Fiorello che apre il Festival in abito sacerdotale, Achille Lauro che oscenamente inscena la rinuncia di san Francesco ai beni terreni, Roberto Benigni che, con frecciate alla presunta sessuofobia cristiana, spaccia il Cantico dei Cantici come un componimento orgiastico che «comprende ogni tipo di amore, anche tra donna e donna, tra uomo e uomo, l’amore per tutto», ebbene tutto questo non è un caso né, tanto meno, licenza artistica. È anticristianesimo, Cantico del Pensiero unico.
Poi, certo: all’Ariston c’è stato anche altro, come la bellissima testimonianza di Paolo Palumbo, il giovane rapper sardo affetto da Sla e animato da una gran voglia di vivere, e come Georgina Rodriguez, che devolverà l’intero compenso all’Ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino, eccetera. Pur non avendo seguito bene, son certo pure della presenza di qualche ottima canzone: ma stiamo parlando, si converrà, del minimo sindacale per il Festival della canzone italiana.
Tuttavia la cornice dell’evento – in cui rientra l’osannato monologo Jebreal-Lucarelli, condito (si pensi a «lasciateci fare quello che vogliamo del nostro corpo») di femminismo d’antan, riesumato per l’occasione – è, e resta, profondamente conformista, deludente, anticristiana appunto. Ciò non toglie, chiaro, che si possa ostinarsi a trovare il buono, di questa kermesse. Ma tre carezze controbilanciano dieci pugni nei denti? Non so cantare e non sono mai stato forte in matematica, eppure la risposta penso di saperla.
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«Da leggere!» (Diego Fusaro)
«Un libro pieno di chicche» (Rino Cammilleri)
«Un viaggio tra vicende note e meno note con lo scopo di aiutarci a sviluppare il senso critico» (Aldo Maria Valli)
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Giuliano, fai come me, spegni per sempre la televisione è un organo di propaganda del Regime Sfascista.