghi …
Escludi architetto… il resto può andare.
Se siamo quasi colleghi, i miei riferimenti li hai trovato, se credi puoi anche contattarmi 😉