Non sono uno psicologo, ma ultimamente lo sto un po’ diventando: lo psicologo di me stesso, s’intende. Perché anche se qualcuno inizia a dirlo, tanti ancora omettono che oggi non ci sono solo la crisi sanitaria e quella economica. C’è anche un problema mentale, avverte la letteratura, che le quarantene – pure quelle inferiori a dieci giorni, figurarsi la nostra – determinano con conseguenze che, talvolta, possono durare anni (cfr. The Lancet, 2020;Vol.395(10227)). La battaglia psicologica non è quindi una questione di poco conto, al contrario: rischia di essere quella decisiva, anche per fronteggiare l’impoverimento che tutti, chi più chi meno, stiamo sperimentando. Ecco quindi cinque piccoli consigli che, schematicamente, mi permetto di condividere coi miei tre cari lettori.

Il primo è pregare. Attenzione: non meditare, proprio pregare. Rivolgersi a Dio, possibilmente al mattino e alla sera prima di coricarsi. Non serve a nulla? Sciocchezze. Come ripeto spesso, tanti dubitano della preghiera ma nessuno parla per esperienza: quindi pregate, poi ne parliamo. Secondo consiglio: fate movimento, laddove per movimento può voler dire un po’ di ginnastica, anche far le scale, pulire casa, insomma non mummificarsi. Consiglio numero tre: telefonate, videochiamate, tanto in questi giorni trovate tutti a casa e tutti col vostro problema. Consiglio numero quattro: leggere. I libri sono ali che possono portare la mente lontano, proprio quello che fa al caso nostro. Quinto consiglio: i film, perché anch’essi fanno evadere. Da qualche giorno sto seguendo queste cinque regolette e sì, funzionano. Com’è sottovalutata, l’università della vita.

Giuliano Guzzo